Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Strettamente confidenziale: che barba lunga….


Non ho mai portato la barba così lunga, perché ho sempre odiato quella sensazione di “carta vetrata”. Non resistevo semplicemente alla sua crescita per più di tre giorni! Un termine perentorio nella sua praticità:  se la barba è più lunga di due o tre giorni, i rasoi si riempiono rapidamente di peli, diventando difficilmente utilizzabili. Radermi era d’altro canto una sorta di rito, consumato grazie a lamette all’antica e ad una buona schiuma da barba.

Al termine le frizioni di dopobarba costituivano un vero e proprio rinfrescante sollievo, malgrado mi capitasse raramente di tagliarmi o irritarmi. Quello era il mio stile come pure il mio vezzo. Ogni uomo ne ha uno diverso, anche a seconda dell’epoca o della moda. C’è chi usa rasoio dritto, tipico arnese da tagliagole, chi il rasoio di sicurezza con le lamette, chi il rasoio multilama di marca, chi l’usa e getta da pochi soldi, chi usa l’elettrico nelle sue più svariate versioni, chi, assai temerariamente, si rade addirittura a secco …. Tuttavia provavo contemporaneamente un pizzico di invidia per quei gentiluomini che si contraddistinguono per una barba piuttosto lunga ma ben curata, pensando: ” Quando sarò più avanti con l’età me la farò crescere anche io come loro...”.

Da qualche anno a questa parte, ho via via mutato indirizzo, pur non tradendo l’idea che una barba esageratamente lunga possa causare ripugnanza nel proprio aspetto. Per un periodo ho quindi portato il pizzetto, desistendo in breve perché, se lo si vuole tenere bene, si perde un bel po’ di tempo. Dopodiché, venendo meno la voglia di sbarbarmi, l’ho portata cortissima, con l’avvertenza di accorciarla ed aggiustarla almeno una volta la settimana, di norma il sabato. Ma ora non più. Oramai sono alcune settimane che la lascio fluire incolta. Non mi dà troppo fastidio. Anzi è piuttosto divertente ascoltare gli altri, incuriositi, provare ad indovinarne il motivo, tra illazioni talora recondite. Il fastidio che provo è invece un altro, quello che mi si manifesta innanzi allo specchio, osservando, sempre più evidente, sintomatica dell’incipiente mezzo secolo all’anagrafe, la tramutazione dall’originario fulvo al bianco di ampie zone, che si dipartono dal mento per giungere alle lanose gote.  Stupida affettazione o nostalgie fuori luogo da cinquantenne in crisi…?
Segno piuttosto della vita che cambia: bisogna mettersi gli occhiali e si notano i primi capelli bianchi. E, allora, viene la voglia di farsi crescere la barba, forse come ultimo baluardo di difesa, un ostacolo consistente in qualcosa di ruvido, nei confronti di un mondo che gioca ad apparire la commedia dell’assurdo, del culto del pensiero unico, del totalitarismo, dell’umiliazione degli sconfitti, di chi ama la regola della maggioranza solo perchè da quella parte sta chi gli assomiglia. Un mondo che crede così di legittimare i propri istinti bestiali, esprimendo un mero diritto di spada: il diritto del più forte.

Non vivo più di facili entusiasmi, pertanto mi concedo un’ipotesi fantasiosa ma non impossibile. Nonostante possano arrivare tante carezze sotto forma di blandizie, penso che la barba ancora rimarrà, almeno per un pò. Sarà il modo di evitare chi non ama sporcarsi o graffiarsi le mani per sfiorare qualcosa di veramente prezioso come il mio volto. Mani che da me sono lontane….e probabilmente lo resteranno per sempre. Inoltre, c’è un altro principio, molto più importante. Solamente mani in grado di lambirmi il volto davvero, in profondità, anche se questo significa toccare la mia barba incolta e pungente, potranno appagarmi. Ma non basterà che sia per una volta o per un giorno: dovrò essere certo che valga tutti i giorni o comunque tutte le volte che mi si avrà di fronte. In fondo chi non sa mettere le mani su una pelle resa ruvida dalla barba difficilmente sa mettere le mani in situazioni altrettanto ruvide se non spinose, in cui bisogna trovare la forza di combattere, anche se ad armi impari!

Antonio Rossello

 


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A. Rossello

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