Sorrisi e pathos d’uomore. Buon viso e savoir fair. Meno dieci, conto alla rovescia per il prossimo sindaco di Albenga. Senza bookmakers all’inglese, ma con una carica di passione e adrenalina che forse soltanto l’obiettivo di un fotografo professionista può scrutare attraverso immagini testimoni. Loro, Calleri e Tomatis. Medico di famiglia e coltivatore di orchidee. Medicine e profumi. Diagnosi ed esposizioni floricole. Già inquilino in Municipio e esordiente sui banchi del consiglio comunale.
Poi Distilo che si agita, sorride, osserva, scruta, si sente importante, desiderato. Dipenderà davvero dal suo serbatoio elettorale la vittoria per uno dei due aspiranti. Distilo e Calleri che, in tempi diversi, hanno conosciuto il ‘sapore’ della delusione. Il coltivatore – floricoltore, ex presidente Coldiretti, quando si presentò nella lista della compianta zarina sicula – ingauna e non fu eletto. Il giovane geometra, maritato felicemente e papà, in quel di Ceriale, alle ultime consultazione comunali nelle file centro destra spaccata (Fratelli d’Italia). Distilo che veniva descritto inizialmente dondolante tra la lista di Luigi Romano, centro sinistra che poi sarà vincente, e la voce possente, il richiamo suadente di Angiolone Vaccarezza, nella terra del due volte sindaco Ennio Fazio, veterano in Comune e in Coldiretti di cui è stato presidente. Fece notizia e clamore la ‘cena adesione’ pro amico Cangiano. Quel Vaccarezza, ex colonnello di mister Scajola ministro e potente, che riuscì a spaccare il partito cerialese imponente la candidatura di Fazio che risulterà vincente. Lo stesso professionista della politica, sempre in carriera, da giovanissimo consigliere comunale, ad assessore, sindaco, presidente di Provincia con presidenze e vice presidenze varie, a capogruppo in Regione, in predicato per un posto in giunta nel Toti bis, se i leghisti continueranno a correre e far incetta della volontà popolare. Un tempo la Liguria, il savonese, era terra di ‘rossi’ da Botteghe Oscure 4, sede storica di un glorioso e democratico partito, ma anche dei centristi e pontieri democristiani alla Paolo Emilio Taviani, Roberto Lucifredi e persino l’onorevole agricoltore albenganese da terza media Bartolomeo Bolla. Quando nel Seminario Vescovile di Albenga (anni ’50 e primi anni ’60) i 56 seminaristi, dalle medie alla teologia, pregavano affinchè i comunisti non vincessero le elezioni politiche.
Oggi la Lega di Liguria, i suoi maggiorenti, danno man forte ad un Salvini che corre da premier che il mondo dell’intellighentia moderata definisce la copia perfetta di Orban, dittatoriello ungherese che ha spazzato via libertà di stampa ed opposizione, asservito al potere i giudici, con la primogenitura di “Prima l’Ungheria”, “Prima gli ungheresi”, quelli che la democrazia occidentale ha aiutato a sottrarsi ai deposti comunisti ed ai carri armati russi. Con Salvini al potere potremo tutti invocare “Prima Albenga e gli albenganesi” (pensiamo all’invasione dei supermercati, dei commercianti e delle Srl cinesi, a chi invade di prodotti agricoli a prezzi di assoluta concorrenza gli scaffali dei negozi), “Prima Alassio e gli alassini“, “Prima Ceriale e i cerialesi“. E noi umili figli delle Alpi Liguri imperiesi ad invocare “Prima i desolatissimi, ridotti allo stremo, all’abbandono in massa, paesi delle nostre montagne”. Insomma ogni comunità a difendere, con la Lega, i propri confini e i propri interessi. Nei paesi montani a salvare gli ultimi, con gli ultimi brandelli di identità. Dove le terre un tempo coltivate da avi eroi sono abbandonate al 99,9 per cento. E non hanno più voce perchè i votanti sono quasi scomparsi. Ci sono più elettori in un condominio e chi resta vota Lega attratto dal richiamo suadente “Prima gli italiani”. Lassù sui monti le cenerentola moribonde non possono più attendere. Un tragico destino che neppure le tragiche guerre aveva sepolto.
Torniamo a ‘casa Albenga’. Un corteggiamento che potrebbe sortire qualche effetto, con un Distilo vagante e forse a buon mercato (c’è chi l’ha rimproverato di aver svolto il ruolo di sabotatore del centro destra perchè snobbato e finendo a portare acqua al mulino Cangiano & Tomatis). E quale sorte di ciò che resta del ‘popolo grillino ingauno’ ? Dei 780 voti quanti torneranno ai seggi ? Forse la metà, quelli che più hanno il ‘dente avvelenato’ con la Lega di Salvini. Con l’anima a sinistra in netta prevalenza. E tra i 1329 voti della dote Distilo quanti, oltre a recarsi ai seggi, rispetteranno l’endorsement ?
