Scandalo Ligresti. Ospitiamo l’intervento al Senato della Repubblica dell’on. Alberto Airola del Movimento 5 Stelle. Nulla da aggiungere. Ci interessa invece seguire i riflessi a Loano, come abbiamo già riportato in un’ultima ora la settimana scorsa (vedi…). Nella città del Pio assessore, caro al nostro Bellamigo, pare nessuno conosca qualche abituale frequentatore della cittadella portuale finito nella lista dei 18 indagati per l’affaire ammanco Fonsai da 600 milioni di euro. Il porto è costato 110 milioni di euro, capitalizzati a bilancio. Sconosciuti commensali di qualche ‘personalità’ loanese che gareggiava in presenzialismo? Nella competenza?
Abbiamo accennato che qualche 007 sarebbe lavoro per capire la ‘decantata‘ munificenza in quel di Loano. Da Torino e Milano arrivano notizie che finora tutti gli inquisiti (arrestati e liberi) hanno tenuto ‘bocca cucita‘ anche se, annotava Il Sole 24 Ore di mercoledì (unico organo di stampa che abbia sempre seguito la sorte della Ligresti family), i legali continuano a ripetere la sinfonia dello ‘spirito collaborativo con gli inquirenti dei loro assistiti’.
In effetti la ‘scena muta’, si fa per dire, arriva da lunga data. Da quando scattarono le prime indagini ai tempi del miliardario Frey, del socio Miramonti, con l’esplosione di clamorosi contrasti, esposti, denunce, entrata in scena, stando agli atti, di un personaggio in odore di ‘ndrangheta. Tutto inutile, abbiamo già scritto. E dall’agosto 1997 la notizia in anteprima del Secolo XIX- Savona: “Loano, il porto a Ligresti. L’ingegnere dichiara a Luciano Corrado. E’ necessario ottenere dal ministero proroghe dei lavori e soprattutto della concessione. Perchè Miramonti esce di scena”.
Loano è assurta a capitale ligure, ‘paradiso del divertimento’, basta sfogliare l’album appuntamenti dei giornali. Neppure Sanremo riesce ad offrire tanto. Non parliamo dell’attività sportiva, delle società, delle associazioni che beneficiano di contributi comunali e provinciali. Loano (in positivo) che si può permettere di annunciare, via locandine davanti alle edicole “Guerra totale a chi non rispetta i limiti della velocità“. Purtroppo i disubbidienti continuano a sfrecciare sopratutto nelle strade appena periferiche, in cui si ribadisce, in ripetizione, un rigoroso ‘giro di vite‘.
Intanto, come documenta questa foto (fornitaci da Rabaglia Junior, attivista locale di Facebook), le moto posteggiano ‘indisturbate’ e impunite in una piazza centrale nell’area riservata rigorosamente ai pedoni. O un’altra foto dove un giovanissimo mendicante rimane imperturbabile all’angolo via Garibaldi-via Stella, di fronte allo storico orologio, con un cartello e la scritta “Per non rubare, ho fame“. Ma quando si accorge che il ficcanaso Rabaglia lo fotografa (vedi foto) col cellulare, riesce ad abbassare repentinamente il cartello. Si alza di scatto e con un accento est europeo minaccia di brutto, a bassa voce. E, a sua volta, tira fuori il cellulare e fotografa l’intruso. Per questa ragione, a garanzia dell’incolumità, abbiamo atteso un mese per pubblicare immagine e notiziola.
Gli è stato fatto osservare che rischiava multa e sequestro. C’è un’ordinanza del Comune contro l’accattonaggio. Ha risposto: “Di chi? fa nome, fa nome….”. Ma non ci sono modernissime telecamere ad assicurare il quieto vivere della laboriosa cittadina? In un punto strategico come la Porta di Passorino?
E che dire di quel cittadino tranquillo che da oltre due anni staziona davanti alla Conad, sulla strada per Verzi, attende l’elemosina e fornisce i servigi alle signore anziane e sole?
E che si dice dell’ottavo furto messo a segno ai danni della scuola materna Simone Stella? Che c’è lo zampino del presidente, ex maresciallo dei carabinieri?
E come è possibile che i quotidiani locali, giornali on line, i vari facebook, tacciano nonostante si sparli di ‘movida della notte in Riviera nel mirino della Procura della Repubblica’ , ignorando che un comitato cittadino, presieduto dall’ex parlamentare, ex vice sindaco, ex assessore provinciale, già difensore civico per due mandati, l’avvocato Stefano Carrara, abbia presentato da quasi un mese una denuncia per disturbo della quiete pubblica, invasione degli spazi pubblici, forse atti contrari alla pubblica decenza in Viale Martiri della Libertà. Si affaccia sul lungomare, ‘trasformata in pisciatoio’.
E ancora: saluti romaneschi, assenza di vigilanza, sovraffollamento di locale pubblico-discoteca. Della vicenda sono stati investiti sindaco, prefetto, questore, procuratore della Repubblica, comando carabinieri (si parla dell’avvio di interrogatori), comando dei vigili del fuoco competente per territorio, il Comitato per l’ordine e la sicurezza provinciale, vigili urbani. Pare che copia sia stata inviata, per conoscenza, ad uno dei contitolari del locale. Indicato come la persona che durante la lunga notte ‘brava’ (fino alle 4,30 del mattino) abbia vantato il diritto al divertimento e promesso, a centinaia di festanti entusiasti e scatenati, un ‘appuntamento’ musicale a breve.
