Spostamento a monte e raddoppio della linea ferroviaria: a Pietra Ligure una conferenza che ha contribuito a capirne i veri termini ed ha aperto gli occhi sulla questione.
di Mario Carrara
Sono 56 anni (vedi visita del ministro dei Trasporti Remo Gaspari a Loano nel novembre 1969 per l’ok al progetto di trasferimento a monte dei binari) che nel Ponente della Liguria, in cui non si fanno nuove infrastrutture dai tempi dell’autostrada dei Fiori, si parla di raddoppiare, spostandolo a monte e completandolo, il tracciato della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, tra Finale Ligure ed Andora. 56 anni che se ne parla, essendo questa considerata la risoluzione di tutti i problemi della mobilità e dei collegamenti ferroviari, sia nelle lunghe percorrenze, che in quelle locali.
A forza di parlarne, senza, tuttavia, che le intenzioni siano mai state tradotte in azioni concrete, l’impegno si è gradualmente trasformato in frustrazione, tale da far far “incaponire” la gran parte dell’opinione pubblica a considerare scontata e ineluttabile l’idea che lo spostamento a monte sia da farsi “a qualsiasi costo”, “costi quello che costi”, sia in termini finanziari, che di sacrifici sull’effettiva efficienza del servizio ferroviario che ne deriverebbe. Tutto ciò, a prescindere da un esame attentto del progetto finale che si dovrebbe attuare, circa le conseguenze dei costi/benefici finali con le quali il territorio dovrebbe poi fare i conti.
Un’analisi approfondita della situazione è stata fatta sabato scorso 27 Settembre 2025, a Pietra Ligure, durante una conferenza pubblica promossa dall’associazione “Pietra Libera”. Ma non la solita conferenza dove si sarebbero sentiti gli scontati discorsi del “troppo tempo che si aspetta quest’opera”, o della sua “indispensabilità”, ecc, ascoltati per anni: triti e ritriti… No, in questa circostanza si è voluto fare un’analisi seria approfondendo le ragioni di chi ha espresso, con argomentazioni diversificate, delle critiche all’attuale progetto di spostamento a monte pure, proponendo delle reali alternative.
Premettiamo che chi sta ora scrivendo è entrato alla conferenza convinto, come, d’altronde, la gran parte dell’opinione pubblica del Ponente, che lo spostamento a monte, “un po’ più in giù o un po’ più in su”, dovesse essere fatto in ogni modo. Tant’è vero che con gli altri consiglieri del gruppo d’opposizione della “Lista indipendente” era stata presentata una Mozione, poi approvata all’unanimità dal Consiglio comunale, che conteneva le seguenti ragioni di perplessità sul progetto: 1) La distanza della nuova fermata dal centro edificato. 2) La devastazione dell’ultima zona del territorio scampata all’espansione edilizia. 3) La pressoché certa presenza di vestigia e reperti archeologici di epoca romana nel sottosuolo, ove si dovrebbe realizzare la nuova linea e fermata, che verrebbero perduti per sempre. 4) Il fatto che non verrebbe realizzata una vera stazione ma, soltanto, una “fermata”, per rari treni locali.
Ebbene, tutte queste considerazioni avevano indotto il Consiglio ad approvare la rinuncia alla (sostanzialmente inutile) “fermata” ed una proposta di ulteriore trasferimento ancor più a monte della nuova linea.
Come si vede, permaneva sempre il punto fermo dello spostamento a monte.
