Apprezzata la proposta di concludere la stagione autunnale nella sera di santa Lucia con due pagine sacre di Vivaldi. E già ci si prepara al bis il prossimo anno: nasce una nuova tradizione?
di Angelo Magnano

Come si suole dire per tutti i Salmi, anche la stagione autunnale del Teatro dell’Opera Giocosa è finita in Gloria. Non solo per le calorose acclamazioni del pubblico, che ha affollato il “Chiabrera” nella sera di santa Lucia, ma proprio perché le ultime note risuonate nel teatro civico sono state quelle del celebre Gloria di Antonio Vivaldi, di cui è stato bissato – con il coro disposto a ferro di cavallo nella platea e ritmici battimani che sapevano tanto di Radetzky March al Neujahrskonzert di Vienna – il primo movimento.

E’ nata una nuova tradizione nella tradizionalissima Savona? Pare di sì, a giudicare da quanto detto dal sindaco Marco Russo a fine concerto: anche la prossima serata di santa Lucia vedrà l’omaggio natalizio alla città dell’Opera Giocosa, in tandem con il Voxonus Ensemble e le compagini corali che hanno dato vita al concerto vivaldiano. L’idea, come sempre, è “eruttata” dal vulcanico Giovanni Di Stefano, presidente e direttore artistico dell’ente teatrale, e secondo voci di corridoio bene informate sarebbe già stata individuata la partitura da presentare nel 2026. Evito di spoilerare il titolo, non avendo l’ansia da scoop, ma mi permetto di sussurrare all’orecchio che sarebbe una preziosa chicca.

Intanto bisogna rendere merito a Di Stefano per aver concepito il concerto vivaldiano. Non lo si è detto in sala ma la preparazione del Gloria e del meno popolare Beatus vir ha comportato un anno di lavoro per creare la giusta sinergia fra l’orchestra Voxonus e le compagini corali: il “Polifonico di Valleggia”, diretto da Maurizio Fiaschi (che è stato anche il preparatore del coro quadripartito), il “Città di Albisola Superiore” guidato da Andrea Ravazzano, l’ “Anton Bruckner” di Savona, diretto da Marco Esposto, e il “Deo Gloria” della diocesi di Albenga-Imperia, condotto da don Danilo Galliani. Senza dimenticare le tre giovani voci soliste necessarie per eseguire le partiture del Prete rosso: i soprani Carola Marasco e Sara Ilic e il controtenore Gustavo Argandoña.

Il frutto dell’anno di preparazione si è potuto ascoltare nella serata di santa Lucia: un’esecuzione convincente dei due capolavori vivaldiani, concertata da Di Stefano con i giusti equilibri dei piani sonori fra voci (un centinaio di coristi) ed orchestra e una lettura capace di esaltare espressivamente i movimenti più solenni affidati all’insieme corale e di tradurre con partecipe lirismo i movimenti più riflessivi e introspettivi, come il sesto e l’ottavo del Gloria, dove le voci di Carola Marasco e di Gustavo Argandoña hanno saputo farsi apprezzare nel dialogo concertante con il violino e il violoncello solisti.
Certo, in altri tempi e con maggiori risorse finanziarie, l’Opera Giocosa avrebbe potuto proporre il Vivaldi operistico, secondo la propria vocazione tesa al recupero di repertori poco esplorati, e ne avrebbe beneficiato la memoria del Prete rosso, il quale non gode di grande considerazione sui palcoscenici nostrani, salvo qualche lodevole eccezione e nonostante i proclami governativi sull’eccellenza italica del melodramma. Però siamo in tempi di vacche magre e quindi ben venga la riproposizione del repertorio sacro di uno dei nostri massimi compositori. Il quale, in fondo, non dimenticava la sua (poco sacerdotale) inclinazione verso l’opera lirica anche quando scriveva per le chiese.
Angelo Magnano
