Il 16 novembre 1944, in località Frasce del Comune di Calice Ligure, 7e partigiani della Divisione Bevilacqua, IV Brigata Cristoni, vengono trucidati da militi fascisti della Controbanda della San Marco, di stanza a Calice Ligure, condotti sul posto da una spia.
di Ezio Marinoni
Ogni anno, nella seconda domenica di luglio, la Sezione ANPI “Carlo Durante” di Orco Feglino organizza una manifestazione di commemorazione delle vittime dell’eccidio fascista. Ho ritrovato la testimonianza immediata e contemporanea di un sacerdote, don Eusebio Pamparino, pubblicata sul sito www.caliceligure.org
«Il 16 Novembre vi fu un nuovo rastrellamento. Ero a Finalborgo a mangiare dai miei parenti. Al ritorno incontrai i San Marco che mi comunicarono che in località “Frascie” di Feglino vi erano dei morti. Nella mattina i fascisti erano saliti a Feglino e avevano trovato i partigiani imboscati sopra il bricco. Riuscirono ad ucciderne 7. Dei morti riconobbi Bruzzone Mario e Quartino Mario. Il giorno dopo scesi a Finale e per mezzo di don Lagasio avvisai i genitori degli uccisi. Questi si interessarono al recupero delle salme: avuta la cassa, presero i loro cari defunti. Gli altri cinque furono seppelliti in una fossa comune. Recuperai i loro corpi un mese dopo, aiutato da una sola persona, un comunista e li seppellii nel cimitero di Feglino.
In questo scontro tra partigiani e fascisti vi era stato un partigiano ferito. Questi era stato trasportato alle “Giarutte” e curato. Quando andai a visitarlo, trovai ad assisterlo un certo Risposi Cesare di Castel S. Giovanni (anni 21). Il giorno dopo andai a Finale e appresi da don Lagasio che un uomo cercava suo figlio, disertore dei San Marco. Il figlio era appunto Risposi Cesare. Il padre se ne era già andato. Il giorno dopo mi recai all’accampamento partigiano e avvisai il Risposi.»
In quel periodo il parroco di Calice Ligure è don Vincenzo Scasso (titolare della parrocchia dal 1 dicembre 1943 al 7 febbraio 1964), che ha contribuito alla storia con suo breve memoriale sempre pubblicato sul medesimo sito.
I sette caduti di Frascie sono:
Albertini Giovanni, di anni 21
Alfio Pietro (Qudripo)
Bruzzone Mario (Carlo), nato a Savona il 6 settembre 1924
Cerruti Paolo, 21 anni
Magnani Primo (Audace), nato a Monte San Pietro (BO) il 28 febbraio1924
Piotti Ivano, nato il 25 febbraio 1924 a Sarezzo (BS)
Quartino Mario (Tino), nato a Finalmarina (SV) il 25 ottobre1923.
Come si forma la “Controbanda” di Calice”? E come si muove sul territorio, per quali motivi?
Dopo l’8 settembre e con il dispiegarsi delle azioni messe in campo dalla Repubblica Sociale Italiana, nell’agonia del fascismo morente, emerge la necessità di affrontare la presenza partigiana con metodi più efficienti e più duri rispetto a quelli tradizionali, quali i semplici pattugliamenti o rastrellamenti. Per tentare di battere il nuovo nemico (i partigiani, chiamati ribelli in pubblico e nella ufficialità della comunicazione), la R.S.I. decide, quindi, di far ricorso all’intelligence, alla segretezza e al depistaggio del nemico prima delle operazioni, non escluso il ricorso a spie reclutate sul territorio.
I fascisti hanno capito che il connubio fra i giovani che si oppongono alla R.S.I. e le popolazioni locali, quasi ovunque, può risultare vincente; questo contesto fa sì che alcuni reparti della Divisione San Marco adottino i metodi tipici di una “controbanda”. All’interno del Reggimento Fanteria Marina San Marco, schierato nell’agosto 1944 nel ponente ligure tra Albenga, Savona e Finale Ligure, viene creato per tale esigenza tattica un reparto ad hoc dal personale delle diverse Compagnie del III Battaglione del Reggimento. Nasce così la “Controbanda di Calice”, con base operativa nella cappella di Santa Libera, ai margini dell’abitato, comandata dal capitano Ivo Cardinali della 13a Compagnia, poi dal tenente di complemento Costante Lunardini, nato a Brescia il 25 ottobre 1919.
