Una mostra con un protagonista d’eccellenza, Carlo Giusto, all’Atelier Gulli di Savona (Corso Italia 201 r). Inaugurazione degli spazi espositivi il giorno 15 novembre dalle ore 17.00. Dipinti e collages dal tema ‘Soluzioni possibili’. Il noto artista, nato a Quiliano nel 1928 , vive e lavora nella città della Torretta.
“Nei miei quadri – ha scritto Carlo Giusto in uno dei suoi tanti fogli di appunti- si notano delle macchie, delle linee, delle zone di colore che non corrispondo a nessuna realtà, ma secondo la legge della mia cultura interna, preparano musicalmente e accrescono l’emozione di chi guarda. Creo così, in qualche modo, un ambiente emotivo”.
L’artista lascia trasparire, tra il buio, un messaggio di speranza e fiducia nell’essere umano e nella storia: quella con “s” maiuscola quella che lascerà un segno passando per la sua tavolozza. Ha partecipato ad oltre duecento mostre e rassegne nazionali e internazionali nelle quali ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti di critica. La mostra resterà aperta fino all’8 dicembre 2014. Orari: tutti i giorni 10.30 -12.30 / 15.30 -19.30.
Carlo Giusto: la pittura come antidoto “Arrivo, ogni mattina, nel mio studio con in mano il giornale. La prima reazione è quella di strappare le pagine. Poi prendo la tela bianca, tra le dita il pennello:inizio a dipingere senza coinvolgere né cuore né mente. Dipingo in modo gestuale. E il brandello del quotidiano strappato mi torna in mente” Descrive così, Carlo Giusto, il suo lavoro di artista che lo accompagna da una vita che non smette di mutare, insieme al passare del tempo. Un lavoro dove compaiono elementi costanti del suo contenuto artistico, con valenze diverse ma altrettanto intense. A partire dal collage, nei quadri più recenti utilizzato con maggior rigore compositivo, abbandonando l’elemento proprio della Pop Art e dell’informale. Carlo Giusto, “artista del proprio tempo”, mai indifferente al mondo e alla società che lo circondano, registra, a modo suo, il caos dell’epoca il dolore per lo sgretolamento dei valori da lui condivisi sin dalla giovinezza. Per questo le nuove opere raccontano, attraverso elementi simbolici, l’amarezza del presente in un’evoluzione artistica significativa. Un nuovo tassello a una lunga carriera.
Dai paesaggi degli inizi degli anni cinquanta, fatti di luce e scaglie di colore, all’opera informale e all’incontro-scontro con la Pop Art americana, Carlo Giusto ha raccontato l’uomo e le sue emozioni in una visione che ha sempre lasciato spazio alla speranza, alla fiducia verso un”uomo nuovo” che salverà il mondo dalle brutture e dalla violenza passando per le emozioni. “Nei miei quadri – ha scritto Carlo Giusto in uno de suoi tanti fogli di appunti – si notano delle macchie, delle linee, delle zone di colore che non corrispondono a nessuna realtà, ma secondo la legge della mia cultura interna, preparano musicalmente e accrescono l’emozione di chi guarda. Creo così, in qualche modo, un ambiente emotivo”.
Dopo una fase che scivola verso l’Informale, la sua continua capacità di mettersi in gioco e di confrontarsi con il mondo lo portano, attorno alla metà degli anni sessanta a riflettere sui linguaggi dei mezzi di comunicazione di massa con lo sguardo volto verso la Pop Arte statunitense, sino all’adesione nel 1964, a COND, un gruppo formato insieme a Mesciulam, Parini e Rigon, che prende il nome “Cond” da condizionamenti. Quei tentativi, cioè, da parte dei mass media di limitare indirettamente la libertà dell’uomo attraverso una serie di messaggi visivi violenti e ripetuti. A tutto questo Giusto risponde con un linguaggio artistico che se risente della Pop Art, ma con il tocco contenutistico e concettuale, tipico dell’arte italiana.
E’ l’epoca di opere come “Figure” del 1964 e “Ritratto” del 1967 dove l’icona Pop è inserita in un cotesto che svincola dal linguaggio aggressivo e frenetico della pubblicità e del video. La sua riflessione sulla società, però, non si ferma. La perdita di valori, la svuotano dell’uomo, smarrito in una società in cui non ci sono più punti di riferimento, porta il linguaggio Pop di Giusto a una personale evoluzione: il tratto, i colori rimangono quelli di una pittura che attinge al linguaggio popolare, ma la figura umana scompare, o meglio al suo posto rimane un puro involucro di abiti. Abiti che ballano indossando il nulla. Tuttavia, nella pochezza del presente, prevale, ancora una volta, la speranza: compare l’elemento simbolico dell’aquilone, dove, in un gioco di incastri, la tela si inserisce in un altro sfondo creando un gioco vibrante di movimento ed emozioni senza mai perdere fluidità. Ma la barbarie, non solo culturale, dei nostri tempi, costringe Giusto a un ulteriore passaggio che comporta una chiusura in se stesso, da cui sfugge soltanto attraverso la pittura. Ricompare l’elemento esterno, estrapolato dalla società: il ritaglio di giornale. Se, però, un tempo si trattava di un gesto di rabbia, in uno strappo rotelliano, oggi il frammento è prelevato e inserito nella composizione pittorica con rigore. Quasi la costatazione di un mondo in cui convivono sfaccettature differenti da cui è impossibile sfuggire.
Il tentativo, però, è ancora costruttivo: mettere ordine nel caos. Il quotidiano ritagliato, che trova un proprio spazio nelle emozioni, positive e negative della tela, costituisce un tentativo di organizzare del disordine. Un antidoto alla disgregazione sociale e, indirettamente, alla perdita dell’Io. Ancora una volta, Giusto lascia trasparire, tra il buio, un messaggio di speranza e fiducia nell’essere umano e nella storia: quella con “s” maiuscola, quella che lascerà un segno passando anche per la sua tavolozza.