Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La mia Liguria. Non si costruisce ‘per il cittadino’ ma per ‘gli interessi di chi costruisce’. E la nuova ferrovia lontana dai centri abitati e meno stazioni?


Quando penso alla “straordinaria incapacità” progettuale, realizzativa, manutentiva che riguarda le infrastrutture liguri dell’oggi non posso far altro che pensare ai “Romani”.

di Paolo Forzano

Una città, un popolo, con una “straordinaria tecnologia” per le cose fondamentali della vita e della nazione: acquedotti, strade, fognature, per non parlare poi dei teatri e delle terme, dei ponti.

Da anni soffriamo per strade e ferrovie non adeguate, non mantenute a dovere, e per un territorio “difficile” ma anche lui abbandonato.

Non esistono più i contadini che curavano questo “magro” territorio, e con la loro opera e quella di animali come pecore e capre tenevano nelle migliori condizioni i terrazzamenti ed i boschi puliti.

Oggi mancando quest’opera l’entroterra è assai abbandonato, ed il risultato si vede quando piove con una certa entità, e l’acqua trasporta a valle rami ed alberi e crea tappi lungo il deflusso acque e danni.

La “cementificazione” del territorio senza un occhio sensibile alla gestione delle acque piovane ha fatto ulteriori danni.

I Romani sono molto famosi per le gradi arene, teatri e strade, ma anche, e specialmente, per la gestione delle acque, in cui furono maestri sia a casa loro che in tutti i territori conquistati.

Vedo tante opere degli ultimi 70 anni fatte veramente male, senza il buon senso del padre di famiglia, senza pensare che costruire male comporta disagi e costose manutenzioni, e che, se si operasse come i Romani per produrre opere con una vita assai lunga, le spese di riparazione e manutenzione potrebbero essere destinate ad altre opere.

Oggi in gran parte dell’Italia abbiamo perso il senso di costruire “bene” ed anche abbiamo perso il senso di costruire “nei tempi corretti”, ed ancor peggio abbiamo perso il senso di costruire opere che “servono”.

Basterebbe citare nel savonese l’Aurelia bis Albisola-Savona, oppure il cosidetto raddoppio della ferrovia Savona Ventimiglia che allontana la ferrovia dai centri abitati e sfoltisce il numero di stazioni in modo insensato. La domanda “a che cosa servirà” sembra non se la siano posti tutti i politici che la appoggiano.

Quindi non si costruisce “per il cittadino” ma soltanto per “gli interessi di chi costruisce“!

I Romani ed il loro “trattamento delle acque“! Affascinante capitolo!

Riprendo da:

https://www.infobuild.it/approfondimenti/roma-aquarum-acquedotti-citta-eterna/

Mi sembra che la grandezza dell’Impero romano si riveli mirabilmente in tre cose: gli acquedotti, le strade, le fognature”. (Dionigi di Alicarnasso)

I Romani hanno disseminato acquedotti in tutta Italia, da Nord a Sud della Penisola, e in buona parte del Mondo, dalla Tunisia alla Spagna, dalla Turchia al Marocco, Francia e Germania.

Tra quelli conservati meglio, oltre agli acquedotti dell’Urbe (sette dei quali confluiscono nel cosiddetto “Parco degli Acquedotti“), ci sono il Pont du Gard (17 a.C.) in Francia (con doppia funzione di ponte e acquedotto) e l’Acquedotto di Segovia (I sec. d.C.) in Spagna, veri e propri monumenti nazionali.

Opere di ingegneria tanto straordinarie da essere considerate superiori da Frontino addirittura alle maestose Piramidi: “La più alta manifestazione della grandezza romana […], una tale profusione di strutture indispensabili che trasportano una tale quantità d’acqua, comparatele, se volete, con le futili piramidi o le inutili, anche se famose, opere dei Greci.”  (Frontino, De aq., 16)

Gli acquedotti dell’Antica Roma: costruzione, lunghezza, portata, altitudine. Frontino, Lanciani (1967) e Aicher (1995)

Gli acquedotti dell’Antica Roma: costruzione, lunghezza, portata, altitudine. Frontino, Lanciani (1967) e Aicher (1995)

In appena 5 secoli, dal 312 a.C. al 226 d.C., sono stati costruiti a Roma 11 acquedotti: un reticolo di oltre 500 km di condotti, arcate e tubazioni conduceva l’acqua nella Città Eterna, prelevandola da sorgenti, fiumi e laghi, posti a decine di chilometri dal centro urbano.

Un sistema imponente che consentì, nel periodo di massimo splendore della città, un flusso pari alla bellezza di 13 metri cubi di acqua al secondo (13.000 l/s).

Ma quando i Romani conquistavano nuovi territori adattavano i luoghi allo stile di vita romano e quindi costruivano immediatamente strade, acquedotti, fognature, arene, terme, teatri.

  • il Pont du Gard (Francia)
  • l’Acquedotto di Valente (Turchia)
  • l’Acquedotto di Segovia (Spagna)
  • l’Acquedotto di Les Ferreres (Spagna)
  • l’Acquedotto dei Miracoli (Spagna)
  • l’Acquedotto di Cesarea (Israele)
Acquedotto Segovia: l’acquedotto romano meglio conservato al mondo oltre 15 km di lunghezza.

I 20.400 blocchi di pietra non sono uniti da alcun materiale né cemento e sono retti in perfetto e solido equilibrio di forze. L’altezza massima della costruzione raggiunge, in Plaza del Azoguejo, i 28,10 m e un totale di 167 archi.

L’acquedotto di Zaghouan, o acquedotto di Cartagine è un acquedotto romano che collegava Cartagine alle sorgenti della regione di Zaghouan (Tunisia).

Nella valle dello Oued Miliane si trovano gli imponenti resti dell’acquedotto più lungo mai costruito dai Romani che portava le acque alla città di Cartagine, lungo un percorso che si snodava per 132 Km.

Per la sua costruzione fu necessario un grande intervento di ingegneria civile che durò parecchi anni.

Antico acquedotto di Haroune vicino alla città archeologica romana di Volubilis, Marocco

Oggi sono rimasti molti acquedotti Romani ancora funzionanti, e molti, pur non funzionando più, sono ancora in piedi nonostante attraversino fiumi!

Ponti romani in piedi, ponti recenti abbattuti dal fiume! Ci sarà un motivo?

Sarebbe assai opportuno che architetti, ingegneri, politici facessero un “bagno” in questa cultura del saper fare, del fare per la gente, ed anche del fare bene, fare opere durevoli e funzionali nel tempo.

Paolo Forzano

 


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P. Forzano

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