Sabato 27 Settembre 2025, alle 17, nella sede dell’Associazione “Pietra Libera” a Pietra Ligure, si terrà un incontro pubblico sullo spostamento a monte e raddoppio della linea ferroviaria.
di Mario Carrara*
Ma è un incontro pubblico particolare, perché è la prima volta che si riuniscono in modo organico, tutte le voci critiche nei confronti del progetto di trasferimento a monte e raddoppio della linea ferroviaria.
Perché proprio a Pietra Ligure? Perché è la città il cui Consiglio comunale, quindi, “un’istituzione“, ha votato all’unanimità
una mozione consiliare presentata dall’opposizione della Lista Indipendente per Pietra e votata, quindi, responsabilmente, anche dalla maggioranza della lista di De Vincenzi, in cui si chiede di spostare ancor più a monte il tracciato della linea ferroviaria e, conseguentemente, rinunciare alla prevista stazione. La rinuncia alla stazione, che a prima vista parrebbe incomprensibile, nasce, però, dalla consapevolezza di ciò che aspetterebbe gli utenti se la struttura della cosiddetta “stazione” (in realta semplice fermata a due binari), venisse confermata e realizzata.
Quasi nessun treno si fermerebbe a Pietra Ligure, se non poche coppie di treni in un senso e nell’altro, al mattino presto, nella fascia di mezzogiorno ed, infine, in quella serale. Basta. Un po’ quello che sta succedendo, ormai, da anni per le stazioni di Quiliano-Vado, Borgio Verezzi e Borghetto S.Spirito che sono quasi cancellate dagli orari ferroviari. E questa è la sorte che spetterebbe anche a Pietra Ligure, che NON avrebbe più una “stazione” nel vero senso della parola, bensì solo una “fermata“.
È chiaro che per una nuova linea progettata principalmente per far viaggiare i treni sulle lunghe distanze ed in velocità, non sarebbe concepibile farla percorrere da treni locali lenti che, facendo ogni fermata, rallenterebbero o bloccherebbero la corsa di quelli veloci che fossero dietro, impediti a superare quelli davanti, fermi in sosta in stazione.
È con la consapevolezza di questa realtà, cioè della previsione della costruzione di una “fermata” che non servirebbe quasi a niente in termini di miglioramento diretto dei collegamenti e della mobilità di Pietra Ligure, che, facendo un’analisi realistica dei costi e benefici, si è constatato che i primi supererebbero di gran lunga i secondi. Questo, in relazione al fatto che, per realizzare un’infrastruttura che servirebbe a ben poco, si dovrebbe sacrificare gran parte dell’ultima porzione della pianura di Pietra Ligure salvata ed ancora integra rispetto all’avanzata dell’inarrestabile espansione edilizia, ma, soprattutto, per quello che, probabilmente, è celato da secoli nel suo sottosuolo. Infatti, già lo si immaginava, ma è stato dagli imponenti scavi per la posa del metanodotto, alcuni anni fa, che sono emersi tali e tanti ritrovamenti di reperti e di vestigia archeologiche di epoca romana, da far pensare che proprio in quel luogo, alla confluenza dei due torrenti Scalincio e Maremola, sorgesse una stazione di posta romana e, forse, chissà, la mitica “Pollupice“, per il cui ritrovamento si arrovellarono invano gli archeologi e gli storici nei secoli passati. Senz’altro, se si dovessero costruire le imponenti strutture della linea ferroviaria e della fermata, tutte su impalcato, con gli ovvi, altrettanto imponenti, relativi scavi per le fondazioni, tutto il patrimonio storico-archeologico, forse sepolto lì da 2000 anni, verrebbe distrutto e perso per sempre. E non è, ovviamente, pensabile che se, nel corso dei lavori di escavazione, si trovassero reperti importanti, si potrebbe, a quel punto dei lavori, “deviare” o “allargare” il raggio di curvatura dell’intera nuova linea, per aggirarli o risparmiarli perché, in ogni caso, a quel punto dei lavori, dovrebbe essere seguito il percorso del progetto originario che non si potrebbe più cambiare.
È per questo che i rilievi, le controdeduzioni, le opposizioni bisogna farli adesso. Prima che l’iter del progetto sia concluso e definito.