Tuttavia, una brillante, obiettiva e razionale relazione tecnica svolta dall’ing. Paolo Forzano, un tecnico specializzato nella logistica e nella mobilità dei collegamenti e dei trasporti, sia ferroviari che su strada, ha contribuito ad aprire gli occhi ed a far capire, dimostrandolo con le proiezioni di dati tecnici inequivocabili, quali sarebbero le conseguenze che ricadrebbero sul Ponente se il progetto, ora in corso d’esame, venisse attuato. Esse si riassumono in una parola: devastazione. O meglio: completamento della devastazione del servizio ferroviario, iniziato con i trasferimenti a monte della linea già attuati, dove i collegamenti ferroviari, che prima garantivano una fruibilità dei treni diffusa e a disposizione di ogni realtà locale, oggi si sono talmente ridotti e sono diventati malagevoli, con la soppressione di stazioni e l’ubicazione delle nuove in posizioni lontane dai centri abitati, in aperta campagna o sottoterra, da far diventare disincentivante il servizio ferroviario, facendo crollare la domanda da parte dell’utenza. Concetti ribaditi ed arricchiti anche dagli interventi di Davide Michelini e Franco Stalla del Comitato territoriale dell’Albenganese, e da Fabrizio Marabello, i quali hanno rimarcato come lo stravolgimento dell’assetto agricolo produttivo e lavorativo della piana albenganese, con la perdita di una quantità enorme di terreni agricoli, non solo non sia compensato da effettivi benefici di ritorno, bensì dalla realizzazione di infrastrutture come la nuova stazione di Bastia, che, pur essendo punto di arrivo e partenza di ogni tipo di treno, si troverà, ad essere così decentrata da Albenga da essere poco attraente per l’utenza, sia quella delle lunghe percorrenze che quella sulle distanze più ravvicinate, specie dei lavoratori e studenti pendolari.
E sotto il profilo finanziario? Il costo dell’operazione di spostamento a monte e raddoppio della linea F.S, da Finale ad Andora, costerebbe sui tre miliardi di euro.
Si deve tener presente, tuttavia, che l’unico tratto della linea a binario unico, è quello tra le stazioni di Finale Ligure e Loano, perché oltre quest’ultima stazione la linea è già raddoppiata. Quindi, da raddoppiare sarebbero soltanto 9,1 km.! Se valutiamo il costo per effettuare i 9 sottopassaggi veicolari a Loano, Pietra Ligure e Borgio (sui 3 milioni di euro ciascuno), più quello dei 9,1 km di raddoppio dei binari, è ragionevole pensare che il costo totale di un raddoppio in sede non supererebbe i 3/400 milioni di euro?
E, in termini di miglioramento del servizio ferroviario, quali sarebbero i vantaggi se venisse attuato lo spostamento a monte, così com’è concepito? Abbiamo già detto delle numerose stazioni soppresse, sostituite da semplici “fermate”; a ciascuna di esse, senza eccezioni (anche a quelle che si autoconsiderano “blasonate”), non fermerebbero che poche coppie di treni locali al giorno e nessun treno a lunga percorrenza. L’esempio di Andora è eloquente perché succede già oggi. Quindi, un impoverimento del servizio: sia in termini di stazioni delle varie località, che di treni. Ma la cosa più eclatante è che tutto l’Ambaradan dello spostamento a monte concepito dal progetto attuale, comporterebbe un risparmio in termini di percorrenza, rispetto a quello attuale, di ben…: 12 minuti ! Quindi, una montagna che partorisce un topolino!
A questo punto, ci si deve chiedere: ha senso tutto questo? Tenuto conto che, come l’ing. Forzano ha dimostrato, il paragone con la Liguria di Levante è impietoso? Là sono state mantenute pressoché tutte le stazioni, anche quelle delle località più piccole: ad esempio, Zoagli ha poco più di 2200 abitanti ed ha la sua stazione. E come ci si arriva nelle piccole località delle 5 Terre? Con i treni che fermano nelle stazioni di ciascuno di quei piccoli paesini. Quindi, in quella linea FS, che è diretta a Roma ed è straraddoppiata da tempo, convive benissimo il traffico a lunga percorrenza e velocità con quello di tipo metropolitano. Che è efficiente. Cosa ben diversa succederebbe dalle nostre parti, dove, invece, il servizio metropolitano stesso sostanzialmente scomparirebbe. E quello dei treni veloci migliorerebbe di 12 minuti il tempo del percorso.
