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Liguria e Basso Piemonte

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Diffamazione: il parroco commenta la sua condanna


La notizia di qualche giorno fa non ha avuta grande eco. Scelte editoriali o di opportunità ? Forse ai lettori, in tempi travagliati, poco interessa. Eppure, se non altro, i protagonisti sono entrambi personaggi pubblici, non da oggi, da anni. Pier Luigi Vinai, origini a Boissano, studente modello a Loano e all’Università, segretario regionale dell’Anci (Comuni italiani), mancato sindaco di Genova del Pdl – centro destra; avrebbe dovuto essere eletto nello schieramento politico nazionale di un ‘grande statista’ (così si definisce  Silvio Berlusconi),  da 20 anni perseguitato dalla giustizia “rossa”, gran benefattore anche nel mondo della prostituzione femminile e show girl. Sulla sponda opposta, don Paolo Farinella, il più battagliero ed anticonformista parroco della Liguria. Passione per un giornalismo senza peli sulla lingua e senza riverenze. E’ stato condannato per diffamazione a Vinai: 2 milia euro di multa, risarcimento danni da liquidare in separata sede, oltre alla pubblicazione della sentenza, a sue spese, per due volte, su un quotidiano. Ha annunciato che farà ricorso. Vinai, interpellato, tace. 

Non abbiamo davanti il capo di imputazione, materia prima per ogni articolo di cronaca giudiziaria. Ci limitiamo a riferire attingendo ad altre fonti giornalistiche ed assemblando il materiale. Stando a quanto abbiamo letto l’unica frase indicata nel capo d’accusa sarebbe “…Vinai rappresentante di un partito di ladri e di corrotti”.  Il suo legale,  Mario David Mascia, assai noto anche nel savonese e nell’imperiese, tra i difensori di Scajola, opponendosi in un primo momento alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, aveva scritto al Gip che il parroco di San Torpete di Genova  aveva “trasmodato palesemente il diritto di critica politica…e in modo del tutto gratuito, tra l’altro in un momento temporale in cui Vinai era uscito dalla contesa elettorale, fatto oggetto di accuse infamanti che coinvolgono prima di tutto la sua integrità morale e che ben poco hanno a che vedere con la sua attività politica”.

Erano stati ben cinque gli articoli pubblicati su  internet e sottoposti a sequestro preventivo con l’oscuramento delle pagine web ‘incriminate.  Il commento di Vinai, come aveva riportato Il Secolo XIX  il 29 maggio 2013, sarebbe stato : “Mi verrebbe da dire che se si pente lo perdono, ma preferisco non dire nulla, perchè i processi vanno celebrati in tribunale ed io credo nella magistratura. Per me è un valore istituzionale”.

Va da se, la scelta di campo che il brillante Vinai aveva fatto “pro Berlusconi, pro Scajola, pro….“, l’elenco potrebbe continuare,  fa a pugni, è insanabile, dalla testa a piedi si direbbe. E oggi, per quanto se ne sa, si è ritirato dalla vita politica attiva, mantenendo l’incarico istituzionale Anci. Non è l’unico esponente, resta inspiegabile perché Vinai abbia scelto una ‘compagnia’ piuttosto che un’altra.  Per vocazione ed idealismo ? Magari errori di valutazione, o attrazione verso il potere. Sarebbe umano, anche se non condivisibile. Se non è così, per coerenza, anche il nostro Pierluigi Vinai resterà berlusconiano a vita.   In buona e in cattiva compagnia.  E ci può essere stato anche un eccesso nella critica del ‘pastore di anime’, ma non abbiamo letto che abbia contestato l’onestà di Vinai o di suoi arricchimenti.  Contrariamente a quanto è accaduto ad esponenti pubblici e di primo piano dei seguaci di Berlusconi.  Si sarebbe potuto scrivere che  Vinai rappresentava un partito con una minoranza di gente perbene e molti ladri, corrotti e corruttori, campioni nel perseguire l’arricchimento personale. Berlusconi parla di  ‘mosche bianche’, di deviati isolati che non mancano in ogni famiglia perbene. Beato lui ! Beato il gran giocatore ai tavoli verdi Emilio Fede ! Beati i 19 arrestati dell’Italia azzurra parlamentare!

