La serata culturale di sabato 4 luglio scorso, trascorsa nel piccolo cortile all’aperto a ridosso della Fondazione Culturale Sant’Antonio e delle mura, ha lasciato il segno. Organizzata e ben condotta dal Dott. Stefano Sciacca e dal Prof. Luigi Garzoglio, (con la speranza che Sciacca voglia in futuro scrivere per gli appassionati in materia di questo blog sul difficile tema da lui trattato), ritengo doveroso ricordare il finale dedicato alla nostra poetessa nolese doc, la Prof.ssa Maria(Mariuccia) Vincenti. La lettura dell’intervento che avrebbe dovuto essere di Mariuccia e della sua poesia, è stata affidata a Lucia Caorsi. Nessuno, meglio di lei, avrebbe potuto magistralmente coinvolgere il pubblico nell’attenzione dovuta a due circostanze così umanamente sensibili. Complimenti e grazie anche a Lucia.
Ecco il testo:
“” Mi scuso di non poter essere presente a questa serata per sopravvenuti gravi problemi familiari. Un cordiale buonasera a tutti, un grazie alla Fondazione S.Antonio e all’Amministrazione Comunale, agli organizzatori e a tutti voi che siete intervenuti. Un ringraziamento particolare al dr. Stefano Sciacca per aver voluto considerare la mia poesia degna di essere raffrontata con quella che Emilio Praga ha dedicato a Noli. Grazie per averla inserita in un percorso di ampio respiro, com’è questo suo Studio, così articolato e ricco di riferimenti multidisciplinari che, partendo da Noli, a Noli ritorna, ripercorrendo le tappe più significative dei movimenti letterari e artistici da metà ottocento ad oggi.
Mi dispiace non poter aprire un dialogo col pubblico, com’era inizialmente nelle intenzioni, e di non poter leggere personalmente la mia poesia. Ringrazio chi la leggerà.
Dirò qualcosa sulla sua genesi. Intanto confesso che non ero a conoscenza della composizione di Praga e delle sue “donne negre” nolesi; nere perchè bruciate dal sole e perchè vestivano abitualmente di nero.
Le mie sono nere perchè riprese in controluce: il loro volto è indecifrabile, per di più nascosto da un copricapo. Questa loro rappresentazione come silhouettes scure su uno sfondo assolato, ispira la poesia e permette le riflessioni e le interpretazioni mie e del dr. Sciacca che vi ha colto elementi veristi, espressionisti e neorealisti.
Indubbiamente si parte dalla descrizione di una scena di lavoro reale legata al mondo della pesca, l’essicamento del pesce, lavoro ripreso nella sua quotidianetà e monotonia svolto da personaggi umili del posto. La realtà non è da me osservata direttamente, bensì attraverso la fotografia che a sua volta la filtra con la collocazione dei soggetti in una scena spoglia, essenziale, in un gioco di chiaroscuri in cui le figure appaiono come delle ombre che comunicano un senso di arsura, di silenzio, di alienazione.
E’ stato proprio il pathos che emana da questa scena a catturarmi improvvisamente, nonostante avessi avuto la vecchia fotografia sotto gli occhi per anni: l’emozione di queste tre figure che faticano sotto il sole, senza volto (il dr. Sciacca – bontà sua – vi ha visto analogie con i lavoratori di Van Gogh e di Munch) e come tali simbolo di un’umanità che perennemente,ineluttabilmente fatica per campare e poi…morire. In questa interpretazione sta la componente espressionistica, quell’andare al di là della mera descrizione della realtà per scrutare lo spirito interiore e cogliere l’universabilità del messaggio.
Due parole sul linguaggio utilizzato.
L’italiano non riusciva a rendere compiutamente quello che volevo esprimere e comunicare, cosa che è stata possibile invece usando la mia lingua madre, il dialetto nolese, appunto, che si è dimostrato, oltre che più veritiero perchè vicino alla parlata autentica dei personaggi, più immediato e fluido, ricco di sfumature, maggiormente capace di penetrare la verità della scena.
E ora non resta che leggere la poesia e scoprire quello che il dr.Sciacca ha considerato un insospettabile finale: nel calore della famiglia, finita la giornata di lavoro, torna il colore, i volti e i gesti si animano e acquistano la propria identità.
Anche Praga aveva trovato nella quiete della piccola Noli un caldo rifugio alla sua inquietudine. Lo stesso linguaggio, così spinto e spesso irriverente, si addolcisce in toni pacati quando parla di Noli e delle sue fiere donne negre””.
DA ‘NA VEGIA FUTUGRAFIA
Figüe neigre in scè ‘na lastra dè lüxe
cèghè a sècâ pessci
in sce grèè dè canna
I facce
i nu sè vedden
sutta u cappellu dè paggia
ma u sè induvin-a
chi sun attente, sitte e rassegnê
I pessci
i panen di surdatti in guêra
tütti in filla
U passa in ventu câdu in scè stè umbre
a seï a le tanta
e a giurnâ lunga
e duman turna
e poi ancun, sempre cusscì,
da u prinsipiu du mundu
pè pureï campâ
e poi muï.
Ma â seïa
quandu u sè spalanca a porta dè ca
tütta a scena a cangia:
via u capellu
e öggi e bucche in muvimentu
Nu ciü lüxe e umbra
ma culuri e sfümatüe
nu ciü silensiu
Pè carche ûa
i diventan lû, propriu lû
a Terexin, a Ciccilina e u Baciccin
Lutti cittadini
Figlia doc di pescatori nolesi, mamma e nonna, Caterina Ganduglia ved. Rebella, 86 anni, lascia anche la nostra comunità che l’ha da sempre contraddistinta come “Rina da ciattinna” (da sua madre) della famiglia “masche larghe”
Santo Della Volpe, 60 anni, è stato falciato inesorabilmente da quel “brutto male” in brevissimo tempo. Si, Santo, proprio lui; figlio di un appuntato dei Carabinieri di stanza a Noli ha qui frequentato le scuole primarie, per poi laurearsi (come la sorella Luisa) ed affermarsi, distinguersi in quella sua capacità giornalistica e televisiva che l’ha portato ai vertici della carriera in modo encomiabile da tutti riconosciuto. Ricordo volentieri l’affabilità, la sobria appartenenza della sua famiglia in Noli anche dopo l’andata in pensione del padre, con la mamma apprezzata per la sua bravura da sarta. Di certo l’educazione familiare, a mio avviso, è stato uno degli elementi necessari per fare di Santo una “schiena dritta”, tipica e necessaria caratteristica per appartenere a quel sodalizio di giornalisti iscritti a “Articolo 21”.
Carlo Gambetta