L’on. Francesco Bruzzone savonese (Lega di Salvini premier): Il lupo, grazie a me, diventa ora specie ‘protetta’ e non più ‘particolarmente protetta’. L’assessore regionale Alessandro Piana plaude e ringrazia. 2/COMMENTO DI TRUCIOLI.IT 3/Imporre la difesa della Natura come “funzione sociale”?
di Franco Zunino*
«Art. 42 della Costituzione. La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.»
Non è che questo articolo, e quello che codifica, possa propriamente considerarsi del tutto saggio; forse in una società comunista o socialista sì, ma in una società liberale fa molto discutere. E forse è ancora una volta la prova che la nostra Costituzione non è poi così tanto “bella” come si vuole far credere. Se ne capisce lo spirito se si pensa che questo concetto era stato elaborato da prigionieri politici del fascismo, proprio in quanto socialisti e comunisti, e prima della caduta del fascismo, e inserito nel loro storico Manifesto di Ventotene che tracciava un’idea di Europa, al quale anche la Costituzione italiana si è poi ispirata. E che fu poi adottato subito dopo la vittoria sul fascismo, quindi in un momento particolare con gli animi ancora caldi per gli eventi politici appena conclusosi.
A parte la recente dichiarazione del Primo Ministro Giorgia Meloni sul succitato Manifesto, che tanto scandalo ha provocato soprattutto nei Partiti della sinistra, quando ha dichiarato di non riconoscersi nei passi che dicono: “la rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista”; e, “la proprietà privata deve essere abolita, limitata”; e, “attraverso questa dittatura del partito si forma il nuovo Stato e attorno ad esso la nuova democrazia”. Ora, è interessante notare come proprio di questi tempi una parte del mondo ambientalista abbia tirato fuori il senso dell’articolo costituzionale n. 42 parlando di consumo del suolo, e chiedendo alla politica di fare proprio il pensiero del costituzionalista Paolo Maddalena (Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale) quando in suo intervento sulla “funzione sociale della proprietà privata”, che consentirebbe l’acquisizione coatta di beni privati qualora abbandonati dai privati proprietari.
Il riferimento degli ambientalisti è più che altro riferito alle abitazioni, case e strutture urbane, e magari una qualche ragione potrebbero avercela. Il dubbio è solo se in tali casi sia lecito e costituzionale un esproprio coatto; e forse lo è anche, ad una corretta interpretazione dello spirito costituzionale. Ma, in tal caso, va anche riconosciuto che non più di liberalismo dovremmo parlare ma di social-comunismo. Ma siamo sicuri che sia proprio questo che volevano i padri costituendi? E siamo sicuri che ciò sia giusto? Cerchiamo di immaginare se questo criterio fosse applicato a nostri beni, e se lo riterremmo giusto o meno. In fondo la “funzione sociale” dei beni in proprietà privata, che la Costituzione stabilisce siano disciplinati dalla legge, forse la legge lo ha già stabilito, almeno per i terreni quando, nel caso della caccia, i privati non possono impedire l’accesso dei cacciatori, o nel caso dei cercatori di funghi (essendo i funghi un prodotto economico, i privati possono impedirne la raccolta tabellando la loro proprietà); o la caccia alzando una opportuna recinzione.
A parte il caso delle abitazioni abbandonate e/o disabitate, che proprio ai sensi costituzionali effettivamente qualche forma di legge potrebbe disciplinare la materia per dargli una “funzione sociale” (ma sarebbe una materia molto spinosa, visto le molteplici diversificate situazioni esistenti). Ora, il rischio è che questo criterio lo si voglia anche estendere, come già si ventila, anche per le proprietà terriere. Ma allora, sulla base di quale criterio si potrà considerare “abbandonato” un terreno? Perché non coltivato? Ma esistono risorse prelevabili anche senza coltivare il terreno. Ma non solo, lasciare che un campo agricolo si trasformi in bosco (quindi con un ritorno alle origini) sarà considerato abbandono? E siamo certi che sia giusto? In fondo abbandonando lo sfruttamento della risorsa agricola da coltivazione si incentiva la risorsa boschiva, sebbene ci vogliano decine e decine di anni. Sarà considerato abbandono? E gli stessi boschi, lasciati al cosiddetto abbandono, cosa che ne fa aumentare la volumetria di legnatico e quindi il valore economico, possono considerarsi abbandono? Non credo proprio! Magari è solo investimento a futura memoria. E diventerebbe un furto dello Stato se questi se ne appropriasse! E, in quanto ambientalisti, sarà considerato abbandonato un bosco acquistato e/o posseduto da un’associazione ambientalista o anche da un semplice cittadino, che decidano di lasciarlo, “preservarlo”, come riserva di natura? Non credo! Perché le aree protette, ope legis o de facto, sono un bene sociale ed hanno proprio la “funzione sociale e l’accessibilità a tutti” stabilita dall’art. 42 della Costituzione! In poche parole, sarà bene che i legislatori ci pensino non una ma dieci volte prima di inoltrarsi su questo cammino che è solo costituzionale.