Un pregevole studio, effettuato dagli studenti della scuola primaria di Calice Ligure dell’anno 2007/2008, offre il senso di militarizzazione di questa piccola località in altura, dove la “Controbanda” aveva un secondo punto di appoggio. « Villa Guidicelli (sulla mappa) era recintata da una rete e a pochi passi si trovavano una postazione antiaerea e un fortino che faceva da magazzino e che conteneva provviste e armamenti della Divisione San Marco.»
Inoltre, «A Casa Bolla (sulla mappa) c’era l’insediamento tedesco e, sul terrazzo, una postazione militare con una mitragliatrice.»
L’intero testo I luoghi della guerra a Calice è disponibile sul sito dell’ISREC di Savona: https://www.isrecsavona.it/pubblicazioni/quaderni/numero-14/scuola%20calice.pdf
Il periodico Resistenti, pubblicato dall’A.N.P.I. di Savona, nel numero 5 dell’ottobre 2010, ricorda la celebrazione svoltasi nel precedente mese di luglio, sul luogo della strage fascista del 1944.
L’11 luglio 2010 Stefania Recagno, Segretaria della Sezione A.N.P.I. di Orco Feglino intitolata a Carlo Durante, commemora i caduti per la libertà di Frasce.
«16 novembre 1944: questa data fu infausta per questi sette giovani orrendamente trucidati in questa località (…)
(…) sette giovani uniti nella volontà di ribellarsi all’oppressione e, purtroppo, nella tragedia. »
A quella manifestazione partecipa anche Giovanni Andreoni, proveniente da Montevideo, fondatore di una locale sede A.N.P.I., nato ad Albenga il 17 maggio 1923. Già dalla prima ora, nel settembre 1943, entra a far parte della Resistenza, con il nome di battaglia di “Foglia”, nel Distaccamento Rebagliati.
Giovanni Andreoni è uno degli scampati alla strage di Pian dei Corsi, perpetrata sempre dalla Controbanda di Calice il 2 febbraio 1945, sulla quale tornerò in occasione della prossima ricorrenza.
Nel suo racconto in prima persona egli avvalora, se ce ne fosse bisogno in un tempo di revisionismo e letture distorte della storia, la presenza di don Pamparino, altro testimone diretto e già citato, sul territorio in quei tragici fatti storici: sarà quel sacerdote, parroco di Feglino, a raccoglierlo nella neve, soccorrerlo e curarlo.
La testimonianza di Andreoni è preziosa per il tessuto storico che va dal 1936 al 1945.
«A 13 anni entrai a lavorare alla Piaggio (in quel periodo “militarizzata”) in qualità di apprendista il cui salario era un decimo rispetto a quello di un operaio. Il perdurare di questa situazione mi indusse a rivendicare i miei diritti in fatto di retribuzione senza trovare riscontro. Iniziai a prendere coscienza delle ingiustizie sociali e questo fu il mio percorso di avvicinamento all’antifascismo.»
In queste frasi c’è già tutto, il senso di una scelta, il senso della giustizia sociale, capire da quale parte si deve stare, perché non si può essere indifferenti alla vita o alle ingiustizie. Immediata e spontanea è la sua partecipazione agli scioperi del 1943, richiesta di equità e giustizia sociale, antefatto sindacale di una prima e organizzata Resistenza al fascismo. E, quando riceve la chiamata alle armi per la Repubblica Sociale, Andreoni non ha dubbi.
« (…) ricevetti la cartolina – precetto con destinazione Asti.
(…) Dovetti scegliere se rimanere in forza all’esercito e sottostare agli ordini del governo tedesco o arruolarmi nella lotta partigiana, in cui intravedevo principi di uguaglianza e di democrazia.»
Come afferma in tutta onestà (disarmante il verbo “intravedevo”), quel giovane sceglie da che parte stare. In questo spirito il 16 novembre non è solo un ricordo dei caduti di Frasce, ma è un monito che vale per sempre: non abbassare la guardia, mai, in difesa della libertà e della democrazia.
Questi giorni siano occasione per salire fin lassù a porgere un saluto e deferente ossequio alla lapide che ricorda quei caduti.
Mi piace riprendere, in conclusione, una frase pronunciata da Piero Calamandrei a Ivrea, il 4 aprile 1954.
« Amici della Resistenza, occorre resistere ancora, occorre non disperare. Non diciamo che siamo in pochi, non lasciamoci vincere dal fatalismo. Anche Jervis, quando l’8 settembre del ’43 partì per la montagna, era solo e bastò la sua fede a creare un esercito. Uniamoci ancora, noi uomini liberi e pacifici, per scongiurare dal nostro cielo e dai cieli del mondo le condanne a morte che pesano sull’umanità. »
Ezio Marinoni
