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Liguria e Basso Piemonte

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Savona: ‘Dodici bombe contro la Resistenza’. Il nuovo libro di Picozzi rivela il ruolo neofascista di Ordine Nero. Taviani doveva essere ucciso. Si salvò per i funerali della mamma


Nell’estate 2021  “I misteri delle bombe nere”,  romanzo inchiesta di Maurizio Picozzi, preceduto da “Uomini o mantidi?”. Ora, fresco di stampa, ‘Dodici bombe contro’ la Resistenza. Presentazione domenica 9 novembre, ore 10, Palazzo della Provincia, sala Caduti di Nassiriya.

La vicenda delle dodici bombe esplose a Savona e nel savonese tra l’aprile 1974 e il maggio 1975 rappresenta una pagina ancora non del tutto chiarita della storia del terrorismo italiano. Il saggio di Maurizio Picozzi ci aiuta a comprendere meglio le dinamiche, i protagonisti e soprattutto le ragioni profonde di quanto é accaduto in quei drammatici mesi e come esso si inserire nella più ampia e articolata strategia stragista del terrorismo di matrice neofascista. Una prima domanda a cui si deve cercare di dare una risposta può apparire banale, ma è in realtà essenziale senza nulla togliere alla storia e al ruolo economico della città: perché proprio Savona?

Il primo attentato, quello contro l’abitazione del senatore democristiano Franco Varaldo il 30 aprile 1974, porta necessariamente a collegare questo atto intimidatorio con uno dei massimi esponenti della Dc ligure, il deputato e poi senatore Paolo Emilio Taviani.

Taviani (1912-2001), componente del CLN ligure, é stato una figura di primo piano della Democrazia Cristiana del secondo dopoguerra (segretario nazionale dal giugno del 1949 al giugno 1950). Ha ricoperto incarichi ministeriali di grande prestigio, tra cui la guida del ministero dell’Interno in tre distinti periodi (21 febbraio 1962 – 21 giugno 1963, 4 dicembre 1963 – 24 giugno 1978 e 7 luglio 1973 -23 novembre 1974).

Fu nel suo secondo mandato che Taviani, partigiano, antifascista e considerato anche il “padre” di Gladio, si trovò a confrontarsi con l’attivismo terrorista dei gruppi dell’estrema destra, contro cui egli compì un gesto di straordinario rigore istituzionale nonostante i dubbi e le riserve di altri dirigenti democristiani: la messa fuori legge dell’organizzazione neofascista di Ordine Nuovo il 21 novembre 1973, dopo la condanna in primo grado (e non quindi una sentenza passato in giudicato) di una trentina di dirigenti di questo movimento per ricostituzione del Partito nazionale fascista.

Il Pubblico ministero di quel processo era il magistrato romano Vittorio Occorsio che sarebbe stato assassinato dal terrorista nero Pierluigi Concutelli il 10 luglio 1976 con trentadue colpi di mitra. Lo stesso giorno avrebbe dovuto essere ucciso anche Taviani, che si salvò perché era dovuto tornare in Liguria, a Bavari, per il funerale della madre.

A differenza di molti esponenti del suo stesso partito e degli ambienti moderati e filoatlantici, Taviani non credette mai alla teoria degli«opposti estremismi», ma sostenne in più occasioni che la principale minaccia eversiva per la Repubblica proveniva dal terrorismo nero, specializzato in particolare in attentati dinamitardi contro obiettivi civili.

Una coraggiosa difesa della natura antifascista della Costituzione che certamente non poteva essere stata apprezzata dai dirigenti e militanti della destra eversiva, a loro volta legati, come dimostrano le sentenze contro gli autori delle stragi di Piazza Fontana (Milano, 1969) e di Piazza della Loggia (Brescia, 1974), ad ambienti dei servizi segreti italiani e come ha scritto lo stesso Taviani nelle sue memorie «al servizio segreto dell’Esercito [americano]», a loro volta impegnati ad alimentare nell’opinione pubblica un clima di contrastoalla crescita di consensi della sinistra.

«Destabilizzare l’ordine pubblico per stabilizzare l’ordine pubblico» rimane una formula fondamentale per comprendere gli avvenimenti di quegli anni e gli intrecci tra il terrorismo, gli apparati d’intelligence italiani e atlantici.4 Tutto in funzione di combattere il «nemico interno», il comunismo italiano, anche prima dell’irrompere sulla scena pubblica del terrorismo rosso.