Ha scritto su la Repubblica, il condannato, in attesa di sentenza definitiva, don Farinella: “…Sono convinto di aver esercitato un mio sacrosanto diritto nel criticare la candidatura di Pierluigi Vinai a sindaco di Genova nelle file dell’allora Partito della Liberta (!?), con il patronato di Scajolasempre detenuto nella lussuosissima villa di Imperia, come è stata definita dai quotidiani La Stampa, Il Secolo XIX, la Repubblica  ndr- , partito che all’epoca delle elezioni  aveva il 26 % tra condannati, prescritti ed imputati presenti in Parlamento. Continuo di conseguenza a pensare e a dire che uno che si definisce cattolico e praticante (Pierluigi Vinai ndr) non possa rappresentare  un partito di tal fatta perchè c’è un’incoerenza etica di fondo, incompatibile con la fede e anche con la semplice religione”.

A questo proposito l’imputato aveva tentato di coinvolgere, come testimoni, anzi “suoi consulenti tecnici”, il cardinale Angelo Bagnasco  e monsignor Paolo Rigon, vicario giudiziale della diocesi di Genova affinchè affermassero, sotto giuramento, se dal punto di vista della morale e della dottrina della Chiesa possa uno che si proclama cattolico e se ne vanta, candidarsi con il Pdl di Berlusconi.  Le due testimonianze – consulenze non furono ammesse  dal giudice perchè presentate fuori dai termini previsti dal codice di procedura penale.

E ora don Farinella, annunciando, che dopo la lettura della motivazione, deciderà con il difensore le mosse dell’appello, fa già sapere che pur di testimoniare l’incompatibilità delle scelte dei tanti Vinai italiani , l’alternativa è il carcere- E non esiterà a sceglierlo. Poi se la prende con il cardinale, a suo dire il ‘vero sconfitto di questo processo’,  che sarebbe ‘scappato’ prima ancora che fosse formalizzata la richiesta della sua testimonianza, ripresentata al termine  dell’istruttoria. Pare una questione di lana caprina, una questione di valutazione di strategia processuale e difensiva. Forse non era neppure il caso di ‘arrampicarsi agli specchi”. Può capitare a tutti che scrivendo, scappi un termine, una mezza frase che sconfina  in quel limite invalicabile al diritto di critica e di cronaca. I paletti sono stati assai ben definiti da ripetute sentenze della Suprema Corte. Ovvero la verità, la continenza, l’interesse pubblico della notizia.  Se il capo di imputazione è quello indicato dai media (molto circoscritto) ci faremmo una scommessa sull’assoluzione, peraltro già annunciata dal Il Giornale (e smentita dai fatti) nel titolo sul giudizio di primo grado.

Recentemente il berlusconiano di ferro Giuliano Ferrara, ‘maestro di giornalismo del popolo di Forza Italia “,  ha insultato a La 7 il compianto  Giuseppe D’Avanzo, giornalista di Repubblica.  Ferrara l’ha indicato quale “raccoglitore di falsità contro Berlusconi del quale avrebbe contribuito a deturpare l’immagine privata e pubblica (statista)”. Chi ha conosciuto D’Avanzo può  testimoniare che faceva il suo mestiere senza fare sconti.  Ha scritto Scalfari: ” Raccoglieva con scrupolo indizi e prove del malaffare che avviliva il nostro Paese e lo denunciava  descrivendo lo scenario attendibile che sarebbe toccato ad altri, politici e magistrati, di verificare e denunciare. Quando sbagliò, rare volte,  fu il primo ad ammetterlo e scusarsi pubblicamente”.

Tornando a don Farinella ed al suo processo sarebbe utile che l’iter non seguisse i tempi lunghi di rinvii, magari chiesti dai difensori, per opposte ragioni.  Forse sbagliamo, ma chi conosce Pierluigi Vinai difficilmente ignora  che questa vicenda, per un padre di quattro figli all’onore del mondo, non è una bandiera di cui andare fieri. Vinai fosse rimasto fedele agli insegnamenti dei ‘padri  saggi’ della sua democrazia cristiana – ladroni esclusi – non avrebbe mai scelto di diventate il militante guerriero di un esercito, come scriverà la storia, votato al suicidio, all’estinzione.


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