Senza ignorare il fatto che, in fondo, anche la Costituzione la si potrebbe emendare là dove ha peccato di ideologia, creando situazioni che se erano valide allora, non lo sono più oggi; tanto più in una situazione di progresso sociale sempre meno ideologico e più rispettoso delle libertà individuali e liberali, ancorché proprio in quanto tali minacciate da oligarchie e autarchie piuttosto che dalle sempre più sorpassate dittature di origini proletarie (fascismo e comunismo).
Sostenere, come ha scritto qualcuno, che «In tema di proprietà, va sempre operata una distinzione tra la proprietà comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella sovranità, e la proprietà privata, che ha il fondamento nella legge. E in quest’ultimo caso va ricordato, secondo la Costituzione, che se non c’è funzione sociale non c’è tutela giuridica, e non c’è quindi proprietà privata», non è che sia condivisibile. È infatti discutibile il significato di “funzione sociale”, che non può limitarsi al solo aspetto materiale delle cose, come probabilmente furono ispirati i costituzionalisti di tendenze socialiste, ma anche ai valori spirituali, che possono appartenere ai cittadini anche se non in proprietà del bene che li suscita; ed è caso mai questo valore morale che andrebbe anche disciplinato, cosa che può farsi senza per questo dover espropriare coattivamente il bene che li suscita, ma più giustamente e rispettosamente verso il diritto di proprietà privata catastale.
Un bene spirituale che già la Costituzione tutela quando all’art. 9 prevede la possibilità/dovere che lo Stato tuteli i beni paesaggistici, cosa che può già avvenire per legge sui beni anche privati senza che per questo gli aventi diritti materiali subiscano danni erariali o li si debba espropriare. Infatti, anche nel caso di terreni o beni apparentemente in “abbandono”, essi non perdono affatto la “funzione sociale” del bene spirituale per la collettività. Ma non solo, non è che l’esproprio coatto della proprietà privata in “abbandono” con trasferimento allo Stato assicuri poi la difesa del suo valore spirituale. Anzi, spesso è lo Stato stesso che per ragioni sociali passa sulla “funzione sociale” del bene coattivamente sottratto alla proprietà privata con la giustificazione che la funzione sociale materiale sia più importante che quella spirituale! Ad esempio, lo scempio consentito, autorizzato, imposto, di tante opere pubbliche! Ecco, forse la Costituzione ha effettivamente bisogno di qualche revisione, e forse anche la Meloni non ha sbagliato asserendo che molti passaggi del famoso Manifesto di Ventotene (e della Costituzione) probabilmente non tutti i cittadini oggi li sottoscriverebbero!
Murialdo, 23 Marzo 2025 Franco Zunino
Segretario Generale AIW
L’ONOREVOLE BRUZZONE (LEGA):
IL LUPO GRAZIE A ME ORA DIVENTA SOLO SPECIE PROTETTA ( E NON PIU’ ‘particolarmente protetta’)

COMUNICATO STAMPA –GENOVA. “Grazie all’impegno congiunto con l’onorevole Francesco Bruzzone, oggi è stato raggiunto un grande risultato per la tutela del comparto agricolo e zootecnico. L’approvazione alla Camera dell’emendamento che prevede il declassamento del lupo da specie ‘particolarmente protetta’ a ‘protetta’ rappresenta un passo fondamentale per garantire un equilibrio tra la conservazione della fauna selvatica e la difesa delle attività produttive nelle nostre aree rurali e montane”. Lo dice il vicepresidente della Regione Liguria con delega all’Agricoltura Alessandro Piana, a seguito della notizia del provvedimento approvato alla Camera.
“Da tempo ci battiamo affinché gli agricoltori e gli allevatori non siano lasciati soli di fronte ai crescenti attacchi ai loro capi di bestiame, con danni economici e gestionali spesso insostenibili – ribadisce Piana – Con questa modifica normativa, una volta che l’Europa avrà definito il declassamento del lupo, l’Italia potrà recepirlo automaticamente, senza dover affrontare procedure di deroga complesse e poco efficaci. Vogliamo promuovere misure di gestione equilibrata della fauna selvatica, tutelando al contempo la biodiversità e il lavoro degli agricoltori e la nostra comunità. Questo provvedimento rappresenta un importante passo avanti in questa direzione e ringrazio l’onorevole Bruzzone per il costante impegno su questo tema”.
COMMENTO DI TRUCIOLI.IT- Per favore dite la verità e le cose come stanno solo in Italia. Povera politica! Come volevasi dimostrare! Se qualcuno ha dei dubbi su quanto riportato nel comunicato precedente, basti riflettere sul significato e l’interpretazione da dare a quanto, tra l’altro, ha scritto il Vicepresidente della Regione, Alessandro Piana, che qui si riporta: «Con questa modifica normativa, una volta che l’Europa avrà definito il declassamento del lupo, l’Italia potrà recepirlo automaticamente, senza dover affrontare procedure di deroga complesse e poco efficaci.». Resta comunque il mistero di come, mentre in molti paesi europei (tutti membri UE) si provvede, in un modo o nell’altro, a mantenere basso il numero dei lupi (avranno pur ottenuto dei consensi/provvedimenti per poterlo dare!) con interventi scevri da tutta la burocrazia che invece vige in Italia, paese UE come tutti gli altri, ma in Italia non è possibile farlo!
