Resta deluso chi naviga su google, o altri motori di ricerca, e digita Ponti di Pornassio. Neppure Wikipedia va oltre la citazione della Cappella di San Bernardo pregio architettonico. Eppure, questa è stata la più antica e fiorente borgata dell’alta valle. Lo testimoniano i resti delle botteghe medioevali, tra il 1200 – 1400. Quando gli abitanti erano oltre 400, con frantoi, mulini, lavorazione del legno, prima risorsa grazie alla presenza dell’Arroscia che attraversa e divide l’abitato. Leggi anche a fondo pagina: Aquila d’Arroscia e Borghetto D’Arroscia verso la fusione dei Comuni, dopo Montaldo e Carpasio. La Regione deve ora indire la data del referendum.
L’abbandono in massa risale agli anni ’60 – 70. Chi ha potuto si è trasferito o ha cambiato lavoro. Attratti dal miraggio di un’occupazione nell’Enel, in Provincia, in Autostrada, Guardia caccia, ferrovieri, poste, ospedali. Un’intera generazione è fuggita alla ricerca di una vita migliore e di un avvenire per i figli. Ma una visita mordi e fuggi all’abitato sul versante Est del torrente rivela una realtà sbalorditiva. La presenza, in gran parte ignorata, sconosciuta ai più, di uno straordinario patrimonio storico architettonico. In parte conservato e racchiuso tra le case in pietra. Con testimonianze sui portali di abitazioni e non solo. Penetrare al loro interno ci riporta indietro di secoli, ai mestieri e alle usanze degli avi. Tra edifici ristrutturati, in parte abbandonati a se stessi, in rovina.
Un borgo che conserva un’immagine ora affascinante, ora desolante che pone l’interrogativo di sempre. La classe politica che ci ha governato negli ultimi decenni, caratterizzati dall’esodo dalla montagna, dall’agricoltura,dalla pastorizia, dai boschi, ha clamorosamente fallito strategie e promesse di valorizzazione ? Non c’entra destra, sinistra o il centro. Parlano i dati di fatto. Da anni i lor signori super stipendiati, raramente esodati, ripetono l’annuncio del rilancio dietro l’angolo, riportare i giovani a lavorare in montagna, in campagna. Elencano le ricette della ‘salute economica’, della valorizzazione. Chi arriva al potere di turno accusa i predecessori di incapacità, di scarsa lungimiranza, di promesse da marinaio.
Ma in attesa del tournover che nulla cambia. I progetti di largo respiro finiscono per rincorrere l’emergenza continua amplificata e sbandierata a suon di passerelle in Tv, su carta stampata e giornali on line, presenze a sagre, feste, expo, tavole rotonde, convegni, pranzi, cene. Gli uni fanno malcelato esibizionismo elettorale, gli altri alla fin fine rimediano spot e pagine pubblicitarie. Utili ai bilanci. Tribuni, cerimonieri, camerieri dimenticano di chiedersi quanti occupati in più ha avuto il paese da un anno all’altro. Da una compassata televisiva all’altra. Una saggia e doverosa rivisitazione di ‘dove siamo arrivati’.
Le risorse statali e regionali (chi ricorda i finanziamenti alle ‘aree depresse’, alle aziende agrituristiche, ai giovani agricoltori) sono state indirizzate a destra e a manca, si è gonfiato di fatto l’urbanesimo sia in termini sociali, sia di dinamica commerciale: Non si è arrestata, né frenata la speculazione immobiliare dove già andava a gonfie vele checche se ne dica di crisi. Basti pensare che in Riviera, un alloggio al mq. costa mediamente quasi il doppio rispetto a Berlino dove vivono 2400 giovani talenti emigrati dalla Liguria. Oltre 12 mila invece quelli che hanno lasciato la terra natia per altri Paesi nei quattro continenti. Alcuni paesi a ridosso della costa si sono sviluppati non per nuove opportunità di lavoro, perché il mercato edilizio, gli affitti, impongono di trovare case lontano dalla fascia del mare.
La bolla immobiliare ha provocato i suoi effetti nefasti soprattutto ai danni dell’entroterra montano, dove lo spopolamento ha raggiunto livelli da desertificazione, con l’80 per cento dell’antico patrimonio abitativo disabitato, spesso abbandonato al degrado. E un assessore imperiese all’urbanistica in Regione, psicologo, psicoterapeuta, specialista in psicologia generale e clinica, libero professionista, viene a raccontare in queste valli che il suo’ progetto casa’ è una sorte di toccasana. Propedeutico al rilancio ed al recupero edilizio.
