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Io turista per una settimana a Doha e Dubai: uno strepitoso e inatteso salto nel futuro. Si investe nel trasporto pubblico di massa


Avevo sempre accantonato l’idea di un viaggio negli Emirati del Golfo Persico. Troppa modernità perseguita anche al prezzo di stravolgere l’ambiente naturale, troppo lusso ostentato, scarsa attenzione alla sostenibilità.

di Massimo Ferrari

Una riproposizione in chiave esasperata degli stereotipi americani tipo Miami o Las Vegas. Poi, la lettura del libro di Federico RampiniIl nuovo impero arabo” mi ha indotto a rompere gli indugi. E così, in compagnia di due buoni amici, nei giorni scorsi, ho effettuato una puntata di una settimana a Doha ed a Dubai.

Intendiamoci, il Qatar e gli Emirati non fanno parte dell’Arabia Saudita, che, dopo decenni di rigida chiusura, sta ora cominciando ad aprirsi al turismo. E sta realizzando infrastrutture spettacolari. Ma, insomma, l’ambito economico, religioso e culturale è quello e, quindi, può valere la pena darci un’occhiata in prima persona per verificare i cambiamenti in atto. Anche se la grande maggioranza degli occidentali si reca nel Golfo solo per affari o per lo shopping sfrenato.

A noi, invece, interessava una prospettiva diversa per capire come mai nazioni miracolate dal petrolio, in cui il prezzo del carburante oscilla a livelli ridicoli (mediamente meno di mezzo euro al litro) e dove si sono costruite autostrade a sette corsie per senso di marcia, hanno deciso negli ultimi anni di investire nel trasporto pubblico di massa e senza badare a spese. Ben diversamente dagli Stati Uniti, dove ogni nuovo progetto deve passare sotto le forche caudine di referendum locali in cui gli elettori spesso negano gli stanziamenti necessari.

Prendiamo il Qatar, nostra prima tappa, piccola nazione di 11.500 chilometri quadrati, con 2.800 mila abitanti, in netta maggioranza lavoratori stranieri provenienti dal Pakistan, India, Bangladesh, attratti da condizioni salariali che, pur notevolmente inferiori a quelle degli autoctoni, sono comunque decisamente migliori risetto alle nazioni d’origine. Fino a qualche anno fa il Qatar, in prevalenza sciita ed accusato di rapporti troppo amichevoli con l’Iran, era sostanzialmente isolato dai vicini. Poi sono arrivati i Mondiali di Calcio del 2022 che hanno modificato la situazione.

A Doha sono state costruite dal nulla tre linee completamente automatiche di metropolitana, con 76 chilometri di estensione e 37 fermate. E quali stazioni! Grandiose, su più livelli, pulitissime. Quello che si è risparmiato sui conducenti è stato ampiamente profuso nel personale addetto alla security, all’assistenza alla clientela ed al decoro. Non un solo graffito, non un mendicante, di “borseggiatori e borseggiatrici”, che infestano le nostre città, neppure l’ombra. Viaggiare in queste condizioni, con livelli di affollamento che consentono quasi sempre di sedersi, è un vero piacere.

A nord di Doha, ma contigua alla capitale, si estende, invece,  Lusail, una nuova città concepita appunto in occasione dei Mondiali e tuttora non completata. Ma già servita da una rete di tre linee di tram ultramoderni, benché per ora scarsamente frequentati. Da notare come ogni stazione di metropolitana, ma anche di tram, dispone di toilettes maschili e femminili, tenute in ottimo stato, oltre a “sale di preghiera” per poter adempiere in ogni momento agli obblighi religiosi, cui sono tenuti i fedeli osservanti. Le donne, in parte velate, in parte no, possono disporre di vetture a loro riservate, ma possono anche condividere il percorso accanto agli uomini.

Stesso discorso per la rete tranviaria (tre linee) a servizio di un grande campus universitario in periferia. Qui il servizio è completamente gratuito, ma spesso ci siamo trovati quasi in imbarazzo, perché eravamo gli unici a bordo di corse per altro regolari e frequenti. Quando siamo scesi in qualche fermata per dare uno sguardo attorno subito sono comparse hostess o steward per chiedere se avessimo bisogno di qualcosa. Tutto attorno, giardini fioriti curatissimi e parcheggi coperti da grandi teloni bianchi per proteggersi dai dardi del sole. A febbraio si sta bene, con temperature diurne tra i 20 ed i 25 gradi, ma ad aprile comincia la torrida estate che dura almeno sei mesi. Perciò ogni fermata, anche in superficie, è dotata di grandi sale d’aspetto climatizzate.

