Non vi è dubbio che l’evento sorprende. Che l’organizzazione francese abbia spento la stella della Clinica Gastronomica da Arnaldo, Rubiera, tra Modena e Reggio Emilia, il primo e unico ristorante italiano ad averla sempre avuta accesa, deve fare riflettere.
di Diletto Sapori e Sergio Bevilacqua
E le riflessioni di Diletto Sapori non iniziano qui, ma gettano le basi nella storia semisecolare che lo ha portato in 10000 (diecimila) ristoranti, sperimentando sul campo, come è proprio della sua Sociatria del Convivio, non solo la cucina, l’arte gastronomica fondamento del Convivio, ma anche tutti gli aspetti culturali (oggi in forte evoluzione…) che ne fanno fonte di aggregazione, congiunzione, socievolezza e dunque società umana.
Se tutto fosse normale, si potrebbe obiettare con fattori tecnico-culinari e di servizio al fatidico spegnimento: ma, da Arnaldo di Roberto Bottero e di Ramona Astolfi, il servizio è eccellente, l’ambiente è perfetto per quella tradizione, le cucine per la prodizione dei cibi sono state sempre mantenute con precisione e tempestività e la gastronomia, ça va sans dir, e lo scriviamo in francese, è sempre all’assoluto, incontrastato vertice della tradizione emiliana.

Certo, la storia ci racconta che un bel putiferio ha toccato la Clinica Gastronomica alla morte del romantico e geniale fondatore, il cui violino allietava il fine-pranzo e portava nobiltà nella scena conviviale. Si sa, purtroppo, che i cambi generazionali sono molto rischiosi e qui ciò si è confermato per alcuni anni (comunque stellati!), finché all’orizzonte è spuntato il progetto serissimo e corretto di Roberto Bottero e di Ramona Astolfi, che ha sbaragliato i concorrenti alla vera eredità del vecchio Arnaldo, che è essenzialmente culturale. La Clinica Gastronomica da Arnaldo è sempre un tempio -sic- della tradizione, ma non di una tradizione vecchia e stantia, non di un conservatorismo becero e sorpassato, bensì del vivissimo spirito di un popolo che, seppur sommerso da sushi, ramen e Mc Donald, non rinuncia caparbiamente e correttamente alle bellezze senza tempo e sempre vive della emilianità, tra cui i deliziosi e geniali piatti della diffusa tradizione padana, racchiusa tra le Alpi e gli Appennini e il mare Adriatico.
La declinazione emiliana di tale comunanza padana è universalmente riconosciuta come prototipo: “Emilia? Si mangia bene!” dicono tutti lungo lo Stivale e altrove, se sanno… E alla domanda; “Dove?” ieri e oggi la prima risposta è “Da Arnaldo”.
Perché allora spegnere la stella che illuminava da settant’anni questa evergreen verità, magari facendo spazio a un Viandante che ben poco ha a che fare con questo serio contesto civile e culturale, bandiera di una fondamentale sociologia, com’è quella del Convivio?
La risposta non è ovvia e Diletto Sapori affronta come sempre scientificamente il problema. Scienza, dietro un sì-o-no a spegnimento e accensione di stelle Michelin? Ebbene sì, finché si può: e si può molto prima di passare alle semplici opinioni, ai gusti personali, al noblesse oblige (in francese, eh…), alla prepotenza e all’assoluto relativismo, culla dell’ignoranza.
Mi permetto di affermare che la profonda ricerca su cucina, gastronomia e alimentazione insieme a 10000 sperimentazioni (non pasti…), alla luce del Metodo scientifico della Sociatria Organalitica del Convivio, consente forse non di mettere un punto fermo sui comportamenti valutativi della più famosa guida del mondo alla ristorazione, ma di disvelarne le filosofie e i limiti intrinseci, storici e geo-sociologici.
