Verso la catastrofe della mobilità o, semplicemente, l’isolamento del Ponente della Liguria. Meglio, forse, sarebbe passare sotto il Piemonte o, meglio ancora, sotto il Principato di Monaco.
di Mario Carrara*
Chissà che “meraviglie” dopo il 2.000!
Questo era un pensiero ricorrente che, spesso, emergeva dai discorsi, 50 anni fa; infatti, chi immaginava gli anni dopo il 2.000, li vedeva come anni di progresso, in cui i servizi pubblici sarebbero stati più efficienti, più frequenti, più rapidi, più convenienti. In una parola: migliori!
Quanto ci si sbagliava! Almeno per quanto riguarda questa parte della Liguria, cioè il Ponente ligure. Quella parte del Ponente che va da Savona fino al confine di Stato.
Quando parliamo di “servizi pubblici” ci si riferisce e ci si limita all’ambito dei trasporti, dei collegamenti, delle vie di comunicazione, siano esse strade o strade ferrate.
Infatti, il paragone tra 50 anni fa ed oggi è a dir poco impietoso.
Intanto, 50 anni fa, l’Autostrada dei Fiori era stata inaugurata solo un decennio prima e “reggeva” benissimo il carico dei veicoli che su di essa transitavano. L’unico inconveniente era rappresentato dai due caselli, lungo il tragitto, di demarcazione delle gestioni autostradali, a Feglino ed a Savona, che, a volte, potevano essere più o meno affollati di auto incolonnate; ma mai in condizioni tali da creare problemi gravi. La loro eliminazione rappresentò uno “snellimento” notevole del traffico.
E sulla via Aurelia?
Oggi, pare incredibile, ma esisteva un servizio di linea di autotrasporto della Sati che, seppur a livello locale era compreso tra Finale ed Andora, invece, a livello di “tutto il Ponente“, garantiva un collegamento continuo su strada tra Genova e Sanremo/Bordighera. Infatti, ogni ora passavano le corriere “dirette“, che facevano solo le fermate principali delle località rivierasche, garantendo il collegamento della Riviera di Ponente col capoluogo di Genova: dal mattino presto fino a notte, in un senso e nell’altro.
E a livello ferroviario come stavano le cose?
Ogni piccola località, secondo il tracciato ferroviario ottocentesco, aveva la sua stazione, per cui da Milano, ad esempio, cambiando a Genova o Savona si potevano raggiungere anche Bergeggi, Noli, Varigotti o Finalpia. I treni “accelerati” o “locali” erano frequenti dal primissimo mattino fino a notte inoltrata; il primo “locale” per Genova passava a Pietra Ligure dopo le 4 del mattino! E non c’erano, praticamente, sostanziali “vuoti” d’orario od interruzioni nel servizio durante la giornata. Oltre ai frequenti locali, c’erano treni “diretti” ed “espressi” che collegavano la riviera di Ponente con Milano o Torino e viceversa; e c’erano i “T.E.E” poi “rapidi“, che possedevano anche una denominazione: il “Ligure” ed il “Cycnus“, che avevano carrozze di lusso con gli scompartimenti dai vetri azzurrati, come, pure, azzurre erano le poltrone di velluto! Da notare che solo per quest’ultimi treni vi era da pagare il “supplemento rapido“, che non esisteva per gli altrettanto veloci “espressi“. E tutti i treni “accelerati“ o “locali” erano dotati anche di prima classe dalle poltrone di velluto.
In direzione Ponente i servizi e le opportunità di viaggio erano ugualmente efficienti. Di notte, ad esempio, esisteva un treno che partiva da Venezia, proseguiva da Milano a mezzanotte per Genova e, da lì procedeva toccando quasi tutte le località del Ponente, per raggiungere la Francia (un treno: Venezia-Francia-via Liguria di Ponente! Una cosa oggi impensabile). Come pure raggiungevano la Francia i T.E.E., o Port Bou e Barcellona, certi espressi.
E circa le tariffe?
