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Liguria e Basso Piemonte

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Leonardo da Vinci a Genova


Probabilmente Leonardo da Vinci fu più volte a Genova, come dimostrano i disegni e le annotazioni nel Codice Leicester e nel Codice Atlantico.

di Tiziano Franzi

Certamente egli fu in città al seguito di Ludovico il Moro, signore di Milano e di Genova, il 17 marzo 1498.

In questo periodo della sua vita Leonardo, lasciata Firenze per Milano, si dedicò intensamente anche a progetti di ingegneria militare e, in particolare, alle opere di fortificazione a difesa dei territori di cui il Duca era signore, minacciati dalla possibile discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII, che rivendicava diritti sul ducato di Milano e quindi di Genova. Tale minaccia imponeva al duca Ludovico il More di agire tempestivamente per rendere salde le linee di difesa e le relative costruzioni anche – se non soprattutto- di Genova, porta del Mediterraneo sull’Europa e sbocco al mare Tirreno per Milano.

Scrive in proposito lo storico dell’arte Gerolamo Calvi (!791-1872) che ha pubblicato nel 1909 il “Codice di Leonardo da Vinci della Biblioteca di Lord Leicester in Halkham Hall” :«A me sembra probabile che lo Sforza di valesse tosto o tardi di Leonardo nei preparativi di difesa contro la temuta invasione francese, della quale il pericolo si era già fatto imminente al principio del 1497, allorché i suoi possedimenti si trovarono attaccati in Liguria e minacciati dal lato Alessandria.»

Scrive inoltre Edmondo Solmi (1874-1912), tra i massimi studiosi di Leonardo e dei suoi codici: «Nel giorno 12 del marzo 1498 Lodovico il Moro, in apparenza per diporto, e in realtà per dare disposizioni in ordine alle fortezze e alla difesa dello Stato contro la minaccia di invasione francese, si incamminava alla volta di Genova con tutto il suo seguito e, com’era naturale dato lo scopo del suo viagio, con i suoi ‘geniarii ducales’ [tra i quali, appunto, Leonardo da Vinci]. Aggiungono i cronisti: “Alozò in palazo di San Zorzi, dove sta el doxe, a spese di San Zorzi”. Inoltre il cronista Giustiniani scrive: “L’anno di millequattrocento novanta otto, nel principio, fu grande tempesta e procella marittima, e rovinò una parte della fabbrica del Molo, qual si era fatta l’anno passato, e furono fatti nuovi padri del comune accioché con diligenza si rifacesse quello ch’era rovinato, e si fortificasse il rimanente.

Ora è notevole che Leonardo nelle sue carte rammenti la “ruina fattada una parte del molo di Genova” con un particolare poi così minuto da rendere quasi incredibile che egli non abbia visto coi propri occhi quella ruina nel 1498. […] Mentre gli ingegneri esaminavano la rovina del molo, all’occhio esercitato di Leonardo si presentarono alcuni pezzi di ferro sottilmente trafilati dal colto della gran massa granitica, che si era sprofondata sotto l’impetuoso soffiar della tempesta e sotto le onde dell’acqua marittima nel febbraio 1498. In tempo più tardo, parlando di una sua invenzione per trafilare il ferro, il Vinci (sic!) scriverà, ricordando quell’osservazione: ” Il ferro trafilato da una ruina fatta da una parte del molo di Genova fu trafilato da minor potenzia che questa.” Questo ricordo incidentale del codice Atlantico, con la sua stessa spontaneità e vivezza, ci richiama a cosa effettivamente vista esperimentata dal Vinci, e chi ha pratica del fare di Leonardo non tarderà a riconoscere che qui vien richiamato un fatto specifico e direttamente conosciuto.»

Pagine del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci in esposizione in occasione dio una particolare mostra sull’artista a Hong Kong nel 2019
Il codice Leicheter di Leonardo da Vinci in occasione dell’esposizione agli Uffizi di Firenze nel 2018

Cesare Masi nel suo libro “Leonardo da Vinci tra Genova e l’Oriente” scrive :«Probabilmente i ferri che fuoriuscivano dalle rovine del Molo di Genova erano a forma di doga(cioè a sezione rettangolare); denominati ‘catene’, ed erano questi che fortificavano la pozzolana e la univano alla muratura seguendo una modalità costruttiva già descritta da Vitruvio nel suo Trattato dell’Architettura. Si può immaginare che, parzialmente strappati e allungati,essi avessero resistito ancorati a parte della struttura muraria precipitata in mare. Leonardo se ne ricorderà probabilmente nel disegno datato 1517 ‘Penna e inchiostro su tracce di carboncino, Windsor, Royal Library n. 12.388’. A ben guardare quella città portuale con castello alla sua sommità può essere Genova. La città, dopo il cataclisma, è stata sconquassata, le navi sono affondate nel suo porto, forse una sorta di rivisitazione immaginaria di quel passato febbraio 1498.

Leonardo da Vinci, Windsor, Royal Library n. 12.388, Penna e inchiostro su tracce di carboncino, particolare

Nella pagina leonardiana citata, si legge “E le ruine d’alcuni monti sian discese nella profondità d’alcune valli e faccian argine della rigorgata acqua del suo fiume [Rio S. Anna, il Polcevera, il Bisagno ?] la qual argine già rotta scorra con grandissime onde, sulle quali ler massime percotino e ruinino le mura de3lle città e ville di tal valle. E le ruine degli altri edifizi delle predette città levino gran polvere.”

Tiziano Franzi


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T.Franzi

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