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Anna Maria, suora di clausura a 30 anni (mentre i monasteri si svuotano): “Non sono un angelo, tra queste mura mi sento me stessa”


Di Elisabetta Andreis Milanese- Si è avvicinata alle Clarisse Cappuccine. Anna Maria: «Ho sempre avuto il senso della comunità, dopo la fine di un amore ho iniziato a pensare».

Intanto le ultime tre suore del Sacro Cuore hanno salutato la parrocchia.

Anna Maria era fidanzata ma alla fine ha scelto le suore di clausura. Nella diocesi di Albenga Imperia ricordava il vescovo Borghetti le suore sono poco più o poco meno di 200 (molte sono del continente africano), nel 2015 al suo arrivo erano 500. Sono stati chiusi parecchi monasteri e conventi. Per le suore di clausura c’è convento di Alassio con 8 monache e Imperia 5 assai aperte all’incontro.

Ogni tanto le tremano le mani. Non è paura, è consapevolezza. Anna Maria ha poco più di trent’anni e ha appena detto «per sempre». Non a un marito, non a un lavoro, ma alla vita dentro un monastero. Una promessa senza scadenza, fatta nel tempo dei contratti a progetto.
È diventata suora di clausura mentre attorno le comunità religiose femminili scompaiono una dopo l’altra. I conventi si svuotano, le suore fanno le valigie (arrivano ormai quasi tutto dal terzo mondo ndt). La sua è una voce controcorrente. «I dubbi ci sono, ma proprio per questo resto — dice —. Perché non credo nelle certezze blindate. E ogni giorno è un ritorno alla grazia delle origini». A diciassette anni aveva altri progetti. Un fidanzato, il sogno di sposarsi giovane, una casa piena di figli. «Ho sempre avuto un’idea fortissima di comunità. Di famiglia larga, aperta. Ma la relazione dopo quattro anni è finita e con lei tutte le certezze».

Smarrimento, dolore. Uno zaino, il cammino di Santiago. «In realtà pregavo perché tornasse il mio ex — racconta ridendo —. Camminavo, piangevo, pensavo e facevo amicizia, in particolare con due ragazze e un frate. Ogni sera celebravamo l’eucarestia. Sentivo che non ero sola». È lì che si apre la prima crepa. Di quelle buone, che fanno passare luce. Tornata a Milano si laurea alla Statale, lavora alla Fondazione Don Gnocchi, si dedica al volontariato nel carcere di Bollate. Ha qualche storia, ma poco importante. «Uscivo, provavo a innamorarmi di nuovo. Ma c’era sempre qualcosa che mancava. Come un nodo che non si scioglie». Ogni tanto spariva qualche giorno: il monastero di Santa Chiara a Gorla, o quello delle Clarisse Cappuccine a Brescia. «Cercavo uno spazio dove ascoltare ciò che il rumore copriva. Un giorno mi sono detta: smettila di pensare troppo. Lasciati amare». Le sue stesse parole le restavano addosso. Non una illuminazione, ma un seme. Un anno dopo, quando entra in monastero, Anna Maria ha smesso di cercare risposte con la testa.

Nel frattempo, fuori, i numeri parlano. Le ultime tre suore del Sacro Cuore hanno salutato i parrocchiani della chiesa del Sacro Volto, all’Isola. La superiora della congregazione, a malincuore, ha dovuto prendere la decisione di chiudere questa casa perché le suore sono troppo poche. Le Clarisse di Gorla da trenta sono diventate quindici e le Figlie di San Paolo di via Paolo Uccello, sei, un quarto di prima. Anche le Missionarie del Pime, nella Villa Triste di via Masaccio, hanno cominciato ad affittare le celle agli studenti. Nel 2014 a Milano le comunità religiose femminili attive in ambito educativo e assistenziale erano 159, oggi sono 117, nota suor Antonia Franzini dell’Usmi. Chiudono per mancanza di vocazioni e per raggiunti limiti di età delle consorelle.

Eppure Anna Maria è lì. Ha appena fatto professione. «Non sono un angelo, non sono migliore di nessuno. Ma ho trovato un luogo dove mi sento intera». Sveglia all’alba, preghiere, letture, dipinti, colloqui con i visitatori che hanno bisogno di un aiuto senza fretta. Lei ha scelto la meditazione e il monastero, non una missione sociale. Vive gioie e dolori dentro a un microcosmo dove «la vita custodisce un vuoto, un silenzio, uno spazio di pensiero». Le relazioni con le nove consorelle Clarisse Cappuccine sono, giocoforza, molto strette. Alcune sono anziane, fino a 89 anni, e insegnano il valore della lentezza. Le manca qualcosa? Un marito, dei figli, la vita fuori? Sorride, senza negare: «Ogni scelta comporta rinunce. Ma se stai costruendo profondamente qualcosa i dubbi sono occasione per rinsaldare la fiducia e la fede, non per fuggire. A volte, per capire che la vita non si esaurisce nelle cose, bisogna restare lì dove si è».


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