La Chiesa e la raffigurazione della Morte. L’eterna ammonizione… “ricordati che devi morire”. La danza macabra e l’ironia dell’uomo sulla ineluttabilità della morte.
DALLA PAGINA FACEBOOK DI GIUSEPPE TESTA (Finale Ligure) – Siete mai stati al Santuario di Montegrazie, alla chiesa diSan Giorgio ad Albenga ed a San Bernardino sempre ad Albenga? Troverete una splendida serie di affreschi con scheletri, diavoli, corpi smembrati e torturati, persone bollite ed ogni altra violenza fisica. Oppure andate a San Bernardino delle Ossa, a Milano, dove la chiesa è tappezzata di ossa umane. Tutto ciò serviva a rappresentare l’Inferno, a rammentare la Morte, a ricordarsi di vivere bene sapendo di lasciare tutto su questa terra. Era uno stimolo visivo, per il popolano ignorante, di avere una esegesi catechistica molto impattante che fosse da insegnamento alla buona vita cristiana. La Morte faceva parte della vita, la sua immagine (spesso uno scheletro, a volte incappucciata ed armata di falce) era frequente nelle chiese senza che nessuno si scandalizzasse e urlasse alla blasfemia. D’altra parte vicino alla chiesa c’era sempre il camposanto, mentre la chiesa stessa tumulava le tombe dei ricchi, ed aveva tre ossari (per uomini, donne e bambini) più uno per i sacerdoti nel pavimento del presbiterio.
L’insegnamento era che nulla si può contro la morte, l’unica cosa che poteva fare l’Uomo era cercare di sdrammatizzarla e tenerla lontano con gesti e riti apotropaici, e con l’ironia. Cercare di beffarla è sempre stato il sogno dell’Uomo, come canta Branduardi che, in una famosa canzone ripresa dal folk popolare, la “distrae” con la musica. La Morte viene invitata al ballo, gira in tondo e … del tempo non è più padrona.
“Sono io la morte e porto corona. Io son di tutti voi signora e padrona
E così sono crudele, così forte sono e dura che non mi fermeranno le tue mura
Sono io la morte e porto corona. Io son di tutti voi signora e padrona
E davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare e dell’oscura morte al passo andare
Sei l’ospite d’onore del ballo che per te suoniamo, posa la falce e danza tondo a tondo:
In giro di una danza e poi un altro ancora e tu del tempo non sei più signora
Sei l’ospite d’onore del ballo che per te suoniamo, posa la falce e danza tondo a tondo:
In giro di una danza e poi un altro ancora e tu del tempo non sei più signora”
In questa ballata (probabilmente ispirata dall’antico “Ballu tundu” sardo), nell’ultima strofa, sono gli uomini ad invitare la Morte a danzare, cercando in questo modo di far sì che ballando lei si distragga e dimentichi di essere venuta per portarsi via la vita di qualcuno. La ballata di Branduardi si ispira ad un filone pittorico tardo medievale coinvolse di chiese e cimiteri. La rappresentazione della cosiddetta “danza macabra”, rappresenta una danza circolare, mano nella mano, fra uomini e scheletri. Molte chiese ne furono adornate.
In queste rappresentazioni venivano raffigurate diverse persone, delle quali è perfettamente riconoscibile l’appartenenza sociale, mentre danzano intercalati con scheletri che, danzando, li accompagnano verso la tomba. La Danza Macabra non lascia speranza a nessuno in quanto, dal più povero e derelitto, può sfuggire alla morte.
Curiosa la nascita della parola “macabra”, che risalirebbe ad uno dei primi dipinti (anno 1424) con questo tema, fatto in Francia. Chiamato “danza dei Maccabei” (latino Chorea macabæorum), riferita al racconto biblico dei sette fratelli. Il passaggio dal latino al francese generò il termine “Danse Machabré“.
La grande diffusione del tema iconografico, è stata messa in relazione con la peste nera del 1348, che funestò l’Europa e che stravolse le società con lutti improvvisi. In tutta Europa iniziò a diffondersi questo soggetto pittorico che fu poi abbandonato con l’avvento dell’Umanesimo e con la visione positiva dell’esistenza.
E per finire, e restare in tema, vi invito ad ascoltare anche “La Morte”, di Fabrizio de Andrè, in una ballata dove si affronta l’ineluttabilità della morte e viene raffigurata in musica “una danza macabra” sul tema della implacabilità della morte. La stessa sorte colpirà la donna dalle membra stupende, prelati, notabili e conti, straccioni e guerrieri. Ironicamente diverso è l’accettazione della morte e l’abbandono dei beni terreni dei vari personaggi.
La morte verrà all’improvviso
avrà le tue labbra e i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell’ozio, nel sonno, in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno né il tamburo.
Madonna che in limpida fonte
ristori le membra stupende
la morte no ti vedrà in faccia
avrà il tuo seno e le tue braccia.
Prelati, notabili e conti
sull’uscio piangeste ben forte
chi ben condusse sua vita
male sopporterà sua morte.
Straccioni che senza vergogna
portaste il cilicio o la gogna
partirvene non fu fatica
perché la morte vi fu amica.
Guerrieri che in punto di lancia
dal suol d’Oriente alla Francia
di strage menaste gran vanto
e fra i nemici il lutto e il pianto
davanti all’estrema nemica
non serve coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore.
Concludendo: la Morte fa parte della Vita, ma oggi culturalmente la nascondiamo e la teniamo distante. Il cosiddetto “Editto di Saint Cloud” (correttamente: “Décret Impérial sur les Sépultures”), emanato da Napoleone a Saint-Cloud il 12 giugno 1804, stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati e che fossero tutte uguali (si volevano così evitare discriminazioni tra i morti); per i defunti illustri, invece, una commissione di magistrati avrebbe dovuto pronunciarsi se far scolpire sulla tomba un epitaffio. Questo editto aveva quindi due motivazioni alla base: una igienico-sanitaria e l’altra ideologico-politica.
Da allora la Morte è allontanata dai centri abitati: le persone non la incontrano più quotidianamente nei momenti della vita, ma per visitare i defunti ci vuole una intenzione specifica e una motivazione che, piano piano, in molti casi si affievolisce per poi perdersi completamente. La Morte viene nascosta, portata lontano, non diventa più parte del quotidiano, non se ne parla ai bambini e, forse per proteggerli o per incapacità di spiegare ciò che non è spiegabile, si pretende di tutelarli “glissando” un problema, che comunque prima o poi si presenterà e sarà ancora più devastante.