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Lettera 2 / ’Bombe nere’ e sporche di Savona. E se il magistrato Picozzi, autore di due libri, merita (o no) un ‘grazie’


Al blog Trucioli.it. Non voglio indossare i panni di giudicante e non sono al corrente se chi è stato citato nell’articolo del magistrato scrittore Maurizio Picozzi abbiano richiesto precisazioni o meno rispetto a quanto pubblicato nella pagina di Savona e non in quella nazionale (non meritava?) del Secolo XIX. Del resto uno quotidiano cartaceo, on line, a dare un resoconto approfondito o documentato come emerge da libro che Picozzi ha presentato nel corso di un’affollata  commemorazione. Chiamiamola la ‘verità Picozzi’?

Se mi è consentito esprimere la mia opinione che altri media locali hanno rifiutato, ha ragione Maurizio Picozzi a sostenere, nel suo intervento al Palazzo della Provincia nel cinquantunesimo anniversario dello scoppio del 9 novembre 1974, la tesi di una pista neofascista per gli attentati savonesi. E, tutto sommato, Picozzi ha pure titolo per discutere dell’argomento, visto che undici anni dopo i fatti savonesi fu lui a rimettere le mani sull’ “affaire Savona” rimanendo suo malgrado impigliato in un groviglio di neofascisti da paracadute, distinte signore di provincia finite inopinatamente – e da innocenti – in gattabuia e ammiccamenti telefonici tra indagati e istituzioni dello Stato.

Del resto, il giudice savonese che ha presentato domenica il suo secondo volume sull’argomento (“Dodici bombe contro la Resistenza”) nella Sala Mostre dell’amministrazione provinciale, aveva già iniziato a raccontare la storia in un libro di qualche anno fa, e quindi ben prima della riapertura in grande stile da parte di Comune, dell’Isrec, della stessa Provincia e di un gran numero di patrocinatori – di una vicenda che cinquant’anni fa era stata quasi immediatamente dimenticata da tutti.

E, allora come oggi, pur non facendo durante la presentazione i nomi dei protagonisti (peraltro facilmente rintracciabili dalle cronache locali) Picozzi, parlando ad esempio di Tuti e Taviani, sembra indicare almeno una pista sulle cause fondamentali degli scoppi. Resta da vedere allora quanto il titolo dell’opera di Picozzi si attagli a quello che è il logo sostanziale dell’operazione voluta da Isrec, Comune e compagnia e che mette in risalto la reazione dei savonesi agli attentati. La reazione, beninteso, c’è stata eccome, ma altre domande rimangono: se furono i neofascisti savonesi a mettere le bombe, perché lo fecero?

E se invece erano telecomandati da fuori Savona, chi li mandò a seminare ordigni in città e nel circondario? E perché? Sta davvero in piedi la tesi che parla di un tentativo di usare Savona come “test” per pianificare un colpo di Stato in grande stile, tentativo che sarebbe stato sventato dai savonesi con le ronde, le manifestazioni e quant’altro, e che giustifica almeno in parte la tesi della “eroica Savona”? O forse dietro le bombe si staglia l’ombra lunga di Paolo Emilio Taviani, l’allora onnipotente ras democristiano, ministro dell’Interno e a suo tempo fondatore e organizzatore di Gladio, che potrebbe essere stato il vero bersaglio delle stranissime “bombe a tempo” savonesi? È il caso, allora di leggere attentamente il libro di Picozzi e di esaminare le tracce che l’ex pm lascia qui e là anche all’interno del “mainstream” di glorificazione localistica dell’anniversario savonese.

Ma il libro di Picozzi lascia comunque aperti anche altri interrogativi, se vogliamo ancora più inquietanti: quelle sul silenzio delle indagini. Qui Picozzi, da vero signore, ha evitato nella presentazione di fare troppi nomi e cognomi di quelli che a suo tempo furono suoi colleghi o avvocati del foro di Savona. Ma “i fatti sono fatti”: chi non ha autorizzato le intercettazioni al telefono del trasfertista in Toscana con la passione del neofascismo, pesantemente indiziato nelle stesse note dell’Ispettorato Regionale Antiterrorismo (e cioè dall’Ufficio Affari Riservati di Federico Umberto D’Amato nella sua nuova verniciatura)? E chi ha fatto sparire a Savona le carte di Giorgio Vidal, procuratore a Lucca, che in una nota segnalava al suo omologo savonese “di seguito alla telefonata di stamattina” (siamo al 19 dicembre del ’74) di aver trovato “qualcosa di interessante” nelle intercettazioni disposte dalla magistratura lucchese, a proposito del legionario savonese in trasferta? E, soprattutto, perché queste carte, una volta giunte a Savona, sono sparite? E ancora: siamo sicuri che Aldo Mancuso, a metà degli anni Ottanta responsabile del gruppo operativo dei carabinieri di Savona e a suo tempo autore di una stravagante indagine sugli autori degli attentati in città, avesse detto solo stravaganze? O che invece, tra una stravaganza e l’altra, non avesse inframezzato qualche verità sulla “pista toscana”, di Mario Tuti e dei suoi sodali savonesi?

Rispondere a queste domande, beninteso, non è compito di Picozzi, che aveva a suo tempo lungamente indagato ma le cui analisi non erano state  condivise nel decreto del ’91 proposto dal pm Tiziana Parenti e decretato dal giudice Fiorenza Giorgi. Ma qualcun altro, anche oggi, potrebbe e dovrebbe avere ancora qualcosa da dire.

Ringrazio se omettete la firma, non sono interessato ad apparire nella veste di fustigatore che non è il mio stile di vita. Mi considero un osservatore della pagina più buia e misteriosa, dopo gli sciagurati anni di guerra, con morti e distruzione, della storia più o meno recente di Savona. Con due riflessioni. Non mi sono mai spiegato perché nelle cronache e nei dibattiti nazionali delle TV e degli organi di informazione, non vengono mai citate le ‘Bombe di Savona‘ e la prima tangentopoli d’Italia, antecedente a ‘Mani Pulite’ di Milano.

IL SECOLO XIX E’ STATO L’UNICO ORGANO DI INFORMAZIONE, NELLE SUE PAGINE PROVINCIALI, A DARE CONTO  CHE IL MAGISTRATO IN PENSIONE MAURIZIO PICOZZI, NELLA VESTE DI SCRITTORE, HA FATTO PRESENTE, TRA L’ALTRO, CHE “NEL SUO LAVORO D’INCHIESTA SULLE ‘BOMBE  NERE’ DI SAVONA (PASSATE AL VAGLIO DI UNA QUINDICINA DI MAGISTRATI E DI ALTI RAPPRESENTATI DELLE FORZE ARMATE E DEI SERVIZI SEGRETI DI QUEI TEMPI) “HO TRACCIATO UNA STRADA  IN DISCESA PER ARRIVARE AI COLPEVOLI”. ASPETTI ‘FANTASIOSI’ (?)  CHE NE IL QUOTIDIANO PIU’ LETTO IN PROVINCIA DI SAVONA (LA STAMPA), NE’ IL QUOTIDIANO ON LINE PIU’ DIFFUSO TRA I SOCIAL PROVINCIALE (IVG.it) HANNO RITENUTO DI NON DARNE CONTO AI PROPRI LETTORI. IGNORARE. CI SARA’ UNA RAGIONE? LA CRONACA DEI FATTI ACCADUTI E’ DOVERE DI CRONACA DEL GIORNALISTA, PUBBLICISTA O PROFESSIONISTA CHE SIA, NON E’ UN COMMENTO.

 

 

 


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