Sto leggendo la bella raccolta di ricordi su Noli curata da Rocco Pinto, “Noli Stories”.
di Massimo Germano
Sto leggendo la bella raccolta di ricordi su Noli curata da Rocco Pinto, “Noli Stories”. Incredibile come le memorie riescono a cogliere la
realtà più profonda delle cose, ci ritroviamo in esse come se ci appartenessero, dalle storie di pesca di Giovanni Toso alle feste patronali di Alberto Peluffo, dal famoso Bar Gino allo storico Albergo Miramare.
Poi c’è quel ricordo particolare che ci cattura, quello che suscita altri ricordi e ci incita a raccontare a nostra volta. Il titolo del capitolo è accattivante: “La mia Val d’Olivi”.
Il bel romanzo di Barrili, “Val d’Olivi“, è ambientato in una Noli abbastanza immaginaria ma deliziosa di fine ottocento, grazie ad Antonio Rovere per avercelo ricordato. Il professor Rovere dal luglio scorso eletto presidente della Filarmonica “Amici dell’Arte” di Nolidopo aver lasciato la presidenza del Lions Club Sportono-Noli-Bergeggi-Vezzi Portio
Oggi il libro di Barrili non è più di gran moda, ma a lui sono legati anche i miei ricordi, anch’io come Antonio Rovere ho la mia “Val d’Olivi”. Da ragazzo ci fu un periodo in cui frequentavo assiduamente una compagnia di amici a Varigotti, gente fine, intellettuale, si discuteva fino a tardi.
Io abitavo a Noli, all’andata pigliavo l’autobus, ma di notte spesso e volentieri me ne dovevo tornare a piedi. Era un po’ scomodo, ma tutto considerato conservo un buon ricordo di quelle camminate solitarie lungo il Malpasso, con sotto il mare e sopra il cielo stellato.
Anni dopo scoprii che la passeggiata notturna al Malpasso era un classico della letteratura ed era stata immortalata molti anni prima dal Barrili nel suo romanzo. La carrozza del giovane Flaviano Delaiti, che ritorna deluso dalla Francia, ha un incidente a notte fonda proprio sul Malpasso. Congeda il conducente, e prosegue a piedi verso Noli, che gli si offre dinanzi all’alba, con il sole che la illumina sorgendo dal mare.
La descrizione del Barrili è toccante: “La vista che gli si parava davanti agli occhi era così stupendamente bella, da non potersi godere correndo, com’egli faceva….. all’apparir della luce il mare si venia chetando ai tiepidi chiarori del mattino. Il notturno brontolone si rabboniva, ridiventava scherzoso, e i suoi negri cavalloni si rappicciolivano in crespe tremolanti , vestite di lucido argento , al primo raggio obliquo del sole…. Tutto era tenerezza in quella prima ora del giorno; la terra cantava al cielo un inno d’amore, nella sua arcana favella di colori e fragranze.”
Bellissimo. Come il Michele del recente libro di Sciacca, “La sola ricchezza che conti“, anche Flaviano troverà a Noli un donna incantevole, Giulia, e tanti altri improbabili ma deliziosi personaggi, un Don Paragorio e un Capitan Lanfranco in perfetto stile manzoniano, tutti immortalati nel 1916 in uno dei primissimi film muti. Quello che tuttavia un ottuso ricercatore come me, abituato all’aridità delle scienze esatte, matematiche e fisiche, dopo tanti anni non riesce ancora a capire, è come abbia potuto il Flaviano impegnare tutta una notte a percorrere sì e no due chilometri, per di più “correndo”. Io ci mettevo molto meno.
Meravigliosi prodigi dell’immaginazione e della fantasia letteraria!
Massimo Germano