Anche quest’anno ho trascorso qualche settimana in Sardegna: un periodo sempre piacevole, tenuto conto della bellezza dell’isola, pur minacciata dai cambiamenti climatici.
di Massimo Ferrari

I primi giorni di luglio, infatti, sono stati caratterizzati da una calura davvero insopportabile. Ma non è di questo che vorrei parlare. In oltre mezzo secolo di viaggi – ne ho contati più di sessanta, due terzi dei quali in nave – ho potuto assistere ad una certa evoluzione, non sempre positiva, degli spostamenti.
I traghetti, che erano basilari alla fine degli anni Settanta (ricordo anche la prima traversata da bambino, nel lontano 1968, in cui le auto venivano ancora imbragate e caricate a bordo con un argano) hanno conosciuto notevoli migliorie fino al prima decade del Duemila. Poi è iniziato un lento declino, che adesso diventa tangibile. Le navi Moby o Tirrenia, che mantengono loghi diversi, ma sono tutte gestite dall’armatore Onorato, cominciano a denunciare un certo invecchiamento.
Alcuni servizi sono scomparsi; altri, come le piscine, sono quasi sempre inagibili. L’ambizione di trasformare le traversate in una mini crociera sono tramontate. Non così i prezzi, ancora accessibili in luglio o settembre, decisamente proibitivi in agosto. Sempre più clienti optano per l’aereo, e, per riempire i traghetti, si deve ricorrere a scali intermedi. Per esempio il ritorno Porto Torres – Genova del 23 luglio ha caricato veicoli anche ad Ajaccio, allungando la traversata oltre le 12 ore. Ormai sono un ricordo lontano i tempi dell’alta velocità sul mare. Basti pensare come ancora nell’estate del 2005 era possibile effettuare il percorso diurno da Genova a Palau in sole 5 ore. L’alto costo dei carburanti e la spietata concorrenza dei voli low cost hanno evidentemente affossato queste velleità.
Nel corso degli anni ho variato più volte gli itinerari, partendo o arrivando anche da Savona Porto Vado, Piombino, Civitavecchia, Nizza e persino da Tolone, senza contare i percorsi attraverso la Corsica, in genere più costosi, ma anche piacevoli per la bellezza del paesaggio. In linea di massima, però, con l’auto al seguito, preferisco l’imbarco a Livorno: più lontano da Milano, ma più comodo rispetto al porto di Genova. La città della Lanterna è dotata di un buon Terminal traghetti, abbastanza comodo per chi ci arriva in treno, mentre le banchine sono faticosamente accessibili per il traffico motorizzato. Quest’anno quasi mezz’ora di coda per imbarcarsi ed altrettanto al momento dello sbarco, complice il traffico caotico. E non sono ancora arrivate le punte stagionali.
Come si è detto, è cresciuto notevolmente il numero dei voli che portano nell’isola un sempre maggior numero di turisti non solo da quasi tutte le città italiane, ma anche da numerosi centri europei. Negli ultimi anni capita di ascoltare nel centro di Alghero e sulle spiagge sempre più spesso ostici idiomi dell’Est Europa. Forse sono un poco diminuiti, ma non scomparsi, i russi, dopo l’inizio della guerra, Ma si incontrano anche ucraini, polacchi e slovacchi. In effetti ci sono voli in arrivo da Cracovia e Bratislava. E, mentre un tempo i cittadini sardi si muovevano poco verso il continente, se non per ragioni di lavoro, oggi molti giovani scelgono vacanze nel Nord Europa.
Ciò comporta un ruolo più importante degli aeroporti, non frequentati solo dai vip della Costa Smeralda, ma da persone di tutte le classi sociali. E questo determina una maggiore difficoltà ad accedere agli scali. Fino a non molti anni addietro si poteva raggiungere in auto Fertilia in pochi minuti da Alghero, parcheggiare davanti all’aerostazione ed accompagnare il parente o l’amico fino al gate. Oggi bisogna raggiungere un parcheggio più decentrato, dove non sempre si trovano posti liberi, mentre anche i bus sono stati allontanati dall’ingresso. Non è un caso se anche per lo scalo della Riviera del Corallo si discute in merito alla realizzazione di un raccordo su ferro – sembra prevalere la discutibile scelta del treno ad idrogeno, rispetto alla più duttile soluzione del tram-treno – che servirebbe anche la città di Sassari. Del resto la stazione ferroviaria all’aeroporto di Cagliari Elmas, attiva ormai da dodici anni, sta riscuotendo un grande successo ed anche ad Olbia è in fase di realizzazione un breve raccordo su rotaia. Dunque è divenuto sempre più diffuso scendere in Sardegna senza auto al seguito, anche se, per converso, sono diventati più scomodi i trasbordi dai traghetti ai treni, specie dopo il taglio del binario che da Olbia conduceva al molo dell’Isola Bianca.
