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Liguria e Basso Piemonte

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La cambiale è nata a Genova


Secondo il dizionario la cambiale è “un titolo di credito che permette di incassare una somma di denaro in una data precisa”. 2/Genova elezioni, Salis e Piciocchi, la vignetta del prof. Umberto Padovani.

di Tiziano Franzi

“È un impegno scritto e formale a pagare una somma di denaro, sia per un credito (cambiale pagherò) sia per un ordine di pagamento (cambiale tratta).”

Un po’ di storia- Tra i secoli che vanno dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente fino all’anno Mille, la popolazione aveva in gran parte abbandonato le città, rifugiandosi nelle campagne e cercando protezione sotto i signori locali. Questi, i Signori feudali, offrivano protezione agli abitanti, spesso soggetti al lavoro delle terre. In particolare in Europa, i territori risultavano più pericolosi e frammentati rispetto all’età romana, e questa instabilità portò a una crisi dei commerci, con un ritorno in larga misura al baratto.

Con l’avvicinarsi dell’anno Mille, alcuni territori videro un rifiorire dei commerci via mare, come nel caso delle repubbliche marinare di Genova, Pisa, Amalfi e Venezia, e anche via terra, grazie a un ripopolamento delle città. Questo incremento del commercio favorì la diffusione di monete d’oro usate come riferimento internazionale, come il fiorino a Firenze e il ducato a Venezia. Tuttavia, mettersi in viaggio continuava a essere rischioso, poiché si poteva essere rapinati del denaro o delle merci, o incorrere in naufragi durante i trasporti navali.

Se nell’antichità l’invenzione della moneta aveva superato il baratto, nel Medioevo l’introduzione del cambio tra valute avrebbe permesso a viaggiatori e mercanti di non dover portare con sé grandi somme di denaro. Per cambio tra valute si intendeva l’operazione in cui la moneta di un Paese, come il fiorino, veniva convertita in un’altra, come il dinaro, tramite un titolo di credito. Questo documento attestava, una volta arrivati a destinazione, il diritto a ricevere una somma nella valuta locale, eliminando i rischi e le spese legate al trasporto di denaro contante.

Oggi, anche se ormai superati dalle moderne forme di pagamento elettronico come le carte di debito e credito, esistono strumenti come i traveller’s cheque, gli assegni turistici acquistabili in banca nella propria valuta e convertibili in quella del paese di destinazione (oggi pressoché in disuso, soppiantati dalle carte di credito e di debito). Chi li acquista li firma una prima volta in banca e una seconda volta a destinazione, potendo così portare con sé un titolo di credito rimborsabile in caso di furto.

Nel Medioevo, il titolo di credito più diffuso era la lettera di cambio, un documento notarile emesso da chi aveva ricevuto una somma di denaro per cambiarla in un’altra moneta, da restituire in un altro luogo tramite un rappresentante. In quel periodo, le banche non erano ancora molto diffuse, e la lettera di cambio serviva a regolare il trasferimento di denaro tra figure di fiducia, come mercanti che operavano su rotte specifiche.

Nella storia dei commerci medievali italiani, Francesco Datini, detto il “mercante di Prato” del XIV secolo, ebbe un ruolo fondamentale. La sua attività e l’uso intensivo delle lettere di cambio hanno portato alcuni studiosi a pensare che potesse essere l’inventore di questo strumento, tanto che si dice che la statua a lui dedicata in piazza del Comune a Prato impugni nella mano sinistra delle cambiali. Tuttavia, è più probabile che il loro uso si sia diffuso contemporaneamente in più parti d’Europa e che l’invenzione della lettera di cambio o “cambiale” debba essere riferita correttamente a Genova.