Ma le criticità non riguardano solo la particolare situazione di Pietra Ligure. Infatti, esse interessano anche le imponenti implicazioni che il trasferimento a monte della linea ferroviaria porrebbe nell’intera pianura albenganese che verrebbe stravolta sotto il profilo agricolo, del lavoro, dell’assetto del territorio, della proprietà privata e dell’economia.
Non ultimo, certamente, il problema “logistico” dell’eccessivo spostamento e decentramento della nuova stazione (quella, sì: “stazione” a tutti gli effetti), posta nei pressi della frazione di Bastia. Una scelta contestata da molti perché confermerebbe quelle già compiute nella tratta più a Ponente, come, ad esempio, quella della nuova stazione di Andora, che tanti considerano una cattedrale nel deserto, lontana dal centro edificato.
La stazione di Albenga, alla quale si fermerà ogni tipo di treno, sarà davvero usufruibile in modo soddisfacente dall’utenza, essendo così distante?
Considerato che la creazione di servizi “navetta” fatti da TPL con i centri urbani di TUTTE le stazioni spostate, specie nelle ore notturne, parrebbe una cosa più velleitaria, se non piuttosto utopistica, che reale o realistica.
Non succederà quello che molti paventano, cioè che chi deve viaggiare, viste le distanze delle nuove stazioni, abbandoni l’idea del treno come mezzo di spostamento, arrendendosi alla eventualità di servirsi dell’automobile ed intasando ancor più le già critiche condizioni dell’autostrada (per la quale, pure, non si vedono nuove alternative o progettualità su percorsi nuovi)?
È per questo che vengono sostenute ed avanzano ipotesi alternative per il mantenimento delle stazioni nella loro sede attuale in superficie, con ipotesi di interramento totale o parziale dell’intera tratta tra Finale ed Andora. Sono ipotesi realistiche e percorribili? Potrebbero esserlo senz’altro sotto il profilo finanziario, se venisse raddoppiata la linea nella sua sede attuale, a fronte dei diversi miliardi di euro che, invece, occorrerebbero per spostare e raddoppiare tutto a monte, come l’attuale progetto prevede.
Il “non spostamento” ed il mantenimento della linea nell’attuale sede è quanto sostiene il relatore principale della serata, l’ing. Paolo Forzano, considerato un vero tecnico dei trasporti e della logistica,
che da tempo va ammonendo sulle conseguenze definite, sostanzialmente, rovinose e devastanti del trasferimento delle infrastrutture ferroviarie in luoghi distanti dai centri abitati, in quanto la mobilità ferroviaria per l’utenza diverrebbe così poco attrattiva e conveniente da provocare un vero tracollo della domanda. Egli continua ad esporre le sue analisi tecniche sulla base dell’esperienza concreta fatta con il paragone tra i risultati della tratta già trasferita a monte nell’estremo Ponente Ligure, dove le stazioni traslocate in mezzo alle campagne, come Arma di Taggia, o poste sottoterra a centinaia di metri dall’uscita, come Sanremo, non incoraggiano ed invogliano certo la gente a servirsi del treno; anche proprio, tra l’altro, per gli scarsi od insufficienti servizi di collegamenti di linea automobilistici con i centri urbani, specie nelle ore notturne.
Il paragone si fa impietoso ed eclatante con l’altra parte della Liguria, il Levante, da Genova a La Spezia, dove la linea ferroviaria è raddoppiata, ma non è stata eliminata nessuna stazione esistente, anche le più piccole, consentendo il mantenimento di un servizio ottimale sia per i collegamenti a lunga distanza e percorrenza, con tanti treni disponibili, sia per quello locale, che, con stazioni ubicate nelle prossimità dei centri urbani, consente di espletare un servizio di tipo “metropolitano“.
Ebbene, tutte queste posizioni si potranno confrontare tra loro. Sono posizioni diversificate ed anche alternative, tuttavia, accomunate dall’avversità nei confronti dello spostamento a monte della linea ferroviaria, così com’è concepito dal progetto attuale, per le conseguenze dannose che potranno ricadere sugli utenti e sull’intero Ponente della Liguria.
Mario Carrara, consigliere comunale di opposizione