Dovete sapere che l’occhio del vostro Diletto non si è mai distolto dalla guida Michelin, perché un vero sociologo non deve mai distrarsi da ciò che fa opinione. Poi, va detto: nei luoghi Michelin si sta bene e si mangia bene… Ma se voi conoscete davvero Diletto Sapori, ricorderete che la sua gastronomia è Trascendentale. E da cosa trascende? Trascende dalla bulimia del cibo, decolla dal cibo, come in una ascensione mistica (e… mastica!) verso valori ancora più elevati di quelli della elementare o forbita alimentazione…
Bene, quando il viaggio dei 10000 ristoranti iniziò, per piano di ricerca, partì proprio dalle stelle Michelin. Quante, lungo gli anni ‘80 e ‘90! Più delle belle e affascinanti lucciole che allora illuminavano i nostri parchi, giardini e campi e che oggi sono sparite, per colpa, come… altre luci. Cassinetta di Lugagnano, Gualtiero Marchesi, Aimo e Nadia, Enoteca Pinchiorri, il Sole di Ranco, Fini, Gran Gotto, L’Amelia, la Sacrestia, e avanti avanti finché assiste la memoria. Perché? La situazione degli ’80 soprattutto era quella di un decennio che ne seguiva un altro che aveva visto una vera rivoluzione della ristorazione in Italia: la tradizione locale era crollata causa l’industrializzazione e le concentrazioni urbane dai punti cardinali, con vero rischio di morte.
E fu proprio attraverso la Michelin che Diletto scoprì la Resistenza: era costituita dall’Associazione dei ristoranti del Buon Ricordo (dei cui piatti celebrativi Diletto è uno dei principali collezionisti sulla Terra) che proponeva un’offerta della tradizione Gastronomica italiana. Onore al merito, ma sembrava ormai un museo, oppure una riserva indiana, dopo che cowboy e cercatori d’oro assistiti dal Settimo Cavalleggeri delle giubbe blu, avevano fatti secchi tutti gli Apache, Sioux, Navajos ecc. ecc.
Una tristezza insomma, ma, come accade in tutte le favole che si rispettino, ecco il colpo di scena: nasce la guida delle Osterie d’Italia. La ricerca spasmodica del vostro Sapori della varietà gastronomica italiana (che è enorme, talmente grande e caratteristica per una striscia di terra e un popolo così piccoli da non credere) e conseguenti usi e costumi e società umane, ebbe così un aiuto concreto. La guida delle Osterie nacque affidabile e fece riemergere il grande patrimonio delle varietà locali italiane. Pochissime le coincidenze con la Michelin e fu l’inizio della fine per la meritoria Resistenza dei Ristoranti del Buon Ricordo: il movimento per la tradizione italiana guadagnava spazio, e poco erano quei 100 di fronte alle migliaia che emersero dal primo, immenso (va detto…) lavoro di Slow Food con le Osterie d’Italia.
Poi avvenne TripAdvisor, e siamo quasi ai giorni nostri. Sono passati, cioè, 50 anni da quando Diletto Sapori impugnò la prima Guida Michelin.
E ne notò subito il vero specifico, avendola usata sia nella terra di “Osolemmio” che in ogni altra parte del mondo dove si era recato. La cifra della Guida Michelin? Francofilia. Che in questo mezzo secolo ha voluto dire cose anche positivissime:
- Guida della cucina internazionale, in buona parte obiettivamente condizionata dalla cultura gastronomica (mutuata da Caterina de Medici, va detto, ma siamo mezzo millennio fa…) della Francia
- Visione allargata su una serie di elementi conviviali di civiltà obiettiva (servizio, mise-en-place, stoviglieria, accoglienza e ambiente)
- Un orientamento a un ordine cartesiano, che è positivo (se non si esagera, dopo la psicanalisi, Einstein, Heisenberg e la fisica quantistica…)
- Ma… ma, se parli francese è meglio. Ed ecco che, come al solito, qui per i francesi da qualche lustro casca l’asino.
Dunque, cari amici, ascoltate il vostro Diletto: togliere la stella ad Arnaldo è togliere luce alla Guida più luminosa della storia umana, la Michelin stessa. E un poco anche all’umanità. Un disonore per la cultura Gastronomica globale, che dimostra l’invecchiamento del libro rosso. Non è più l’epoca del colonialismo culturale: alla spinta Glocal, l’invasione della dimensione locale, così ricca e importante in Italia, si contrappone dialetticamente una spinta Lobal (l’uso del Globale al servizio del Locale).
Le esagerazioni francofile sono superate e da superare. La stella di Arnaldo è spenta? Viva la stella di Arnaldo. Ascoltatemi: è parola di Diletto Sapori.
Diletto Sapori e Sergio Bevilacqua