La cosa più eclatante è che il servizio efficiente consentiva, pure, ai pendolari condizioni economiche di favore; infatti, esistevano gli abbonamenti “ridotti” per studenti e lavoratori, che davano la possibilità a chi doveva servirsi del treno, per studiare o lavorare, di non gravare sui bilanci delle famiglie. Ed il bello è che gli abbonamenti duravano 30 giorni, a partire da qualsiasi giorno del mese fino al corrispondente giorno del mese successivo! L’utente, così, non perdeva nulla ed era garantito il pagamento per l’effettivo periodo di cui si aveva bisogno del treno.

Che tempi! Che servizi quando si pensava che quelli del 2000 sarebbero stati senz’altro …molto meglio!
E la realtà di oggi? 50 anni dopo quei sogni?
Vogliamo parlare delle Autostrade?
L’autostrada dei Fiori, nei suoi primi tratti, è stata aperta nel 1967 e nel 1971 è stata completata. Dopo? Dopo la rete autostradale del Ponente non è più stata potenziata o anche solo “toccata“. Ma, nel frattempo, in 50 anni, il traffico è cresciuto a dismisura! Nel 1989 è stato abbattuto il muro di Berlino e si sono liberalizzati i traffici ed i commerci con i paesi dell’altra metà dell’Europa, quella dell’Est! Si sono così “riversati” sull’autostrada autoveicoli, camion, tir, autoarticolati, pullman provenienti da ogni dove, sommati ai mezzi del preesistente traffico commerciale internazionale, nazionale e locale e, soprattutto, a quello dei turisti che, in numeri sempre crescenti, sceglievano e scelgono la Liguria per le vacanze. A ciò si aggiungono i postumi del crollo del ponte Morandi che da 7 anni, dal 2018, vedono l’intera autostrada dei Fiori, “disastrata” per gli ininterrotti lavori in corso. Autostrada dei Fiori che, già di per sé, per avere l’attribuzione di “Autostrada” andava, va ed andrà in deroga rispetto alla normativa vigente perché, tra l’altro, non ha, in massima parte, le corsie d’emergenza, specie nelle gallerie, ed i guard rail regolamentari (che, lentamente, sta mettendo a posto solo ora). L’autostrada dei Fiori attuale, tutt’al più, avrebbe le caratteristiche per essere una “superstrada“, ma non certo un’autostrada! E la riprova è anche data dal fatto che, diversamente da tutte le altre, per quasi tutto il suo percorso nel Ponente, la velocità è stata limitata a 110 km orari! E che autostrada è un’autostrada così? Per di più con le tariffe tra le più alte dell’intera rete autostradale italiana? Non dovrebbe essere declassata a “superstrada“? Cosa importa se poi, come “superstrada“, la velocità sarebbe ridotta a 90 km orari? Non ci sarebbe tanta differenza coi 110 km orari del limite attuale, ma, almeno, non si pagherebbe più il pedaggio!
In questi 50 anni non è stato fatto più nulla! E non si sta facendo nulla di concreto, se non delle chiacchiere elettorali, mascherate da “promesse” elettorali che, come tali, è dimostrato che non valgono niente. Visto che non si parla di un raddoppio o potenziamento dell’autostrada attuale o di un’Aurelia bis, l’unica ipotesi fatta riguarda i collegamenti “verticali” col nord e, allora, ecco i progetti dell’autostrada “Albenga-Garessio-Ceva” e quello della bretella di collegamento tra autostrade: “Carcare-Predosa“; ma, altro che “ipotesi“!: sia l’una che l’altra (quest’ultima molto più semplice, ragionevole e fattibile) sembrano appartenere di più al mondo delle favole ed a rappresentare un costante argomento forte di promessa, per le campagne elettorali regionali che si sono susseguite. Visto lo stato delle cose, cosa hanno fatto di concreto quelli che sono stati eletti per rappresentare il Ponente?
Ed il paragone più “impietoso“, di quelli per la serie: “facciamoci del male” è quello con la confinante Francia che, oltre all’autostrada, ha la dotazione di ben tre strade di “cornice“. Là non risulta che ci siano congestioni di code automobilistiche continue, come da noi!
E l’Aurelia bis?
Inutile dire che, a parte alcuni brevi tratti “privilegiati” dove è già stata fatta, di un’Aurelia bis, per la stragrande parte del Ponente che ne avrebbe bisogno, non si parla.