Udite questa. E’ credibile che la stessa equipe di giornalisti e corrispondenti non abbia saputo, neppure un’indiscrezione, una confidenza da verificare senza difficoltà, di uno dei maggiori imprenditori edili – non da l’altro ieri – del savonese, vale a dire Enzo Cappellutto, una vita nell’edilizia e nell’immobiliare in mezza Italia, ponente ligure soprattutto (Diano, immediato retroterra imperiese, Andora, fino alle ultime operazioni in fase di perfezionamento ad Albissola Superiore). Un simpatizzante iscritto al Pdl, con la moglie Franca Cappelluto, dinamica presidente dell’Unione provinciale Albergatori, nonché nel Cda della Carisa, e la figlia Elisabetta presidente uscente dei giovani industriali; l’impresa Cappelluto, dicevamo, ha lasciato a casa, licenziato o dimissionato, per mancanza di lavoro e blocco del mercato edilizio, un centinaio di dipendenti. Mantenendo in forza un paio di persone.
E che alcuni di questi poveri sventurati, sopra i 50 anni, abbia bussato agli uffici comunali e di assessori per chiedere aiuto. Agli assistenti sociali. Non hanno colpa né i Cappellutto – si parla di 150 appartamenti da vendere – , né l’amministrazione comunale e tanto meno i senza lavoro. Enzo, un tempo giovane aitante alla guida di un’ appariscente Miura gialla, come il buonanima di Giuseppe Miino di Borghetto S. Spirito, capomastro diventato costruttore miliardario (lire), tra i volti noti del porto turistico per il suo yacht e le Ferrari.
Fa bene il signor Cappelluto a camminare a capo chino – oltre che per la salute -, dal suo ottimo ‘Loano 2″ agli uffici dell’impresa nel centro storico.
Non ha nulla di cui pentirsi, forse poteva evitare qualche urbanizzazione di troppo, ma non sono gli imprenditori, almeno in Italia, a razionalizzare gli interventi di programmazione sul territorio. Magari ce ne fosse in Riviera, imprenditori della caratura Cappellutto. Non è solo, per fortuna. Sempre a Loano operano e rischiano personaggi alla stregua di Piero De Giovanni (440 posti letto nel più moderno complesso alberghiero della Liguria, Village Ai Pozzi). O Giuseppe e Gabriella Del Balzo, con i figli titolari di un piccolo impero di supermercati (3 a Loano), un albergo e un residence, un terzo in fase progettuale. Prossima apertura di un quarto, grande, supermercato in quel di Albenga-Leca, nonostante abbia cercato di mettersi di traverso un colosso alla pari delle coop rosse.
Chissà perché i cittadini loanesi non meritino di essere informati, per non sentirsi abbandonati dalle istituzioni. Chissà perché un affermato ed apprezzato giornalista di lungo corso, Augusto Rembado, non si senta in dovere di fare il suo onorato mestiere, non solo firmando comunicati altrui e due righe di introduzione ‘manu propria’.
Per carità nessun processo pubblico. Non abbiamo parole, spiegazioni plausibili per come è messa, da tempo, l’informazione in questa città. Dotata di un ‘veterano’ e buon ‘ufficio stampa’ del Comune.
Carlo Picasso
Intervento del cittadino Alberto Airola in Senato
“La storia giudiziaria della famiglia Ligresti è iniziata 20 anni fa con l’arresto di Salvatore Ligresti per corruzione. Il patron ovviamente perse la presidenza del gruppo per “mancanza di requisiti di onorabilità” ma rientrò come “presidente onorario“… Indagini su grandi appalti, accuse di falsificazioni di voci di bilancio, una gestione criminosa di holding, fusioni societarie e speculazioni finanziarie.Ieri mattina li hanno arrestati tutti: padre, tre figli e amministratori delegati di Fonsai. L’accusa di reato è di falso in bilancio aggravato e false comunicazioni di mercato. Sulla scia dei fatti milanesi dell’anno scorso riguardanti la Premafin è partita l’indagine su Fonsai dalle denunce di piccoli azionisti. Il problema principale è questo: c’è un sistema “famiglia” che grazie alla complicità e al coinvolgimento di banche e politici, di finanza e della “cecità” dei controllori Isvap e Consob, riesce a distrarre centinaia e centinaia di milioni, facendo fallire le società che amministra (2 miliardi di perdite ma sempre con buone uscite milionarie per gli amministratori). Anche nell’ultimo tentativo di salvataggio voluto da Mediobanca , tramite una fusione tra “grandi debitori“, Fonsai e Unipol, ci hanno rimesso i risparmiatori, gli azionisti che nel 2011 e nel 2012 non hanno ricevuto dividendi , hanno visto perdere il 90% del valore azionario e hanno dovuto subire un’ulteriore esborso per una ricapitalizzazione; senza contare i lavoratori licenziati, quelli che rischiano il posto e ovviamente i gruppi assicurativi che in passato erano considerati grandi eccellenze italiane di contro per la famiglia Ligresti ci sono stati 77 milioni di buonuscita. Molte società intestate alla famiglia sono coinvolte nei lavori dell’Expo 2015. Pretendiamo un rigoroso controllo e la dovuta trasparenza. Chissà perché, noi non ci fidiamo. I cittadini chiedono giustizia per il danno economico e morale. Qualcuno in borsa ha commentato che è più difficile perdere soldi nelle assicurazioni che farne eppure i Ligresti ci sono riusciti. Dirò di più: Alberto Nagel, il direttore di Mediobanca interrogato dagli inquirenti ha detto che Don Salvatore aveva minacciato di suicidarsi se la banca non avesse tenuto fede alle promesse da lui pretese. Sarebbe stato bello se anche in altre casi le banche avessero avuto tale attenzione per tutti i cittadini, forse in questo modo di imprenditori e di lavoratori se ne sarebbero suicidati molti meno.” Alberto Airola, M5S Senato