In Riviera, è vero, ha ripreso a tutto spiano sotto altre spoglie, in montagna parlano i dati statistici sulle concessioni edilizie rilasciate, i vani realizzati. In compenso nei paesi montani se si vuole rifare il tetto occorre munirsi di pazienza, di tecnici capaci e presentare istanze in Regione. Qui non si fanno eccezioni, la legge regionale è uguale per tutti. Occorre che la montagna sia davvero la centralità dello sviluppo di una regione così come si è fatto in Alto Adige anni fa. Sarà utile, come ha fatto il governo Toti, incentivare la presenza delle botteghe di montagna, purchè siano integrate in un progetto che attiri investimenti privati e pubblici, a partire dalla rete stradale vecchia di secoli, altrimenti si prolunga solo l’agonia.
L’entroterra occupa l’80 per cento del territorio ligure, tutti i politici sostengono che ci troviamo in presenza di una risorsa mancata (sempre per colpa di altri), c’è persino chi propone un correttivo alla legge elettorale in modo che il peso (elettorale) non sia in base al numero degli abitanti, ma alla vastità del territorio. L’imperiese ha 900 chilometri di strade, un secolo fa i Comuni erano 200, oggi 67 e la loro riduzione provocò sollevazioni popolari; difficile non pensare che in futuro diminuiranno, vedi il caso positivo di Montaldo e Carpasio. Un Comune unico peserebbe di più, anche se la scelta deve maturare tra i cittadini, non essere colata dall’alto. La fusione delle due entità comunali beneficerà di un contributo statale di 150 mila € l’anno. Ci sarà un’economizzazione dei servizi, meno burocrazia. Un modo per far soprovvivere i piccoli centri ha dichiarato a Rai 3 il primo cittadino di Carpasio. Ora spetta alla Regione indire la data del Referendum. E dire che l’assessore regionale Stefano Mai, leghista ex sindaco di Zuccarello che vuole l’indipendenza e il riconoscimento del Marchesato, si è dichiarato ufficialmente contrario all’Unione dei Comuni (Pornassio 2015) perché ” i sindaci sono quelli che risolvono i problemi della comunità e sono i veri piloti, con i cittadini motori ed io co-pilata”.
L’assessore Marco Scajola, proprio a Pornassio, in occasione della Festa dell’Ormeasco 2015, il 29 agosto, aveva indicato tra le linee guida un piano urbanistico moderno per 120 comuni della Liguria. “Quelli sotto i 2 mila abitanti possono venire in Regione sottoscrivere una convenzione e mettiamo a disposizione i nostri uffici per Puc; il nostro obiettivo da realizzare con urgenza è tutelare l’ambiente e non abbandonarlo. Il Piano casa si propone di riqualificare l’esistente con agevolazioni e modificare ciò che in passato è stato un freno all’edilizia; serve uno strumento per il rilancio vero dell’entroterra, vogliamo finalmente un entroterra vivo, che si trasformi in polmone dell’economia, aiutando prima di tutto chi vive e lavora nelle valli e sui monti. Noi non siamo per ideologizzare anche l’urbanistica”.
Cosa è accaduto un anno e mezzo dopo possono giudicarlo i cittadini. In Riviera il Piano casa significa innalzare palazzi laddove c’erano edifici anche monofamiliari, dove agli ultimi piani i sottotetti sono diventati veri e propri appartamenti, gli incentivi hanno moltiplicato l’offerta di bilocali e trilocali, con ristrutturazioni di grandi alloggi (centri storici) in più appartamenti, la spirale dei frazionamenti di cui non si parla mai. E nel territorio montano come è andata a finire ?
Uno specchio fedele è Ponti di Pornassio. Un borgo dove si può ancora ammirare, caso rarissimo in Liguria, lungo il fiume, un complesso che racchiude il vecchio frantoio delle olive, il mulino del grano, la segheria. L’immobile apparteneva in origine alla famiglia Ramò, vive ancora una figlia pensionata. E’ stato acquistato da Raffaele Ramondo, impresario edile che abita a Pieve di Teco. Ha il merito di aver già messo mano al recupero certosino del locale frantoio. Ha provveduto a realizzare un tetto per riparare quantomeno i locali del mulino e della segheria. Tre simboli di una civiltà che erano il fiore all’occhiello della comunità pornassina e non solo. La speranza è che l’imprenditore pievese abbia la costanza di proseguire nell’opera di valorizzazione. Ma siamo pur sempre di fronte ad un’iniziativa isolata e manco a dirlo è meglio non alzare troppo la voce per non svegliare Belle Arti e dintorni.