Conviene davvero a Tomatis e Calleri, persone a modo, garbate, riflessive, quasi timide, cercare o tentare un’alleanza alla luce del sole, offrendo manco a dirlo qualcosa in cambio ? Piuttosto che puntare alla forza della loro personalità e preparazione, affidabilità, competenza, lealta. Quale riflesso, in prospettiva, per il gruppo di Forza Italia, nelle alleanze locali, tenendo conto che il presidente della Regione Toti di fatto ha già divorziato da ‘papà e nonno’ Berlusconi con l’obiettivo dichiarato di formare un blocco con Fratelli d’Italia, una grande destra sodale e alleata con la Lega alla Salvini. Il fortissimo e popolare Ciangherotti resterà fedele ai berlusconiani, con i maggiorenti liguri ed il big Vaccarezza ormai in rotta ? Se dopo la morte di Rosy il dentista ‘guerrigliero’ fosse emigrato in Lega oggi sarebbe stato lui il candidato sindaco al ballottaggio.
Eppure quanto sarebbe utile più che in politichese si parlasse e ci si confrontasse solo di problemi della comunità: Quelli, ad esempio, elencati lo scorso numero su trucioli, da Gerry Delfino, istruttiva esperienza da assessore nella giunta di Mauro Zunino, con uno sferzante ‘mosaico’ di realtà quotidiane. Ma anche di eredità per le future generazioni di cui ci si occupa molto poco. Un po come accade nel governo nazionale. Ci si preoccupa del presente, del consenso, e si dimentica di attuare e costruisce scelte per i decenni a venire. In qualche caso persino si pregiudica il futuro (vedi l’Italia prima in Europa e terza nel mondo per l’ammontare del debito, 133 miliardi).
Tra i temi di cui si è letto sui media locali e social non si è ascoltato nulla a proposito dei binari a monte e della stazione ferroviaria a Bastia. Un progetto che i due maggiori schieramenti, con le rispettive forze partitiche, hanno sposato da tempo, che incontra un buon numero di oppositori, anche qualificati, soprattutto per motivi ambientali e stop a distruggere aree agricole. E non solo. Oggi la stazione ferroviaria è un polmone efficace in centro città, domani a 6 km.
E’ rimasto sotto il tappeto o la cenere, se volete, il dramma delle aree agricole che finiscono all’asta del tribunale causa fallimenti ed insolvenze di agricoltori. La genesi e le cause, le colpe. Non è così nelle regioni dove la categoria contadina ha saputo organizzarsi con Consorzi dinamici ed una virtuosa filiera di vendita. Dove le aziende agricole sono state accompagnate e consigliate, con preveggenza da esperti di mercati nazionali ed internazionali, a puntare su questa o quello produzione. Hanno mantenuto e difeso, valorizzato, incrementato i loro settori trainanti. Vedi l’Alto Adige con mele e vitigni. E non si disinformi sostenendo che lassù hanno avuto più contributi pubblici dalla Regione. Si veda, statisticamente, quanto ha speso dalla sua istituzione ad oggi la Regione Liguria, nella voce di bilancio ‘agricoltura’ a cui vanno aggiunti i contributi europei. In Alto Adige, come in Germania, Austria, Svizzera, non si trova un terreno incolto. Per chi vuole tenersi aggiornato provi a fare un viaggio nel raggio di due o tre chilometri da mare e si metta a contare i terreni in stato di abbandono, una desolazione in costante aumento. Aree per secoli produttive e che hanno prodotte ricchezze di cui oggi beneficiano figli, nipoti e pronipoti. Non per nulla Albenga, anni ’80 e ’90, aveva superato Savona nel quoziente sportelli bancari. Non per nulla i primi conti miliardari di Albenga (fonte Benedetto Fassino, quando era corrispondente del Secolo XIX e cassiere al San Paolo, sede di via Genova) erano di cinque famiglie contadine. Poi toccherà ai Noberasco imprenditori, ai Damonte, Morandi, Zunino, Craviotto della Casa di Cura Salus, Testa industria a Leca d’Albenga.
Non si è parlato di quale futuro per la Gallinara che avrebbe già dovuto essere la prima risorsa turistica di Albenga. Serviva un atto di coraggio. Puntare decisi all’acquisto dell’isola, in sintonia e con l’aiuto della Regione. Forse è il caso di ricordare cosa rappresentano le isole di fronte alla Costa Azzurra, quale sia l’indotto, oltre a vere e proprie locomotive del turismo (una media di 10 mila visitatori al giorno). In passato (primi anni ’70) si era già persa l’occasione quando il penultimo proprietario terriero (famiglia Diana) decise di vendere e Albenga (con lo Stato) aveva diritto di prelazione. Oggi la Gallinara, con la sua storica antica, ha la funzione della Bella Addormentata in mezzo al mare. Fa attrazione e ammirazione,bersagliata dagli obiettivi fotografici, è ghiotta a chi pratica le immersioni, ma non contribuisce a produrre sviluppo, né ricchezza, benessere, posti di lavoro. Una natura morta ricchissima nel suo contesto ambientale, tutto da salvaguardare. Una sorgente il cui ‘prodotto’ non viene valorizzato. Lei immortalata e improduttiva. E un po triste. (luciano corrado)
E ENCOURAGEMNENT DI ENNIO FAZIO DOVE E’ FINITO…..