Stesso discorso nel centro di Doha, dove circola una linea tranviaria ad idrogeno, del tutto gratuita, a beneficio del turisti. Ad ogni angolo di strada ci sono addetti muniti di bandiera che dirigono il traffico per evitare possibili interferenze tra auto e tram.

Il Qatar, evidentemente, ha copiato le buone pratiche da Dubai (3.650 mila abitanti), dove la metropolitana funziona ormai da una quindicina di anni. Ci sono due linee in esercizio: la più lunga, di ben 52 chilometri, si estende, in buona parte in sopraelevata, lungo tutta la costa, fino al confine con Abu Dhabi. Tra il centro dei due Emirati, distanti circa 150 chilometri, è in progetto una linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe ridurre i tempi di percorrenza a poco più di mezz’ora.

Siccome a Dubai la frequentazione dei treni è decisamente più elevata che a Doha, abbiamo deciso di acquistare un biglietto giornaliero in “gold class”, ossia una vettura riservata a clienti Vip che pagano decisamente di più, ma che dovrebbero avere la garanzia di un posto a sedere. Scrupolo in verità infondato, visto che in un paio di occasioni le poltroncine imbottite erano tutte occupate, ma, alla vista dei miei capelli bianchi, subito qualcuno si è alzato per cedermi il posto. Un’altra volta ho visto salire a bordo un anziano arabo. Immediatamente si è materializzato lo steward, invitando (gentilmente) una giovane turista a cedergli il posto.

Salire sull’edificio più alto del mondo ha molti vantaggi, in quanto si possono vedere molti degli edifici della città. Con un’altezza di 828 metri, il Burj Khalifa offre una vista panoramica mozzafiato di Dubai e dei suoi punti di riferimento più famosi.

Siamo andati fino a Dubai Marina, elegante quartiere residenziale, servito da una linea tranviaria in connessione con metro e da una monorotaia privata sopraelevata che consente di accede alla grande “palma” di Jumeirah, un’enorme penisola strappata al mare, dove sorgono residenze, alberghi di lusso ed attrazioni varie. Ci sono anche mongolfiere che consentono di ammirare il panorama dal cielo. Abbiamo raggiunto anche il famoso Burj Khalifa, il grattacielo più alto del Mondo, con oltre ottocento metri d’altezza, alla base del quale si tengono di sera spettacolari giochi d’acqua.

Per arrivarci, dalla metropolitana, si attraversa per chilometri su veloci tapis roulant quello che è probabilmente il più vasto centro commerciale della Terra con centinaia di vetrine di tutte le griffes del lusso, occidentali e non. Soprattutto vestiti, gioielli, centri di cura, ma neppure una sola libreria o edicola. Stessa cosa all’aeroporto. Con mia grande delusione la carta stampata sembra ormai essersi del tutto dissolta, sostituita da smartphone e tablet. Però esistono mappe dettagliate in tutte le stazioni e punti di informazione presidiati con assistenza umana. Inoltre sono spesso presenti i gatti, (tradizionale abitudine islamica, come ad Istanbul), mentre di cani in giro se ne vedono ben pochi.

A proposito di aeroporti, gli scali di Doha e Dubai, che fungono da hub verso gran parte delle destinazioni asiatiche e persino dell’Australia, sono veramente immensi, diverse volte più estesi di Malpensa e, per spostarsi da un terminale all’altro, è necessario prendere un people mover interno (in guisa di funicolare orizzontale a Doha).

Sul volo di ritorno, snobbo i film commerciali che vengono proiettati sullo schermo della poltrona antistante. Preferisco seguire la rotta continuamente aggiornata durante il viaggio. Passiamo sull’Irak, sorvolando le tristemente note località di Falluja e Nassiriya. Ad un certo punto si attraversa un corridoio tra i conflitti del Kurdistan ad est e quelli della Siria e del Libano ad ovest. Sullo schermo della Qatar Airways non compare la parola Israele. Al suo posto si legge “Palestinian Territories”. Poi, dopo aver attraversato la Turchia, ci si affaccia sul Mar Nero non troppo lontani dai campi di battaglia dell’Ucraina.

Visto da qui il Mondo è una polveriera. Speriamo che a nessuno venga in mente di accendere la miccia di un conflitto globale. Ce ne sono già troppi locali che non lasciano presagire nulla di buono per gli anni a venire.

Massimo Ferrari


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