Gilberto Salmoni è nato a Genova, dove risiede, nel 1928. Fu arrestato dalla Guardia della Repubblica di Salò il 17 aprile 1944, al Passo della Forcola (SO), da cui stava per raggiungere la Svizzera, in fuga con padre, madre, sorella e fratello, in quanto ebrei. Fu incarcerato in Valtellina, nella Caserma di Cancano, nel Carcere di Bormio, nella Gendarmeria SS di Tirano, a Como, nel Carcere di San Donnino, a Milano, nel Carcere di San Vittore. Fu deportato dapprima nel lager nazista d’Italia di Fossoli e poi nel Lager nazista in Germania, a Buchenwald, matricola n.44.573.
La liberazione avvenne a Buchenwald l’11 aprile 1945, da parte dell’esercito americano. Padre, madre e sorella morirono nel campo di Auschwitz.
“Ci convocarono perché pulissimo le baracche per lasciare tutto in ordine. Nella confusione riuscii a raggiungere mia madre. Eravamo coscienti che era l’ultima volta che ci vedevamo”.
Coi Francesi ci si trovava molto bene, c’era una solidarietà fortissima. Loro ricevevano anche se molto di rado dei pacchi dalla Croce Rossa e il proprietario del pacco prendeva sapone e sigarette poi divideva in sei parti ogni genere alimentare. Questa era veramente una cosa che mi aveva molto sorpreso”.
“Quattro o cinque giorni prima della liberazione non si usciva più a lavorare e non funzionava più il crematorio, per cui i morti si ammassavano in cataste. Questo non saprei dire quante ore prima che vedessi la prima Jeep e il primo soldato americano. Il primo soldato americano che ho visto mi ha colpito perché aveva la piega nei calzoni”.
“Pochi giorni dopo [gli Alleati] hanno obbligato la popolazione di Weimar a venire a visitare il campo e si sono scoperte delle cose che anche noi non sapevamo. Ad esempio che sotto il crematorio c’era la cantina della tortura, un lungo corridoio con un mucchio di ganci, le pareti scrostate dai calci di chi veniva impiccato e tutte le cose per picchiare e torturare. Poi abbiamo visto un piccolo campo, che era un posto temuto, con un ammasso di cadaveri ammucchiati e all’interno del campo gente ancora viva, che restavano nello stesso letto coi morti, per cercare di prendere anche la loro razione. Non si muovevano più, non capivano più niente…”
(dalla testimonianza di Gilberto Salmoni nella trasmissione “Testimonianze dai lager”, RaiEducational).