Ed i collegamenti di linea stradali? La linea di autobus che collegava direttamente Genova col Ponente della Liguria non esiste più da anni. Chi volesse, oggi, per assurdo, fare un viaggio del genere sugli autobus delle linee attuali, dovrebbe fare innumerevoli cambi sul percorso e impiegherebbe pressoché tutto un intero giorno per arrivare alla meta. Oggi, nel 2025, circa i tempi di percorrenza da Genova a Ventimiglia, con un servizio di Autolinee, il paragone, per “reggere“, dovrebbe essere fatto con le carrozze a cavallo: sarebbe più appropriato. Eppure, in tante parti d’Italia il servizio degli autobus sulle lunghe percorrenze viene espletato e, molte volte, costituisce un’alternativa ed un’opzione valida e conveniente rispetto all’automobile o al treno. Qui, no. Qui, non esiste. O non esiste più.
E il servizio ferroviario?
50 anni fa, come detto, ogni località della Riviera di Ponente aveva la sua stazione nei pressi del centro abitato. Era agevole raggiungerla ed ogni stazione aveva, oltre a quelli di percorso, anche binari di “incrocio” o di “servizio” che consentivano il “parcheggio” temporaneo dei treni più lenti affinché potessero essere superati dalla corsa di quelli più veloci. Il collegamento ferroviario, sia locale che sulla lunga percorrenza, era, quindi, pienamente garantito all’utenza.
I treni in servizio, 50 anni fa, erano circa 80. Ora sono 62 in tutte le 24 ore.
Oggi, non esistono più treni per la Francia o treni internazionali.
Oggi, non esistono più treni notturni.
Da Milano l’ultimo treno per il Ponente parte intorno alle 20,30; poi, più niente fino alle 7 del mattino. La stessa cosa in senso inverso: da Finale, dopo le 20,25, per Milano non c’è più nulla. Bisogna aspettare l’Intercity alle 6 del mattino. Da Ventimiglia dopo le 21,30 non ci sono più treni. Gli intercity sono tutti maggiorati col supplemento rapido ed il numero dei “regionali” che valicano i confini regionali non raggiunge il numero delle dita d’una mano. Da Savona, non esistono più treni rapidi per Torino. Gli abbonamenti “ridotti” non esistono più e si pagano tutti a tariffa piena ed “a mese corrente intero”.
E le stazioni?
La tratta da Arenzano a Savona e poi fino a Finale Ligure, è stata spostata “a monte”, ma non così lontana da risultare quasi “irraggiungibile“; tra Savona e Finale sono state soppresse ben 4 stazioni. E nella tratta ferroviaria “spostata a monte“, da Andora a Ventimiglia, le stazioni soppresse sono state 6: Ospedaletti, S.Stefano al mare, Riva Ligure, S.Lorenzo al mare, Imperia Porto Maurizio e S.Bartolomeo/Cervo.
In questa tratta lo spostamento è stato fatto così “a monte” che le stazioni e le fermate ferroviarie risultano lontane dai centri abitati e scomode per l’utenza, così da scoraggiarla dall’usare il mezzo ferroviario. Vedi S.Remo, in sotterranea, collegata all’esterno tramite un tunnel di 700 metri; Arma, Imperia Oneglia, Diano Marina, come pure Andora, queste ultime “perse” nella campagna.
In queste località, la lontananza e la scomodità delle stazioni hanno determinato la caduta della richiesta del servizio da parte dell’utenza. Per la serie: si fa prima ed è meglio andare in macchina (ed intasare l’autostrada).
E l’ultimo resto della tratta interessata, cioè quei poco più di 30 km tra Finale Ligure ed Andora che fine faranno? A meno che qualche probabile ricorso in sede giudiziaria abbia successo, essi sono destinati a seguire il destino della tratta da Andora a Ventimiglia: cioè essere spostati a monte a gran distanza dai centri abitati. Albenga, a 6 Km, andrà a finire nei pressi di Bastia; Pietra Ligure, con una irrilevante “fermata“, dovrebbe andare a confine con Tovo S.Giacomo, a 2 km dal centro.
