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Finale Ligure. Tre amici ‘salvano’ Val Ponci: agricoltura rigenerativa, vino e ristorante. Un modello virtuoso inesistente in Italia. 50 ettari e 60 soci che hanno acquistato una quota


DA CIBO TODAY- …Tre amici con un sogno nato tra i banchi dell’università. Nascosto nell’entroterra di Finale Ligure, a pochi chilometri dal mare, un progetto agricolo e agrituristico rigenera una valle abbandonata grazie al coraggio di tre giovani e a un’idea rivoluzionaria di proprietà condivisa.

Gianluca, Valentin e Pietro, ideatori di Valleponci (foto CIBO TODAY)

…..Valleponci è un modello virtuoso che unisce agricoltura, ospitalità e gastronomia. Il progetto di Valleponci- Si estende su 50 ettari, di cui 45 di bosco. I restanti 5 ettari sono suddivisi in vigneti, orti e frutteti, tutti coltivati secondo i principi dell’agricoltura rigenerativa, ispirata a pratiche come l’agroecologia. Niente prodotti chimici di sintesi e arature, il suolo viene nutrito con compost, pacciamature e tè microbici, favorendo fertilità, biodiversità e resilienza ecologica. Nasce così una sorta di ‘azionariato di quartiere’, con sessanta soci perlopiù svizzeri che hanno acquistato una quota della proprietà ricevendo in cambio crediti da spendere nell’agriturismo per soggiorni o cene, ma soprattutto la possibilità di essere parte attiva di un progetto rigenerativo. Un modello virtuoso ancora inesistente in Italia ma piuttosto conosciuto in Svizzera e Germania.

Di Vivian Petrini/….. Gianluca Demarchi, Valentin Hehl e Pietro Valente si conoscono nel 2018 all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, durante un master in Food Ecology ideato da Nicola Perullo“Una disciplina che ti cambia lo sguardo – racconta Gianluca – ti insegna a leggere il cibo come lente per capire il mondo”. Nasce subito un legame profondo, un’amicizia che si nutre di valori comuni e che si trasformerà, anni dopo, in un progetto concreto. Nel 2021 Mathias Hehl, il padre di Valentin, che in passato aveva soggiornato all’agriturismo Valleponci, situato lungo la via romana Julia Augusta, scopre che è in vendita. L’azienda era già stata recuperata dal totale abbandono nei primi anni 2000 da una famiglia che aveva trasformato le vecchie stalle in camere accoglienti, il fienile in ristorante e il podere in un agriturismo. Ma dopo vent’anni, la fatica e le difficoltà logistiche di un territorio morfologicamente complesso, spingono i proprietari a vendere. “E a noi quella valle ci ha chiamato”, racconta Gianluca.

Il progetto prende forma nel 2021, con l’idea di evitare l’indebitamento bancario e coinvolgere direttamente le persone. I tre amici, affiancati dal padre di uno Matthias Hehl e l’amica Sabine Thuler, ideano un modello partecipativo praticamente inedito in Italia. “Abbiamo deciso di suddividere il valore dell’azienda agricola in quote” spiega Gianluca a CiboTodaye le abbiamo proposte a persone interessate a partecipare al progetto e alla ripopolazione della valle”.

Nasce così una sorta di ‘azionariato di quartiere’, con sessanta soci perlopiù svizzeri che hanno acquistato una quota della proprietà ricevendo in cambio crediti da spendere nell’agriturismo per soggiorni o cene, ma soprattutto la possibilità di essere parte attiva di un progetto rigenerativo. Un modello virtuoso ancora inesistente in Italia ma piuttosto conosciuto in Svizzera e Germania. Il capitale raccolto ha permesso di acquistare l’intera proprietà all’inizio del 2024.

La governance è rimasta nelle mani dei cinque fondatori – i tre giovani, oltre Matthias Hehl e Sabine Thuler – con il 51% delle quote. Da lì è partita l’avventura vera e propria: “Ci siamo dati l’obiettivo di dimostrare che si può rigenerare un territorio unendo capitale, persone e luogo”, spiega Gianluca. “È una forma di turismo più profondo, non usa-e-getta che ti fa sentire parte di qualcosa”. Un buon esempio di applicazione, questo, anche dei valori alla base della PAC, Politica Agricola Comune: ecco di cosa si tratta e perché è importante in Italia.

Come si articola il progetto di Valleponci- Si estende su 50 ettari, di cui 45 di bosco. I restanti 5 ettari sono suddivisi in vigneti, orti e frutteti, tutti coltivati secondo i principi dell’agricoltura rigenerativa, ispirata a pratiche come l’agroecologia. Niente prodotti chimici di sintesi e arature, il suolo viene nutrito con compost, pacciamature e tè microbici, favorendo fertilità, biodiversità e resilienza ecologica. La proprietà ospita anche sette camere, un appartamento e un ristorante immerso nel verde. Sette persone lavorano stabilmente tutto l’anno, un team internazionale – sono passati tutti da Pollenzo – che si allarga nei mesi di punta grazie a stage e tirocini. La produzione di vino a Valleponci è un gesto identitario che racconta la valle attraverso le sue varietà autoctone e il lavoro paziente della terra. “Abbiamo circa un ettaro di vigna, coltivata in sette appezzamenti sparsi tra le terrazze più esposte al sole, circondate da foreste”, spiega Gianluca. Le uve sono quelle della tradizione ligure: Pigato e Vermentino per i bianchi, Granaccia per il rosso. La vinificazione avviene nel rispetto di pratiche naturali e con un approccio minimale in cantina.

