Dopo oltre un anno dal blocco dei gruppi a carbone, la situazione non propone uno sbocco certo del problema e delle sue preoccupanti implicazioni.La serie di proposte sul tappeto si estende dalla pura e semplice ripresa della produzione di energia senza alcuna modifica, ritenuta improponibile dai più, per giungere alla previsione fortemente temuta della definitiva chiusura totale della centrale.
Anche le due soluzioni intermedie che prevedono il funzionamento del solo gruppo a gas ora attivo, piuttosto che la trasformazione dei due gruppi bloccati, dal carbone al metano, appaiono migliorative e transitorie, ma non risolutive anche dal punto di vista degli occupati.
Più in generale si rileva la mancanza di una visione strategica e completa, indispensabile per giungere alla vera soluzione, complessivamente adeguata. Alcune osservazioni preliminari sono necessarie per definire l’obiettivo da perseguire, e il conseguente progetto definitivo da realizzare.
La cornice che delimita il quadro operativo in cui agire consiste, da un lato negli obiettivi ecologici globali di Cop 21 che prevedono inquinamento zero entro il 2070, mentre dall’altro richiede di realizzare un modello nuovo e polivalente capace di rivitalizzare un territorio molto depresso nei suoi caratteri socio-economici. Quindi occorre superare il carbone e con gradualità anche il metano, per produrre energia elettrica pulita dal sole e/o indirettamente dall’idrogeno solare.
Nel caso specifico, ricordando che in Liguria la produzione di energia elettrica è sovrabbondante del 50%, la centrale di Vado Ligure potrebbe produrre anche idrogeno destinato ad uso automobilistico, inducendo così un filone economico virtuoso e innovativo. Si tratterebbe di convertire la Tirreno Power al solare termodinamico modello Rubbia, integrato da un modulo per l’elettrolisi dell’acqua per ottenere idrogeno da utilizzare sia per alimentare un gruppo a turbina-alternatore parallelo a quello a metano, sia per rifornire il traffico urbano e la rete autostradale ligure e piemontese, in analogia a quella del Brennero.
Dunque una centrale elettrica integrata e funzionante con qualunque tempo, a vapore, a metano, o a idrogeno autoprodotto il quale è utilizzabile anche per le auto. Un impianto ecologicamente sostenibile anche in città e che risolverebbe il problema drammatico degli attuali esuberi occupazionali, insieme con la restituzione al territorio di una immagine di vivibilità adeguata anche alle esigenze turistiche, con i conseguenti ritorni economici.
Una soluzione basata su tecnologie mature e funzionanti separatamente, che possono trovare un equilibrio di composizione ottimale. Il vero nodo è dunque di scelta politica lungimirante e virtuosa, mentre dal punto di vista imprenditoriale, premesso che non è più proponibile produrre energia al minimo costo consentito dal carbone, tuttavia questo nuovo modello consente margini di profitto in nuovi settori economici diversi non soggetti a concorrenza e condizionamenti.
D’altra parte il goveno, inadempiente poichè da oltre 20 anni non ha elaborato un piano energetico nazionale, deve definire con urgenza il nuovo modello di sviluppo, che stabilisca norme, priorità e incentivi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi.L’attuazione di quella economia verde, ritenuta dagli esperti un potente motore di sviluppo economico virtuoso e diffuso, dove ecologia si coniuga con lavoro e occupazione, tramite la tecologia innovativa.
Giovanni Maina