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Liguria e Basso Piemonte

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Enrico Bonino, il poeta che diede voce ad Albissola Marina, non per rappresentanza, ma per responsabilità morale


Nel centotreesimo anniversario della nascita di Enrico Bonino (6 dicembre 1922), è naturale rivolgere un pensiero a una figura che ha segnato in modo profondo la vita culturale, civile e poetica di Albissola Marina e, più in generale, della Liguria del secondo Novecento.

di Vincenzo Bolia

Gli anni della giovinezza di Enrico Bonino

Non tutti i poeti riescono a trasformare il luogo natio in una voce che attraversa il tempo. Bonino vi riuscì perché non guardò mai alla sua città come a un semplice scenario, ma come a una comunità viva, a un organismo umano fatto di memorie, gesti quotidiani, lavoro, fede, responsabilità. Albissola Marina fu per lui orizzonte morale prima ancora che poetico: un luogo da ascoltare, da servire, da custodire.

Amministratore pubblico, studioso, uomo delle istituzioni, Bonino fu soprattutto un poeta civile nel senso più alto del termine. La sua vita non conobbe separazioni nette tra impegno e scrittura: la cosa pubblica, la cultura, la parola poetica furono per lui forme diverse di uno stesso servizio. Sindaco di Albissola Marina dal 1968 al 1974, visse il ruolo politico come responsabilità morale, come attenzione al bene comune, come esercizio quotidiano di misura e ascolto.

La sua biografia si intreccia così con la storia di una Liguria che, nel secondo dopoguerra, cerca di rialzarsi e di ritrovare una voce dopo le lacerazioni del conflitto. In quegli anni Albissola diventa un vero laboratorio culturale: la ceramica futurista dei Mazzotti, gli incontri tra poesia e arti visive, i Trebbi Poetici, il Premio Trebbo con Ungaretti, il Pozzo Garitta, le Settimane Svedesi, gli scambi internazionali. Bonino è dentro questo fermento non da spettatore, ma da interprete e promotore.

Enrico Bonino con Salvatore Quasimodo.

Accanto all’attività amministrativa e culturale, si sviluppa una rete di rapporti umani e intellettuali di grande rilievo. Bonino è amico di Angelo Barile, Adriano Grande, Camillo Sbarbaro; intrattiene rapporti con Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Rafael Alberti. Critici come Carlo Betocchi, Carlo Bo, Giorgio Caproni, Giacomo Oreglia, Giovanni Titta Rosa si occupano della sua opera. Le sue poesie entrano in antologie prestigiose, come “Letteratura Italiana Contemporanea” (Lucarini, 1982).

Ma ciò che rende Enrico Bonino una figura ancora oggi attuale non è soltanto il riconoscimento critico o il ruolo pubblico. È la coerenza profonda tra vita e parola. La sua poesia nasce dall’esperienza concreta, dal contatto con le persone, dal senso della storia minuta che attraversa un paese e ne costruisce l’identità. È una poesia che non cerca l’eccezione, ma la verità; non l’enfasi, ma la misura.

Da questo terreno umano e civile prende forma una voce poetica limpida, meditativa, capace di tenere insieme memoria e presente, quotidianità e senso morale. Una voce che ha saputo dare parola a una comunità senza mai sovrapporsi ad essa, facendosi ascolto prima che affermazione.

LA POESIA DI BONINO – TRA VOCE CIVILE E SACRO POPOLARE

La poesia di Enrico Bonino si colloca in una linea limpida e riconoscibile della letteratura ligure del Novecento: una poesia civile nel senso più alto, mai declamatoria, capace di tenere insieme l’osservazione del quotidiano, la memoria collettiva e una profonda dimensione etica. Bonino non indulge nell’ermetismo puro, né nella lirica intimistica fine a sé stessa. La sua parola resta sempre abitata dagli uomini, dai gesti comuni, dal lavoro, dalla fede popolare, dalla responsabilità verso la comunità.

È una poesia che nasce dall’ascolto: ascolto dei luoghi, delle voci, dei riti, della storia minuta che attraversa un paese e ne costituisce l’anima. Il linguaggio è chiaro, meditativo, sorvegliato; l’immagine non cerca l’effetto, ma la verità morale. Anche quando affronta il sacro, Bonino lo fa senza retorica: la religiosità è vissuta come fatto umano e collettivo, mai come astratta trascendenza.

In questo orizzonte si colloca una delle sue poesie più celebri e rappresentative, Cristanti di Liguria, vero poema della devozione popolare e della fatica fisica, dove il rito religioso diventa gesto corale, corpo, sudore, contraddizione.

