Sono trascorsi oltre 20 anni, ormai è quasi dimenticato il maxi-scandalo che scosse Savona e la Liguria. Eppure ci sarebbero ancora sulla scena politica pubblica personaggi che hanno mantenuto legami, metodi, sistemi di potere e di infiltrazione esoterica. Occupano posti di comando. Ignoti, ma non per tutti. L’ha rivelato al Secolo XIX l’ormai big Stefano Quaini, tra i primatisti savonesi del ‘cambio di casacca’. Nulla di male, secondo alcune analisi.
Il caso che è scaturito dall’intervento del consigliere regionale e presidente della Commissione Sanità, riguarda il suo fedele portaborse. Non è l’unico, ovviamente, in servizio attivo in Regione. Ancora una volta ha fatto clamore – peraltro non tutti hanno identico trattamento, causa perdita di memoria storica – che l’ex esponente de La Destra sia finito al Sel, seguendo il suo ‘capo’.
Così Piero Pirritano, già assessore e consigliere comunale a Borghetto Santo Spirito, ai tempi del sindaco Santiago Vacca, continua a fare notizia. A suscitare reazioni e polemiche. Il Secolo XIX -Savona del 16 dicembre 2012 ha descritto cosa sta accadendo in questi giorni. Leggi l’articolo a fondo pagina.
Meno scalpore ha suscitato lo ‘sfogo’ del dr. Stefano Quaini che ripropone una realtà rilegata da tempo al dimenticatoio. Cosa successe durante il ‘ciclone Teardo’. Rinvangare a distanza di anni, pare del tutto fuori luogo. Ogni tanto salta fuori qualche ‘cadavere’ eccellente, sempre in attività, come il recente terremoto nel ponente ligure con il coinvolgimento della famiglia Marcianò. Vecchie conoscenze, in parte, durante la ‘Teardo story’. Per non parlare di chi si ritrovò inizialmente inquisito e sospettato di reati gravi (persino l’associazione di stampo mafioso) e poi assolto dalla giustizia terrena. Ma sconvolto da quell’esperienza sotto il profilo umano. Irrisolti anche diversi interrogativi.
Sotto traccia, tuttavia, esisterebbero tuttora esponenti che non hanno mai rinnegato il loro ‘leader’ Teardo al quale va quantomeno riconosciuto il buon senso di aver abbandonato la scena pubblica. Per il resto era stato interdetto dai pubblici uffici come altri coimputati condannati per i reati più gravi.
Le giovani generazioni non sembrano più interessate a vicende del passato, le conoscono o le hanno lette in modo superficiale, ma ad ascoltare la denuncia politica di Quaini non c’è da festeggiare. Neppure su quel fronte dimenticato.
Ecco cosa ha dichiarato Quaini al Secolo XIX: “….Sono attacchi strumentali….Sono stato 15 anni in Rifondazione Comunista e, da segretario provinciale dell’Italia dei Valori ho sbattuto fuori dal partito un sacco di gente del clan Teardo (meglio forse aggiungere ex, ndr) . Facendomi, evidentemente, molti nemici”.
Abbiamo capito bene? Gente appartenente ad un clan, soprattutto di pubblici ufficiali, a suo tempo sinonimo di malaffare e ruberie ai danni soprattutto della cosa pubblica, sarebbero entrate proprio nel partito (di Di Pietro) che ha fatto della legalità la sua bandiera o cavallo di battaglia. Non sempre con fortuna e coerenza.
Sarebbe un servizio alla buona politica e alla società civile (sana), se il consigliere regionale rendesse di pubblico dominio – visto che si trattava di un partito e non di una famiglia – i nomi di coloro che lui ha messo alla porta, in quanto ‘detentori’ a vario titolo, riteniamo, dell’intramontabile marchio (forse metodo) teardiano. Non c’entra la vendetta, ma un’opera di trasparenza e di bonifica. O forse il ‘sacco di gente’ chiamato in causa ha qualcosa da ribattere, da far conoscere all’opinione pubblica? Non hanno nulla da obiettare? Speriamo di sì. (Foto da Ivg)