Il linguaggio imperdente – saperla dire – velocità verbale – scrematura e schermatura – pubblicità medicale – Caracalla da camallo al palco
La sberla elettorale ha scolpito, più che colpito, un po’ tutti. Si ha un bel dire che anche in Francia e Stati Uniti la media dei votanti si attesta dal 45 al 55 per cento, noi non siamo abituati. Se altrove l’astensionismo ha il sapore di un disinteresse consolidato e conformistico di mezza popolazione alla res publica, da noi, in Italia, ha una chiara valenza politica, è una posizione politica.
Lo sanno bene coloro i quali hanno risentito la sberla non come un’eco ma, bella sonora, l’hanno presa insce ô mürô, come dice il vetero compagno Pistarino, cioè quelli del PDL – LEGA.
Come reagiscono? Con le chiacchiere.
Intendiamoci, è un modo come un altro, non sottovalutiamo il potere della parola. E però, nella fattispecie, con la chiacchiera si tenta di negare, nella sostanza, la poderosa débacle. Diamo, dice “Lui”, un nuovo nome al partito; come se il problema per Carnera, quando fu steso al tappeto, fosse stato quello di chiamarsi Primo e non … Secondo o Bernardo.
Con le circonvoluzioni parolaie non si perde mai, tutto è rinviato alla prossima: vedrete, dicono, gli elettori capiranno (!!) veramente il nostro programma contro tutte le tasse (si dimenticano di averle messe loro) e vedrete…
Ma capiranno cosa, che, che, cosa? (direbbe Di Tullio). Se gli elettori capiranno bene andrete a casa con lo zero virgola cinque per cento, egregi destromani.
L’importante però è saperla raccontare, essere svelti, lasciar percepire televisivamente e/o per web le colorazioni sintomatiche del nulla offerto su di un piatto apparentemente appetibile: chi mai è contento di pagare le tasse? Nessuno. Chi vorrebbe avere i soldi dallo Stato a interessi zero per le proprie imprese? Tutti. Ma come si fa a fare tutte e due le cose e in più a pagare la cassa integrazione per i disoccupati, le pensioni, la scuola, gli ospedali, i lavori pubblici, ecc. ecc.? Ghe pensi mi, l’importante è che non si parli di IMU, magari uscendo dall’EURO: stampiamo un po’ di carta moneta e, fin che la va, la va, poi si vedrà.
Intanto scremiamo e con la schermatura delle parole al vento, tiriamo a campare, siamo tutti italiani, o no? Chi porta i capitali all’estero per non pagare e lotta per evitare la tassazione dei patrimoni è ben visto perché è un furbone , valori assicurati della paradestra politica abilissima nel gioco delle società alla matrioska.
Già fatto, già detto, già vissuto. Nihil sub sole novi.
Abbiamo ammirato recentemente, su di una televisione locale, il Presidente Angelo Vaccarezza, stronger than ever, come dice la gigantografia di Silvester Stallone piazzata davanti a uno stabilimento balneare loanese (con la differenza che Stallone, poveraccio, è classe 1946 e invece il Nostro è classe 1965), il quale, intervistato sul crollo elettorale imperiese del PDL, ha velocemente recitato una promozione futuristica, senza uno screzio ma rapida e fuggevole. Siamo rimasti perplessi perché terminata l’incisiva dichiarazione non siamo riusciti a rammemorarne un concetto, neppure uno. Si tratta certamente di una carenza nostra, l’età… cosa volete.
Avete presente la pubblicità dei medicinali? Dopo aver mostrato la felicità causata a belle signore sorridenti e splendenti di salute dall’ingerimento di pillole e dalla applicazione di creme, la voce decantante il prodotto recita, ad una velocità stratosferica, e solo perché esiste l’obbligo legale di farlo, la formula attenzioneèunmedicinalepuòcausareffettiindesideratianchegravitenerefuoridallaportatadeibambini, in musica si direbbe un “prestissimo”, oppure se ne potrebbe fare un rap.
Ecco, le dichiarazioni del Presidente hanno avuto su di noi lo stesso impatto. In ogni caso, non si può certo affermare che al Nostro difetti lo scilinguagnolo e questo, per un politico di vasta caratura, sia ben chiaro, costituisce una qualità.
A livello governativo di larghe tese, intanto, che fa da cappello, appunto, alla stranita stagione che ci permea e pervade, sotto il quale, come sotto quello di Cuguzza, tutti sostiamo, sono iniziati i primi piccoli passi.
Ci sovviene un aneddoto su “Caracalla”. Per carità, l’imperatore romano non c’entra niente. Si tratta di un “camallo” del porto di Genova, del tempo andato, così soprannominato, scritturato come comparsa per la rappresentazione dell’Aida al “Carlo Felice”. Grande, grosso e forzuto, piazzato su due gambe come due colonne, faceva parte della schiera dei prigionieri schiavi del vittorioso Radamès. Così, apparendo incatenato sulla scena, avanzava al ritmo della marcia trionfale, a piccoli passi legati. Naturalmente, dai popolari, arrivarono gli sberleffi dei “colleghi”: “Caracalla, ti fâe i passetti?!”
Caracalla era incazzato nero e poi, al Porto, essendo un capoccia, si vendicò a modo suo.
Ma questi, invece, fanno i passetti e sono contenti!
Un passetto dietro l’altro
se la gode il prode Enrico,
poiché egli era molto scaltro
e restogli in mano un fico!
BELLAMIGO