Sono stato in Armenia: volevo conoscere un luogo lontano carico di storia, volevo conoscere – per quanto possibile – un popolo che mi ha affascinato. Sono tornato carico di emozioni, di incontri, di immagini di luoghi antichi, di una realtà mite. L’Armenia che ha subito un genocidio dimenticato dai più e che resiste come può.


Negli ultimi anni abbiamo imparato questa parola: Nagorno-Karabakh. Ma è solo stando lì che ho capito tra chi fosse conteso questo territorio, come è andata e soprattutto come è finita. Gli Armeni, non dotati probabilmente di un potente esercito e soprattutto con pochi “santi in paradiso”, hanno dovuto lasciare quel territorio all’Azerbaijan (una dittatura bella e buona), e più di 100mila armeni hanno dovuto lasciare le loro case e rifugiarsi in Armenia. Qualcuno nel mondo ha battuto ciglio per quello che è successo? No.
Quell’Azerbaijan dove, a Baku, da tutto il mondo sono andati per la COOP 29 per poi scoprire (ma davvero a posteriori?) che i padroni di casa sono grandi produttori di fonti inquinanti di energia e il Paese è stato governato per decenni da un uomo che poi ha lasciato l’incarico al figlio. L’opposizione è silenziata.
Così l’Armenia si trova schiacciata tra Turchia ed Azerbaijan, storiche alleate, che se la papperebbero in un boccone e chissà che prima o poi non lo facciano.
Anche gli Armeni sopravvivono solo grazie ad un’enorme diaspora sparsa nel mondo, ma legata a quel fazzoletto di terra, quello che è rimasto di un territorio che era ben più vasto.
E poi c’è la storia: il genocidio degli armeni è troppo poco conosciuto. Si parla di tre milioni di morti tra il 1915 e il1923, in seguito alla decisione del governo ottomano di far piazza pulita di questi mercanti e artigiani, accusati di essere in combutta con i russi. Vennero uccisi o deportati, a piedi, in condizioni tali da lasciare una scia di morti lungo quelle centinaia di chilometri: uomini, donne, anziani, bambini.
Il governo turco in questi 100 anni non ha mai ammesso le sue responsabilità, e nessuno in Europa le ha pretese nè le pretende. Gli Armeni vennero lasciati soli, e in fondo lo sono ancora.
Tornando all’oggi, ho visitato il museo di Erevan sul genocidio armeno: impressionante. Ma ciò che mi ha colpito solo le brevi sintesi di vari genocidi compiuti nella storia che vi sono alla fine: Americhe, Germania, Ruanda, Cambogia e Namibia compresi. Ovvero, dicono: il “nostro genocidio” non è stato l’unico. Nella storia ve ne sono stati diversi.
Ho conosciuto tra gli altri una famiglia armena, sono stato a casa loro. Ad un certo punto è uscita da una stanza la nonna, di oltre 90 anni, con in mano una preziosa scatolina: mi ha subito mostrato con orgoglio la medaglia ricevuta per essere sopravvissuta all’assedio di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale. Lei e migliaia di altri bambini vennero messi al sicuro, andò in Armenia e lì è rimasta tutta la vita. Una volta dagli assedi c’era una via d’uscita, e i bambini venivano messi in salvo. Ci dice qualcosa oggi?
Infine, in Armenia ho conosciuto un popolo mite, nella capitale c’è una grande energia e una spinta in avanti, malgrado un paio di anni fa abbiano perso una guerra e abbiano dovuto accogliere (loro che sono 3 milioni) oltre 100mila profughi armeni. Ma in tutti questi anni, abbiamo mai detto “Con quello che hanno subito gli Armeni…” “Si stanno difendendo e dobbiamo aiutarli!”?
Non lo abbiamo mai detto, e in questi 100 anni non sono stati certo trattati bene. Eppure credo di non aver mai respirato un’aria più pacifica come a Gyumri, la seconda città armena. Nessuno nel mondo ha realizzato musei sulla loro storia, ben pochi la leggono sui libri o la ricordano nella Giornata della Memoria.
Sono il popolo che aderì, primo al mondo, al cristianesimo. Si sono mai sognati di fare uno stato “confessionale”?
Un amico armeno, gran conoscitore della lingua e della cultura italiana, sogna di venire in Italia a visitarla, un giorno, perché non c’è mai stato: ai cittadini armeni è praticamente impossibile avere il visto. Come mai non abbiamo il minimo scrupolo di coscienza verso questo popolo?
Si sono mai sognati gli Armeni di “farsi spazio” intorno (persero gran parte del loro territorio storico e più di 5 milioni di Armeni vivono fuori dal Paese) a suon di bombardamenti?
No. Punto.
Chi ha subito un genocidio, dovrebbe sapere cosa significhi e si dovrebbe solo augurare che non succeda mai più nel mondo.
Andrea De Lotto
Nato nel 1965, milanese, maestro elementare, psicomotricista, da tanti anni attivista: durante la Pantera, nel coordinamento genitori nidi e materne di Milano “Chiedo Asilo”, contro le guerre; è stato maestro popolare in El Salvador nel 1992, alla fine della lunga guerra civile. Ha vissuto con la sua famiglia 2 anni a San Paolo (Brasile) e 10 a Barcellona dove ha partecipato a numerose lotte. Nel 2010 ha contribuito a organizzare “Lo sbarco”, la nave dei diritti da Barcellona a Genova. Dal 2013 ha seguito ovunque la lotta di liberazione di Leonard Peltier, nativo dell’American Indian Movement, ingiustamente in carcere negli USA dal 1976 fino al 2025, quando, ad 80 anni, ha potuto finalmente tornare a casa. Vive e lavora a Milano insegnando, in una scuola statale, italiano agli immigrati.