Genova, Palazzo s. Giorgio, deve ebbe sede l’omonimo Banco, la prima banca nella storia d’Italia

Con la diffusione delle lettere di cambio, poi chiamate cambiali, si stabilirono alcune regole fondamentali per identificarle. La cambiale doveva riportare le clausole sulla somma da pagare, il luogo in cui si doveva effettuare il pagamento e la dichiarazione che chi aveva ricevuto una somma, chiamato traente, era obbligato a restituirla in una valuta diversa. Inizialmente, la cambiale era un titolo esecutivo, cioè obbligava chi l’aveva emessa a pagare secondo le condizioni stabilite. Successivamente, si diffuse anche la possibilità di nominare un rappresentante autorizzato a riscuotere il pagamento, identificato tramite un altro documento chiamato lettera di avviso.

Con il tempo, la cambiale e la lettera di avviso si combinarono per formare la cosiddetta “cambiale tratta“. In questa, il traente, ovvero il rappresentante autorizzato, consegna un ordine di pagamento al trattario, cioè colui che deve pagare alla scadenza la somma al beneficiario.

Nel XV secolo, con l’aumento del commercio europeo e la nascita delle fiere internazionali, le cambiali divennero strumenti fondamentali per regolare i contratti tra mercanti di diverse nazionalità. Questi mercanti scambiavano crediti e debiti tramite banchieri incaricati di gestire le “tratte” (cioè le cambiali). Nel XVII secolo, le cambiali si complicarono ulteriormente: potevano essere “girate”, cioè cedute a terzi, permettendo così di circolare e trasferire i crediti più facilmente. Si diffuse anche la garanzia dell’avallo, con un garante responsabile in solido che rispondeva del pagamento insieme all’emittente della cambiale.

L’obiettivo di queste innovazioni era rendere più fluido il sistema di circolazione del credito, specialmente nei casi in cui il debitore non aveva subito la somma da pagare. Nel 1673, con un’ordinanza di Luigi XIV, si abolirono le restrizioni sul numero di volte che una cambiale poteva essere girata, rendendo possibile pagare anche in merci o in conto, non solo in contanti.

L’erede di questo sistema è la cambiale moderna, nota anche come “pagherò”. È un titolo di credito che obbliga chi la emette a pagare una somma pattuita, permettendo di ritardare il pagamento se non si ha subito la somma. La persona a cui si deve pagare si chiama prenditore. La promessa di pagamento è un ordine incondizionato, e se chi non rispetta l’impegno, il creditore può rivolgersi a un notaio o a un ufficiale giudiziario per fare il protesto, che può portare all’iscrizione nel registro dei protestati o cattivi pagatori, e fino al pignoramento dei beni del debitore per recuperare quanto dovuto.

Lettera di cambio del 1298

Genova e la cambiale- Esistono atti notarili che dimostrano come lo strumento finanziario della cambiale sia stato inventato a Genova agli inizi del XIII secolo. In uno di essi si legge: «1207. 6 aprilis. Simon Rubeus Bancherius fatetur habuisse L. 34 denariorum Ianue et denarios 32 pro quibus promittit dare marcas 8 boni argenti illi qui ei dabit hanc cartam 23»

Simon Rubeus era un banchiere genovese e la data del documento è di molto precedente all’azione del banchiere pisano Francesco Datini, a cui è comunemente riconosciuta l’invenzione della cambiale.

La questione della paternità di questo fondamentale strumento dell’economia e della finanza mondiale è vecchia di secoli e a questo proposito scrive il giornalista Massimo Sideri: « Il tema è sempre lo stesso: chi ha inventato una delle più importanti innovazioni del sistema mercantile e dunque del commercio? Sempre noi, gli italiani. Ma come sempre la paternità non è così facile da dirimere dopo secoli e secoli. In questo caso è stata Genova o Prato? Esiste un’ampia letteratura sull’argomento, tale che forse possiamo spingerci a dire che la parola fine non verrà mai messa del tutto. Potremmo già accontentarci del fatto – questo certo – che in ogni caso la cambiale sia da annoverare in quella lunghissima e felice lista di innovazioni e invenzioni e scoperte che fanno la nostra storia. Un rapporto forse anche troppo stretto se volessimo ironizzare: a forza di firmar cambiali per le future generazioni i governi italiani hanno fondato uno dei Paesi più indebitati della Terra, in rapporto al Pil.