Continua, però, a circolare il luogo comune – che certamente ha un fondo di verità – secondo il quale è impossibile spostarsi in Sardegna senza un mezzo proprio. Nel corso degli anni ho cercato di sfatarlo, effettuando numerosi viaggi nell’isola a bordo di treni e bus. Ma devo riconoscere che le imprese di trasporto non fanno granché per adeguare l’offerta alla domanda pure crescente. Come nella penisola, i gestori dei servizi pubblici sembrano limitarsi a servire (maluccio) studenti, pendolari e ceti più marginali, ignorando sostanzialmente i turisti. I quali, evidentemente, dovrebbero affidarsi a taxi ed auto a nolo, incrementando non di poco il budget disponibile.
Eppure negli ultimi anni mi è sembrato che il numero di persone in attesa dei bus – spesso sotto il sole, mancando molte pensiline e persino semplici paline di fermata in prossimità delle spiagge – sia piuttosto aumentato. Ma di incrementare il numero delle corse, magari spostando in estate mezzi e autisti dalle città alle vicine località balneari (quindi a risorse economiche pressoché invariate) non se ne parla. Le rigidità burocratiche e sindacali, come sempre in Italia, prevalgono. Qualcosa, invece, è stato fatto realizzando i cosiddetti “centri intermodali” (per esempio, a Porto Torres, Macomer, Carbonia e quest’anno anche ad Oristano, ma non ancora a Sassari) che dovrebbero favorire l’interscambio tra i (pochi) treni ed i bus interurbani. Si tratta di strutture abbastanza funzionali e generalmente ben tenute, anche in termini di pulizia, come pure i servizi igienici nelle stazioni, quasi sempre accessibili e gratuiti, a differenza di quanto accade oltre mare. Par di capire che sia il forte afflusso di persone a favorire le condizioni di degrado.
I sardi continuano a lamentarsi dell’assenza di autostrade, ma dimenticano di precisare che le numerose superstrade di cui dispongono sono gratuite e generalmente poco affollate. Percorrere poi alcuni itinerari interni e costieri, sia sulla statale Orientale che sull’Occidentale è davvero gradevole e riconcilia con il piacere della guida. Altro mito infondato è quello secondo cui i sardi non amerebbero viaggiare in treno. Dove c’è un servizio frequente e competitivo, l’utenza non manca. Il problema è che questa estate tali condizioni sono presenti solo tra Oristano e Cagliari. Anche la linea del Sulcis, quella che serve Carbonia ed Iglesias, resterà chiusa per 18 mesi, fino alla fine del 2026, per lavori di elettrificazione e per un breve raddoppio. Tutte cose che, ovviamente, avrebbero potuto essere effettuate senza interrompere del tutto la circolazione dei convogli. Si parla anche di realizzare (finalmente?) una nuova linea a scartamento ordinario da Abbasanta a Nuoro, ma non di rettificare il tracciato tra Bonorva e Sassari, che rappresenterebbe l’opera più strategica per il rilancio del treno in Sardegna.
C’è poi la questione dei “trenini verdi” che (in teoria) coprono circa 400 chilometri di linee spettacolari nell’entroterra della Gallura, del Mandrolisai, della Planargia e della Gallura. A differenza di Fondazione Fs, l’ARST (Azienda Regionale Sarda Trasporti) cui è stata (incautamente) affidata questa rete, fa ben poco per favorire un escursionismo alternativo a beneficio delle aree interne e di cui fruirebbero molti clienti entusiasti provenienti da altre regioni italiane e dall’estero. Di una promozione del turismo ferroviario nell’isola se ne parla da almeno trent’anni, ma le realizzazioni concrete restano molto al di sotto delle aspettative.
Infine i trasporti urbani veri e propri, di cui solo Cagliari dispone di una rete teoricamente all’avanguardia (minibus elettrici, filobus e tram) confrontabile con le altre grandi città. Quest’anno sono tornato nel capoluogo ed ho provato la linea QEX, che dovrebbe offrire un servizio rapido con filobus fino a Quartu Sant’Elena (terza città dell’isola con 65.000 abitanti). In realtà la linea non è protetta, circolano mezzi elettrici promiscui con bus tradizionali ed il percorso è perturbato dai cantieri del tram che dovrebbero raggiungere la stazione. Lavori imponenti, ma lasciati a metà, in attesa di nuovi finanziamenti. Non il modo più efficiente di impiegare i contributi pubblici.
Massimo Ferrari
Presidente Assoutenti/Utp