Alla pari di quanto è avvenuto nella tratta dell’estremo Ponente, anche qui, vista la scomodità, l’utenza sarà ben scoraggiata a prendere ancora il treno. Nonostante si favoleggi dell’istituzione di “servizi navetta” di collegamento, essi sono di là da venire e non c’è nessuna garanzia che tra le promesse di oggi ed il tempo molto futuro del loro realizzo, essi lo siano effettivamente quando il momento verrà. Si tenga presente che la navetta tra la stazione di Spotorno e l’abitato di Noli, dopo oltre 40 anni, non ci risulta che, ancora, sia stata istituita…
I risparmi dei tempi di percorrenza dei treni, poi, una volta che il trasferimento a monte sarà diventato operativo, computati in soli 12 minuti, non saranno tali da poter compensare le perdite di tempo occorrenti per andare con l’automobile fino ai parcheggi delle nuove stazioni e, da lì, fino ai binari. Cosa ci guadagnerà, infatti, il viaggiatore di Albenga nel fare un viaggio più breve di 12 minuti, se ne dovrà perdere, come minimo una mezz’ora ad andare ed un’altra a tornare con la sua automobile dalla propria residenza alla stazione ferroviaria? Come si può immaginare, sulla scorta di quanto è già accaduto altrove, gli utenti saranno disincentivati a prendere il treno, la loro domanda del servizio diminuirà e autostrade e strade saranno sempre più intasate ed impercorribili.
In una situazione come quella finora descritta, che non è stata drammatizzata ma corrisponde a quella che è effettivamente, c’è da immaginare che la “mobilità” nel Ponente ligure sarà sempre più difficile, in affanno, verso la criticità. E la situazione sarà sostanzialmente senza vie d’uscita perché le alternative tra l’uno e l’altro mezzo di mobilità e spostamento, qui non esistono.
Oggi, bene o male, un minimo di servizio le ferrovie lo danno ancora. Lo si è visto nei momenti più critici della percorribilità dell’autostrada, quando andare a Genova in treno, anche se in ritardo, offriva maggiore certezza di arrivare a destinazione. Un domani, con lo spostamento a monte completato, così com’è stato progettato, anche questa possibilità verrà a scemare grandemente. Anziché potenziato, il servizio ferroviario, specie quello di tipo “metropolitano” verrà pressoché annullato.
Perché, allora, non potenziarlo nella sede attuale e creare o, almeno, continuare a mantenere un servizio di collegamento ferroviario efficiente tra le cittadine della Riviera?
Abbiamo letto ieri che, per appianare il forte deficit dell’AMT di Genova, la Regione utilizzerà l’intera somma del finanziamento erogato dallo Stato per la “mobilità” in Liguria, pari a 14 milioni di euro, a favore di questa finalità che riguarda, appunto, il deficit finanziario AMT, azzerando l’utilizzo di questa stessa somma destinata a tutta la Liguria anche per la mobilità ferroviaria. Sì, ma così facendo quella somma, che avrebbe dovuto servire per migliorare il servizio ferroviario in tutta la Regione, quindi anche per il Ponente, verrà “deviata” e destinata soltanto su Genova, essendo totalmente “assorbita” da quest’ultima.
A lungo andare, questo stato di cose, unito alla consapevolezza della “marginalità” che assumerà sempre di più il Ponente in termini di “raggiungibilità” e di mobilità, potrebbe far nascere la consapevolezza che, paradossalmente, forse, al Ponente converrebbe essere governato dal Piemonte. Cioè che il Ponente diventasse la “sponda marittima” piemontese, come lo era tutta la Liguria sotto il Regno di Sardegna. Forse il Ponente godrebbe di maggiori attenzioni e rispetto.
Riprova di tutto ciò sta nel fatto che l’ultima strada realizzata prima dell’autostrada dei Fiori, è stato, a metà 800, il percorso litoraneo dell’Aurelia voluto da re Carlo Alberto. O forse, meglio ancora, sarebbe passare sotto il Principato di Monaco, visto l’attivismo del Principe attuale in Liguria negli ultimi tempi…
Scherzi a parte, ma quasi certamente, il Ponente ligure sarebbe più considerato, in termini di infrastrutture, di quanto, invece, non lo sia stato fino ad oggi.
Mario Carrara, consigliere comunale di Pietra Ligure della Lista Indipendente per Pietra