Mettendo insieme questi tasselli appare plausibile che il primo attentato dinamitardo a Savona, quello contro un parlamentare vicino a Taviani, per di più nella circoscrizione dove quest’ultimo era eletto alla Camera ininterrottamente dal 1948, abbia rappresentato un chiaro segnale intimidatorio contro il ministro dell’Interno in carica. Non si dimentichi che l’anno precedente, il 17 marzo 1973, in occasione della cerimonia commemorativa, presso la Questura di Milano, del primo anniversario dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, il ministro dell’Interno dell’epoca, Mariano Rumor, sfuggì a un attentato, con la regia degli ordinovisti veneti, che provocò quattro vittime e il ferimento di una cinquantina persone.6

Sarebbe stato proprio Taviani a succedergli al Viminale, sede delministero dell’Interno, pochi mesi dopo, mentre Rumor diventava Presidente del consiglio (8 luglio 1973 – 23 novembre 1974). E la lunga sequenza dei successivi attentati?

La preziosa ricostruzione in chiave storica di Maurizio Picozzi ci consente, dunque, di poter individuare senza alcun dubbio la matrice neofascista delle bombe di Savona, riconducibile a Ordine Nero, che prese il posto del disciolto Ordine Nuovo a partire dalla fine del febbraio 1974, con il fondamentale ruolo operativo del gruppo toscano del Fronte Rivoluzionario Nazionale, costituito dal terrorista Mario Tuti nel 1972.

Il 1974 è stato però anche l’anno del tentativo di golpe promosso dal comandante partigiano monarchico Edgardo Sogno, legato a doppio filo all’intelligence inglese, con l’obiettivo di approdare a una Repubblica «presidenziale e anticomunista» sul modello di quanto realizzato in Francia dal generale De Gaulle.

Sogno, come avrebbe ricordato il generale Nicolò Bozzo, uno dei più stretti collaboratori di Carlo Alberto Dalla Chiesa, sarebbe stato segnalato a Savona «nei giorni antecedenti l’attentato del 25 febbraio».  Il sospetto del generale Dalla Chiesa – più che fondato anche alla luce delle risultanze di questo lavoro – era anche quello di uno stretto legame tra i neofascisti italiani e la Spagna franchista, testimoniata dalla presenza a Savona di Salvatore Francia, già responsabile piemontese di Ordine Nuovo e latitante a Barcellona.

In definitiva, le bombe di Savona non possono essere derubricate sul piano storico a episodi di rilevanza strettamente locale, sebbene non siano da sottovalutare il valore simbolico della forte connotazione antifascista e operaia della città, ma debbono essere inserite in uncontesto nazionale più ampio.

Nella serie di attentati dinamitardi savonesi su cui la magistratura non è riuscita a fare piena luce e che, non dimentichiamolo, costarono la vita ad una donna innocente, infatti, ritroviamo molti degli ingredienti dell’azione destabilizzante e criminale della destra neofascista eversiva negli anni sessanta e settanta.

Savona, suo malgrado, fu dunque un laboratorio in cui si consumò un attacco diretto contro la Repubblica antifascista da parte del terrorismo neofascista e nel contempo della straordinaria mobilitazione popolare a difesa delle conquiste di civiltà e democrazia scritte nella nostra Costituzione.

Non solo il caso Guerinoni (la “mantide” di Cairo che uccise l’amante Cesare Brin). Il giudice Picozzi, romano, specializzatosi in Diritto penale e Criminologia all’Università La Sapienza, si occupò anche delle bombe di Savona durante gli anni di piombo andando ad indagare in Spagna e Portogallo, rifugio di terroristi «neri». E collaborò con Scotland Yard, dopo aver ottenuto la fiducia del ladro gentiluomo Renato Rinino (l’Arsenio Lupin savonese), per recuperare e restituire la refurtiva, i gioielli rubati al principe del Galles Carlo, figlio della regina Elisabetta e nascosti a casa sua, in piazzale Moroni. Il giudice Picozzi dal primo marzo 2018 è in pensione. La toga però non l’ha appesa al chiodo, ha continuato nella vesta di scrittore. Un libro ha raccontato le tappe principali della sua vita in magistratura. E ancora ‘investigatore’ su fascicoli giudiziari negli archivi dei Tribunali. Un ruolo pure da presidente della commissione tributaria provinciale a Genova.