Il torrente Arroscia era un formidabile volano economico, dava energia ai frantoi, ai mulini, alle segherie. L’ultima alluvione ha distrutto l’impianto fognario del paese, la condotta che corre sospesa lungo il corso d’acqua è spezzata e riversa i liquami a cielo aperto. Il sindaco Emilio Fossati ha spiegato che quei tubi sono stati una scempiaggine, un errore. Il Comune non ha i soldi per realizzare una nuova fognatura, servono almeno 500 – 600 mila Euro per un impianto degno di questo nome.
Il mese scorso trucioli.it ha dato notizia della sorte toccata all’albergo La Genzianella minacciato da un movimento franoso a monte (lo stabile non è stato lesionato) e la necessità di un periodo di chiusura. L’articolo è stato visualizzato finora da 1460 lettori e 7.788 iscritti a Facebook (vedi…..). Per Roberta (Roby) Moretti, la giovane titolare, figlia di pornassini, non è stato un evento indolore, si è assommato alla crisi latente che da 9 anni perseguita molte aree del Bel Paese. Si aggiunga che il Genzianella costa 10 mila euro l’anno solo di Imu, in caso di chiusura si scende a 5 che è pur sempre una bella somma. Ci sono le spese per il riscaldamento che qui vuole dire termosifoni accesi 9 mesi l’anno. La tassazione non distingue tra strutture ricettive nella città di mare dove è la massa a fare numero e la montagna che se va bene e col bel tempo si lavora nei fine settimana e 20 giorni ad agosto.
A Ponti di Pornassio operano due aziende vitivinicole (Fontanacota di Marina Berta e Gianan di Antonello Destefani), un ristorante bar La Locanda dello Scoiattolo, il Bar tavola calda e fredda Il Parco dell’Ombrellone, un negozio di alimentari con tabacchi, edicola di giornali. Pare superfluo rimarcare che la frazione, nonostante sia attraversata dalla provinciale per Mendatica, Montegrosso, Monesi, non scoppia di salute. Gli anziani sono una quota dominante, nella parte medioevale sono rimaste 11 persone. Se c’è un borgo che meriterebbe un investimento regionale per il suo recupero, in accordo con l’amministrazione comunale, è proprio questo. Una corsa contro il degrado, l’incuria, lo stato di abbandono con tratti transennati a rischio crollo, off limits a tutti. Dall’altra si ha di fronte la realtà di una valle, non l’unica, alle prese con la mostruosa carenza di servizi. Il pullman bisogna andarlo a prendere a Pieve
di Teco. In estate, stagione delle vacanze, c ‘è una corsa di linea al mattino e una al pomeriggio per il capoluogo Imperia. La domenica è tabula rasa. La sanità del distretto di Pieve di Teco si è via via assottigliata, clamoroso il caso della dialisi finanziata dalla giunta Burlando, realizzata e smantellata dalla stessa Asl. Un altro interrogativo chiama in causa i giovani. Morti gli anziani resistenti, per le nuove generazioni non ci sono prospettive di lavoro con qualche rara e ammirevole eccezione. C’è chi punta a cooperative giovanili, i danni dell’alluvione, la ricostruzione può essere un’utile occasione.
Pornassio secondo un funzionario regionale dovrebbe fregiarsi di 16 ettari di vigneto Ormeasco, ma a Ponti, in località ‘ I nu Cian , in un’area un tempo coltivata a vigne è rimasto un mini vigneto. La gente muore di vecchia o va via, fanno bella mostra i ‘cimeli’ di famiglie numerose di cognome Nano. All’ingresso di una delle case ristrutturate da Antonello Destefani, lo stipite della porta reca inciso Raffaele De Nanis e ancora Raffael Hopsus 2 marzo 1169, forse però si tratta di 7, dunque 1769. Spettacolare per il suo fascino maestoso il complesso della famiglia Guglierame che custodisce un frantoio e un mulino. Nel borgo la presenza delle ‘rivendite del sale‘, botteghe, resta nascosta, segreta. Il defunto avvocato Guglierame aveva lo studio legale ad Albenga, con il collega e compianto Filippo Basso. Nella città ingauna abita la novantenne vedova Guglierame. La figlia vive in Belgio, una nipote è in Italia e nel corso degli anni ha realizzato ammirevoli lavori di manutenzione e conservazione. Sono mosche bianche in un panorama di desolazione galoppante.
Luciano Corrado
AQUILA D’ARROSCIA E BORGHETTO D’ARROSCIA VERSO LA FUSIONE DEI COMUNI