CRISTANTI DI LIGURIA
(ai Portatori dei caratteristici, preziosi Crocefissi delle Confraternite liguri)

Tra gli ulivi chiariscono gli spruzzi del libeccio.
Moderni arcangeli selvaggi,
dalle ali viola, cremisi, candide.
– I cuori hanno sangue rude
se bestemmiano il diavolo.
Cristo, Ti sollevano sempre più in alto,
tra gonfi nuvoli e ardenti carezze di sole.
I fieri bicipiti, onusti di fatiche,
i “portôei” incedono
con splendore di pene nascoste
nel lamento orgoglioso.
Se li guardano ragazze, danzano lievi nel vento.

Gli “stramûôei”, di slancio,
sollevano muscoli e affanni;
li spezza una lenta violenza
e trafiggono ventri d’acciaio:
una dolce discesa
– lieve l’ironico sagrato:
si leva da un gotto di vino
di rosso sangue; macchia il candido saio
il “nostralino”, benedicente.

Il cencio bianco da giudeo
sul capo raso, violaceo,
fa di un angelo contadino
o di un arcangelo di “caravana”
il simbolo dell’umanità bifronte:
s’inchina a Cristo, devota,
e Gli parla di politica:
se mai possano incontrarsi la Croce
di un Giusto
e il martello o la falce di un mediocre peccatore.

La “banda” intona inni di sollievo,
a sera:
quando le stelle si dispongono a croce
e piove argento fra i casti ulivi
del supplizio:
i “fioroni”, brulicanti di lucenti riverberi,
(da “Il guscio sommerso”, Rebellato Editore, San Donà di Piave, 1992).

L’incontro-udeinza di Enrico Bonino con il Papa Giovanni Paolo II

DAL RITO ALLA MEMORIA- Con Cristanti di Liguria la poesia di Enrico Bonino raggiunge uno dei suoi punti più alti. Il rito religioso, osservato nella sua concretezza fisica e nella sua ambiguità morale, diventa specchio di una comunità intera. I portatori del Crocefisso non sono idealizzati né giudicati: sono uomini reali, attraversati dalla fede, dalla fatica, dal sangue, dalla storia. In questa poesia convivono sacro e terreno, devozione e contraddizione, gesto antico e presente inquieto.

È proprio questa capacità di tenere insieme dimensione collettiva e coscienza individuale a rendere Bonino un poeta ancora attuale. La sua parola non chiude il senso, non offre risposte definitive: apre uno spazio di riflessione, affida al lettore il compito di sostare tra le immagini, di riconoscere in esse una memoria che continua a parlare.

Da questo spazio di ascolto nasce idealmente la Trilogia poetica dedicata a Enrico Bonino, firmata da Zeno V. Bolciani: non come commento critico in senso stretto, ma come gesto di continuità.

TRILOGIA DI ENRICO BONINO

Albisola

Luce sottile
sul mare quieto

si forma un passo
nel vento chiaro

una strada ascolta
voci di ieri

si apre il tempo
nel gesto lieve
che ancora resta.

Il poeta

Sasso che parla
nella mattina

si tiene il lume
tra case antiche

un foglio attende
la voce ferma

si posa il senso
sul tratto umano
come memoria.

La presenza

Si leva un nome
nell’aria breve

terra che vive
tra luce e vie

un filo tace
e porta storia

si tiene il volto
nel mare interno
che mai svanisce. 

Commento critico- La trilogia poetica dedicata a Enrico Bonino, composta dal critico letterario e poeta ligure Zeno V. Bolciani, ricostruisce una presenza attraverso segni essenziali. Albisola apre come spazio natale, dove il mare e il vento diventano respiro della memoria. Il poeta accoglie il gesto silenzioso che guidava la sua parola, tra pietra e luce. La presenza chiude con un’immagine che non cerca definizioni ma permanenza: un nome che si leva nell’aria e diventa filo di storia. I tre testi offrono così un ritratto sobrio e luminoso, affidato alla misura della poesia più che alla spiegazione critica.

UNA VOCE CHE RESTA- Chiudere questo percorso su Enrico Bonino significa tornare al punto da cui tutto nasce: una città, una comunità, una coscienza. La sua poesia non ha cercato il clamore né l’isolamento, ma ha scelto la via più esigente: restare fedele a un luogo e agli uomini che lo abitano. In questo senso Bonino è stato davvero la voce di Albisola, non per rappresentanza, ma per responsabilità morale.

La sua parola continua a parlarci perché non è legata a una stagione, ma a un modo di stare nel mondo. Nei suoi versi convivono misura e partecipazione, silenzio e impegno, memoria e presente. È una poesia che non chiede di essere celebrata, ma ascoltata.

Rileggere oggi Enrico Bonino significa riconoscere il valore di una cultura che nasce dal basso, che cresce nella condivisione e che trova nella poesia una forma alta di servizio civile. Una voce che non si è spenta, ma che continua a risuonare, discreta e necessaria, nel paesaggio umano e morale della Liguria.

Vincenzo Bolia


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