L’agriturismo di Val Ponci (foto CIBO TODAY)

Il ristorante di Valleponci è una vetrina autentica del progetto agricolo- Aperto da aprile a inizio novembre, propone un menù essenziale ma appagante e un percorso degustazione (4 piattini in condivisione, 1 primo, 1 secondo, 1 dolce a 50€), che celebrano prodotti di stagione. “Il piatto è un riflesso diretto di quello che succede fuori, nei campi e nella rete di produttori che ci circonda”, racconta Gianluca. La proposta cambia spessissimo ed è composto da piattini in condivisione (6-12€) come l’insalatina buona con radicchio, pompelmo, nocciole e ricotta salata, le carote marinate con yogurt di pecora e tuorlo disidratato. Poi ci sono i piatti principali (14-23€) come le trofie al ragù di pecora, i confortanti ravioli di borragine al burro e salvia e la guancia di manzo con purè, cipollotto e rafano. Per concludere tiramisù, gelati e sorbetti artigianali (5-6€).

Durante l’alta stagione è aperto al pubblico cinque sere su sette, mentre il resto della settimana è dedicato alla famosa “tavolata”: cena conviviale riservata agli ospiti dell’hotel, dove si mangia tutti insieme a menu fisso, anche con lo staff. “È un momento magico in cui si condividono idee, nascono amicizie. È lì che il progetto si racconta, si crea comunità. È la nostra idea di ospitalità profonda”. Le materie prime, per quanto riguarda frutta e ortaggi, sono in gran parte prodotte in loco o raccolte. Il resto arriva da una rete di aziende agricole e artigiani locali selezionati. “L’autarchia è una finzione, la verità sta nelle connessioni. Crediamo nella collaborazione con altri produttori che condividono i nostri valori”.

La vocazione di Valleponci non è solo agricola, ma è un luogo che unisce rigenerazione ambientale e visione culturale. Dopo aver messo radici, oggi si apre a eventi, residenze, settimane tematiche e collaborazioni con università e gruppi creativi: dall’Università delle Arti di Zurigo a Pollenzo, passando per collaborazioni con realtà affini come Radical Farmhouse. Il prossimo passo? Accogliere gruppi e scuole anche fuori stagione, e offrire il proprio modello a chi sogna di restituire vita a terre abbandonate. “In un contesto di abbandono diffuso delle terre e dell’agricoltura come quello italiano, c’è un grande potenziale nel creare modelli che uniscano le forze e mobilitino capitali verso persone motivate, capaci di rigenerare i luoghi senza ricorrere all’indebitamento”.

E quindi più che un’azienda, Valleponci è un modello concreto. Una risposta all’abbandono delle terre interne italiane, alla solitudine di molti progetti agricoli e alla difficoltà dei giovani di accedere alla terra. Non è solo un agriturismo in una valle ligure, ma un’opportunità per rigenerare il territorio, un seme per sostenere chi vuole restare e creare, e una risposta al bisogno di un turismo più consapevole. Gianluca, Valentin e Pietro ci sono riusciti: hanno riportato vita in una valle dimenticata e oggi la stanno valorizzando, giorno dopo giorno. Hanno creato un luogo che, anche solo attraversandolo per poco, ti accoglie come se ne avessi sempre fatto parte. E quando te ne vai, resta solo il desiderio di tornare. (Vivian Petrini)

UN POST STORICO FACEBOOK DI GIUSEPPE TESTA

….Partendo da queste considerazione facciamo caso alla Val Ponci. La strada di oggi ricalca solo in minima parte l’antico percorso. Questa è una zone rurale che, a parte l’abbandono delle attività agricole, non è dissimile da allora, cioè non ha visto grossi insediamenti umani nei pressi. I ponti hanno certo lottato con l’abbandono della manutenzione e soprattutto hanno lottato contro il tempo meteorologico, frane, dissesti, piene dei corsi d’acqua, ecc. Infine il fenomeno del carsismo ha indotto l’acqua a percorrere percorsi sotterranei, facendoli rimanere all’asciutto ma evitando l’azione erosiva.

La strada originaria è però sparita, sia nel tracciato sia nei materiali, ne rimane solo un tratto (ancora da scavare) sotto un esteso vigneto: i ponti erano troppo impegnativi da smantellare? Sicuramente era sconveniente farlo, perché non serviva. Poche abitazioni nei paraggi, ed eccessiva impegno per smontare per portare via il materiale a dorso di mulo. Inoltre la presenza di cave nella zona dava facilità di reperire pietrame. Infine una curiosità: ogni ponte ha una piccola cava nelle vicinanze, da cui sono state estratte le pietre. Le cave però sono sette, e ciò potrebbe significare la presenza a suo tempo di altri due ponti, oggi scomparsi o nascosti.

IL SOLE 24 ORE DI DOMENICA 6 LUGLIO 2025


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