Ma visto che il documento esiste e la serietà delle citazioni e della ricostruzione è fuor di dubbio, eccone la storia: la fonte è lo storico ottocentesco Michele Giuseppe Canale, un amico di Giuseppe Mazzini anche se le loro strade politiche, a un certo punto, si divisero. Come ha ricostruito Marta Calleri («Su una presunta cambiale genovese del 1207. Errore o falsificazione?» in Atti della società ligure di storia patria, 2003) il Canale, «nella sua opera del 1845 dedicata alla storia civile, commerciale e letteraria di Genova pubblica un documento del 6 aprile 1207 dichiarando che si tratta di “un esempio perfetto” di cambiale, in quanto l’unico in cui si trovi la clausola al portatore, e che “la forma e il tenore di tal titolo non potrebbero essere più precisi ed autentici, sicché finora dev’essere riguardato come il primo che si conosca, ed a noi [genovesi] competere l’anteriorità di quella invenzione”».
La fonte originale ci giunge da un testo di due decenni successivi a quello del Canale dove si richiama il «Liber Lanfranci del 1214, Archivio Notarile di Genova» dove in effetti è stato ripescato il testo.
Senza far torto a Prato, vale la pena ricordare come la repubblicana marinara fosse la coltura ideale per la nascita di una tale innovazione.
Anche se la fondazione della «Casa delle compere e dei banchi di San Giorgio», il meraviglioso palazzo che si può ammirare a due passi dall’Acquario di Genova, risale «solo» al 1407, le sue origini si ritrovano in realtà nei primi prestiti che la repubblica stessa chiese nel XII secolo ai suoi cittadini più abbienti per finanziare guerre e commerci. Per tornare al documento del 1207 è utile smontare subito una possibile accusa di contraffazione. In effetti è perlomeno causa di sospetti il fatto che si parli del 1207 e di 34 lire e 32 denari.
Chi conosce bene la storia dei numeri sa che la data è troppo vicina al 1202, anno della prima pubblicazione di un libro che ha letteralmente cambiato la società, paragonabile a pochi altri testi nel cammino del sapiens (potremmo citare il Milione di Marco Polo – che peraltro venne scritto nel 1296/98 da Rustichello da Pisa mentre si trovava in prigione proprio a Genova con messer Polo – i Principi
matematici della filosofia naturale di Isaac Newton del 1687 o infine l’origine delle specie di Charles Darwin del 1859).

Si tratta ovviamente del Liber Abbaci, il libro del calcolo del Fibonacci. Sappiamo per certo che i numeri indo-arabici (e gli algoritmi di calcolo annessi che ancora oggi impariamo a scuola) vennero portati in Europa da Leonardo Pisano detto il Fibonacci. Ma ci vollero decenni affinché l’innovazione prendesse piede. In particolare i banchieri fiorentini fecero resistenza perché i numeri indo-arabici e lo zero in particolare erano considerati alla stregua di simboli usati per “nascondere” i valori rispetto alle cifre romane (un retaggio è rimasto ancora nel nostro linguaggio quando diciamo codici cifrati, cioè nascosti, e diciamo decifrare per scoprire). Un tema di competizione tra pisani e fiorentini in realtà. I numeri furono un vantaggio competitivo per la patria del Fibonacci.
Questo per dire che nel documento originale non avremmo dovuto trovare i numeri 0123456789… difatti se si va a guardare il documento originale del 1207 compaiono in realtà i numeri romani, diventati quelli indo-arabici nelle varie trascrizioni successive. Insomma, torna ogni cosa.» [Massimo Sideri, Corriere della sera, 2 ottobre 2024]

Esempi moderni di cambiale

Tiziano Franzi

2/LE VIGNETTE DEL PROF. UMBERTO PADOVANI- La candidata del centro sinistra Silvia Salis sorridente e ottimista. Pietro Piciocchi del Centro Destra che per scaramanzia fa le corna! La scenetta si svolge in riva al mare vicino alla Lanterna simbolo di Genova! Vinca il migliore!

 


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T.Franzi

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