Alfan La Tulipe et la grande bufflonne
I nostri quattro lettori ricorderanno certo la frase, accidentalmente sottratta con mezzi meccanici al controllo del Caboche, da lui pronunciata nei confronti del segretario pidellino Alfano: “ Gli manca un quid”, e immediatamente smentita.
Il latino, sia storicamente sia grammaticalmente, non si può dire che abbia uno spazio cospicuo nel bagaglino culturale di “Lui”, già famoso per la topica “Romolo e Remolo”. Non gliene facciamo una colpa, le reminiscenze liceali sono dure per tutti e soprattutto per coloro sui quali la cultura classica è passata come acqua sui sassi.
Tanto è vero che, di fronte alla morte di Gheddafi, pronunciò il famoso detto “Sic transit gloria mundi” che c’entrava come i crauti a merenda, perché di gloria non ce n’era mai stata e si trattava della fine di un feroce dittatore terrorista.
Nella fattispecie non possiamo peraltro sottacere (come generalmente fatto dai media) che quid è certamente un pronome relativo di genere neutro per “cosa”, ma non significa affermativamente “qualcosa” ma, solo interrogativamente, “Che cosa”?
Altrimenti, il pronome neutro è quod.
Praticamente è come se Lui avesse detto : “Che cosa gli manca?” , volendo invece dire che qualcosa gli manca.
O forse no, forse voleva proprio chiedere, retoricamente, “Che cosa gli manca per essere un grande segretario?”
Perché mai, nel dubbio, non dovremmo applicare il principio, sempre latino, “In dubio, pro reo” ?
Ora ci piace, per liete consonanze mnemoniche della nostra prima giovinezza e nominali somiglianze, veder cotale segretario assumere la veste dell’epico personaggio “Fanfan La Tulipe”. Dalle gioiose scorribande di una lontana provincia, egli raggiunge fortunosamente il convoglio reale e salva Madame de Pompadour, ben consigliato dalla finta zingara Adelina che, quando avrà catturato l’intero stato maggiore nemico, lo premierà concedendogli le sue grazie.
Eccolo dunque, ALFAN LA TULIPE, che dissolve con spada e fioretto legulei i banditi, travestiti da giudici, che hanno osato aggredire la carrozza reale (per rappresentare la Pompadour e le sue cortigiane c’è l’imbarazzo della scelta) e imprigiona e sconfigge, nel fitto tessuto aracneo della sua tela di reformatio presidenziale, i vetero democratici parlamentaristi.
Il tutto mentre riascende, restaurata, l’icona Capetingia di Lui.
Librantesi come occhiuta farfalla egli non avrà più nulla da nessuno; solo gli resterà, come a tutti i romantici, il merito dell’azione.
E perché non dovremmo, anche solo umanamente compresi, dispiacerci della sicura sconfitta di Alfan La Tulipe ?
Lasciateci contemplare l’assorta meditazione, la sorridente abnegazione con cui sorregge, non da solo per la verità, la grande Bufflonne del gollismo all’italiana: Il Presidenzialismo, l’eletto dal Popolo. Per l’elezione diretta di Primo Ministro non è andata molto bene…Fa niente, proviamo alla francese!
Ci sovviene un nostro compagno di scuola che, bocciato per due anni di seguito in prima liceo, sostenne, sussiegoso e serio, che avrebbe superato tre anni in uno! Ma, gli diceva quella saggia persona di suo padre, codesta ci sembra una gran bufala: se non sei riuscito a superare un anno in uno come farai a farne tre?
La riforma da Repubblica Parlamentare a Repubblica Presidenziale è stato un sogno alla Bismarck di Amintore Fanfani, grande dirigente della Democrazia Cristiana, ritenuto da molti (il sogno) deleterio per lo Stato democratico.
Lasciò perdere perché, candidato ufficiale del partito per la Presidenza della Repubblica nel 1971, non riuscì neppure a racimolare i voti dei suoi che, dopo vari tentativi, gli preferirono Leone.
Alfan La Tulipe si deve mettere il cuore in pace. In Italia il Presidenzialismo è bocciato in partenza perché è pericoloso.
“ Alfan, per piacere, faccia mente locale, qui si è inventato il fascismo, qui abbiamo bisogno di massima compartecipazione, qui di “uomini della provvidenza”, di “salvatori della Patria”, di “meno male che c’è”, di “questa è casa mia e qui comando io”, di “Boss” e simili ne abbiamo avuti abbastanza .
Alfan, lei è un buon ragazzo, ci creda, restando abbarbicati alla costituzione del 1946 ci salviamo e… possiamo anche cambiare in meglio
Provi!”
Così avevamo scritto circa quaranta giorni or sono, ora vieppiù dobbiamo rinforzare il nostro appello perché di Fanfan ed altri della moschetteria “Lui” ha fatto decomposta frittata. Si ribellino or dunque al conducator ed innalzino l’inno dei polli: “Padrone, non mi mettere in pentola…”
BELLAMIGO