Ha senso tutto ciò? A chi giova allora uno spostamento a monte che porta a questi risultati, che non migliorano ma peggiorano, se non desertificano, il servizio ferroviario della riviera? Per non dire dei suoi costi strabilianti, che, ovviamente, paghiamo tutti noi. Quindi: qual è il vantaggio di spostare a monte la linea se la situazione che si prospetta è questa? Indubbiamente l’unico evidente è quello di una rivalutazione delle quotazioni immobiliari degli immobili, case e terreni, a fianco della attuale linea ferroviaria, una volta liberata dai binari. Un altro è quello per le ditte edili che farebbero i costosi lavori dei 3 miliardi di euro. Un altro ancora è rappresentato dalla disponibilità delle aree dell’attuale tracciato ferroviario per farci …qualcosa. E che cosa? C’è chi insiste: una lunga pista ciclabile. Ma, se pur da altre parti, dove ci potrebbero essere spazi o strade disponibili, una pista ciclabile potrebbe avere un senso, ne ha uno o qualcuno farla o pensarla in una zona come la nostra dove la situazione viabilistica veicolare della vita quotidiana è catastrofica o drammatica? Per cui tra Ceriale e Pietra Ligure può occorrere anche più di un’ora per arrivare, cioè, quanto, in situazioni ordinarie, ne serve per raggiungere Genova! Quindi, puntare tutto sulla pista ciclabile, in una zona come la nostra, sembra non solo senza senso, ma, addirittura, demenziale! Se proprio si dovesse giungere a spostare a monte la linea ferroviaria, il vecchio tracciato potrebbe essere destinato ad una Tramvia di collegamento metropolitano tra le nostre località, oppure alla sua trasformazione in tratti di carreggiata veicolare, di supporto al transito sulla statale, visto che di Aurelia bis, nemmeno se ne parla.
Ma se si raddoppiasse l’attuale linea nell’attuale sede, non sarebbe meglio dirottare i 3 miliardi di euro verso la costruzione dell’autostrada Albenga, Garessio, Ceva? Oppure per fare la Carcare – Predosa, bretella tra l’autostrada per Torino e quella sulla Voltri-Alessandria? Opere di cui si parla solo ogni 5 anni in occasione delle campagne elettorali delle elezioni regionali, per poi cadere nel dimenticatoio, fino alla volta quinquennale successiva?
E non potrebbe essere presa in considerazione l’interessante proposta, tutt’altro che inattuabile, presentata da Gian Luigi Taboga, di Assoutenti, che, sulla scorta di consulenze di ingegneri della Norvegia, dove sono all’ordine del giorno i tunnel sottomarini, prospetta l’ipotesi di interrare l’attuale linea ferroviaria, in tutto od in parte, per recuperare gli spazi di superficie, eliminare i passaggi a livello, ma salvaguardando tutte le attuali stazioni, che potrebbero continuare ad esercire pienamente il loro servizio?
Noi, e chi scrive, in modo particolare, assuefatti dalla propaganda che da anni e per anni ha picchiato per lo spostamento a monte della ferrovia, siamo entrati nella conferenza di sabato scorso, convinti che, in un modo o nell’altro, lo stesso spostamento a monte si dovesse fare comunque ed in ogni caso. Ne siamo usciti convinti che nell’interesse, non tanto di tutto il Ponente, ma della nostra porzione di Ponente ligure, gli obiettivi da perseguire possano essere anche altri, probabilmente migliori in termini di servizio ferroviario e di rispetto del territorio. Non è, d’altronde, con il caos veicolare di questi tempi, sulle autostrade e le strade locali che il pur minimo servizio ferroviario ancora espletato riesce ad assicurare tempi certi di mobilità per la Liguria e all’interno della Liguria?
Con queste considerazioni, ora pensiamo che lo spostamento a monte della linea ferroviaria non sia l’unica soluzione possibile, ma forse altre sono migliori, più convenienti, più realisticamente fattibili.
Mario Carrara
(consigliere comunale del gruppo consiliare “Indipendente”)