Ecco, forse sarebbe stato il caso che le autorità, non tanto regionali quanto nazionali, spiegassero ai cittadini (specie agli allevatori e cacciatori), e con non troppi giri di parole, da dove venga questa diversità. Come sia possibile che in Francia, Spagna, Svezia, Germania (lasciamo perdere la Svizzera, la Norvegia e la Finlandia, che non sono UE), Austria, Romania e Slovenia ogni anno si prendono provvedimenti riduttivi delle loro popolazioni di lupi, mentre in Italia questo non si può fare. Che sia per mancanza di legislazioni (proposte) e istanze (verso l’Europa) che l’Italia non vuole presentare nel primo caso, e inoltrare nel secondo? Chi pone dei freni a questo, se non la politica? Ma allora, lo si dica a chiare lettere ai cittadini! O dobbiamo considerare l’Italia sì paese europeo, ma di serie B? Lasciare che a ridurre il numero dei lupi siano, con comportamento ipocrita, quei cittadini che, di fatto, lo fanno in violazione della legge (e non è poi cosa rara), non è che sia una “regola” degna di una democrazia liberale! (F.Z.)
VEDI COMUNICATO DEL 21 FEBBRAIO 2025– Come si è già scritto in precedenza, la montagna ha partorito un topolino! Ci riferiamo allo “scandalo” scatenato dai lupofili, a seguito della riclassificazione del lupo decisa dell’UE, che da “particolarmente protetto” lo ha declassato a “protetto”, cosa che ne consente l’uccisione in casi specifici. Ebbene, anche l’ISPRA italiana ha infine stabilito, dopo una “videoconferenza con le amministrazioni regionali” (immaginiamo quante chiacchiere si saranno dette!) che in Italia, in linea del tutto teorica (che da noi significa MAI!) qualche lupo può essere ucciso. La notizia è un poco ingannevole, in quanto si è stabilita la possibilità di abbattere “tra i 100 e i 160 lupi nel 2025”. Il che sembra una buona notizia, se non fosse che ci sono le solite condizioni “scritte in piccolo”. Ovvero, che per abbatterne almeno UNO ci sarà una trafila tale di regole e obblighi che alla fine, compresi i ricorsi degli anticaccia e animalisti (certamente la Brambilla in prima fila!) non se ne abbatterà neppure uno. In realtà il tutto si basa su un presupposto ufficiale, ma falso, ovvero che in Italia ci siano 3.300 lupi, quando la stessa biologia (e la matematica!) ci dicono che probabilmente il numero esatto si aggira attorno ai 10.000. In pratica, “una svolta storica” ma che fa un poco ridere, in quanto lo è solo sulla carta. Infatti, prima di ottenere l’autorizzazione all’abbattimento di un solo lupo, la trafila burocratica è tale, che probabilmente nessun organismo si accingerà ad iniziarla. In pratica, fumo negli occhi dell’opinione pubblica. Tutto proseguirà come prima, il che vorrà dire che continueranno a provvedere i bracconieri a questa riduzione, in forma non ufficiale, addirittura illegale e a rischio di chi vi contribuisce. Ma non è giusto! Non è giusto in un paese che si vanta di essere democratico e rispettoso dei diritti dei cittadini! In realtà se si volesse veramente risolvere il conflitto tra allevatori e protezionisti i 160 lupi andrebbero abbattuti legalmente a prescindere se responsabili o meno di danni dimostrati (spesso cosa difficile da farsi!), solo per ottenere la riduzione numerica della popolazione, che è notoriamente in continua crescita per ovvie ragioni biologiche (e là dove non lo è, è solo per quanto sopra: abbattimenti illegali!). Questo in quanto non è concepibile che in un paese come l’Italia il lupo possa crescere a dismisura (cosa che vale anche per altre specie animali, dai cinghiali ai cervi). Ma la cosa è ancora più grave, perché esiste altresì la necessità (di cui però si parla solo nei sacri testi dei naturalisti!) di preservare la tanto decantata “biodiversità” che, per il lupo, in Italia significa una biodiversità spuria, ovvero, come nelle Alpi, un lupo qualsiasi pur che ci sia il lupo! E in Appennino idem, visto che i pochi nuclei puri della sottospecie italiana sono a rischio di sparire, “sciolti” nel marasma delle ibridazioni sia con cani, sia con i cosiddetti “lupi alpini”. Ma di questo, a quanto pare, sia all’ISPRA che alle ONG animal-protezioniste, non importa un bel nulla, visto che l’eliminazione di ogni forma di ibridismo dovrebbe essere motivo prioritario nella politica di riduzione del lupo! (Franco Zunino)