Il dott. Picozzi iniziò come pretore a Cairo, poi a Chiavari. Giudice istruttore a Savona. Dove fu anche procuratore capo in pretura. Poi le tappe come procuratore ad Acqui, Mondovì e Cuneo. Prima del ritorno a Savona.

2/Associazione Culturale “R. Aiolfi”-no profit

Mostra d’arte contemporanea: In principio era la creta…  dal  18 – 26 ottobre 2025. Salone ingresso di Palazzo Valdettaro, piazza della Chiesa, Légino-Savona

Organizzatori: Associazione “Aiolfi”, Savona col patrocinio dell’Istituto religioso PSMC, di “Signori Arte”- Savona, con la partecipazione dell’Aias Savona  Centro Semiresidenziale “La Primula”. Curatore: Dr.a Silvia Bottaro, presidente Associazione “Aiolfi” no profit, Savona e  critico d’arte. Apertura da giovedì a domenica ore 16-18; ingresso libero.

Espongono gli artisti: Maria Paola Amoretti, Paolo Anselmo, Walter Boj, Carlos Carlè, Umberto Castrocane, Angela Tatina Ferrero, Alessandro Fieschi, Gian Genta, Grazia Genta, Umberto Ghersi,  Luana Lenzi, Rosy Maccaronio, Cristina Mantisi, Giorgio Moiso, Mario Porcù, Mariella Relini, Laura Romano, Antonio Sabatelli, Eliseo Salino, Luciana Scarone, Maria Rosa Scerbo, Chiara Vallarino, Francesco Vichi, Lilia Viriglio, con la partecipazione straordinaria dell’Aias Savona Centro Semiresidenziale “La Primula”

Il Quartiere di Légino a Savona è ricco di storia legata, anche, alle vicende del Beato Ottaviano ( + Savona, 1128), Vescovo di Savona ed ai suoi miracoli per la popolazione savonese priva di cibo, sfamata con il “miracolo della Braia di Légino”. Si ricorda che le sue spoglie, conservate nella teca, collocata nell’antica Cattedrale savonese sita nel Priamar, vennero spostate nel 1605 nell’attuale cattedrale, dove si trovano ancora oggi. Le spoglie vennero portate in processione per le vie della città nel 1657 quando Savona era stata colpita da un’epidemia di peste e nel 1835 per ringraziare il vescovo, intanto beatificato, della scampata epidemia di colera. A Légino ha abitato il poeta Gabriello Chiabrera (Savona, 1552 – ivi, 1638). Trascorse la vecchiaia prevalentemente nella villa del borgo rurale savonese di Légino, il Musarum opibus, dove erano le sue ville.. Con tale scenario storico, ecco che l’Associazione “Aiolfi” ha voluto “accendere l’interesse” sulla piazza di Légino, dove si trova la chiesa parrocchiale (con origine negli anni 1178 e 1180) dedicata a S. Ambrogio, con il superbo gruppo ligneo “S. Ambrogio che scaccia Teodosio dal tempio” di A. M. Maragliano, fino all’”Assunzione di Maria” attribuita a Perin del Vaga e all’affresco del Coghetti con la “Gloria di S. Ambrogio”: luogo da visitare per incontrare questi capolavori.  A pochi metri, nel bel Palazzo della Marchesina Valdettaro, le ex Suore, note a Savona, come le Suore del Nido delle Rondini della Certosa di Loreto, oggi Religiose dell’Istituto di Don Orione, aprono le porte dell’antico atrio per ospitare una piccola, ma importante mostra di arte ceramica contemporanea. La Terra , materia povera e così legata al nostro Territorio, diventa l’occasione per l’inclusività di alcuni disabili (grazie alla presenza dei lavori degli Ospiti dell’Aias di Savona e del Centro Semiresidenziale “la Primula”), a quelli moderni di molti artisti ceramisti associati “Aiolfi” che ringraziamo. Nonchè un’ ampia mostra di ceramiche di importanti Maestri (da Salino a Carlos Carè, da Porcù a Ghersi, da Antonio Sabatelli a Giorgio Moiso, ecc.). Visitare questa Mostra, sarà l’occasione, quindi, per conoscere meglio la tecnica ceramica e la sua espressività, ricordando che nell’esposizione si possono vedere, anche,  le importanti opere del Maestro Andrea Giannasso, lì collocate, oltre a scoprire, o riscoprire, il borgo di Légino.  (Silvia Bottaro)

Illustrazione della locandina: Renato Podestà, Rose di macchia in vaso cinese, 1999, olio su cartone, c. 40×48,5, coll. priv., Savona


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