Striscia di Gaza allo stremo, 109 Ong tra cui Amnesty International, Caritas Germany, Caritas Internationalis, Caritas Jerusalem, denunciano: “La fame colpisce anche chi presta aiuto, mentre l’assedio israeliano ostacola ogni risposta umanitaria”
ULTIMA ORA – 38 ambasciatori scrivono alla premier Giorgia Meloni: “Agire di fronte ai massacri, riconoscere la Palestina”. Freedom Flotilla, uno dei due italiani e altri due accettano l’espulsione volontaria. “Pausa tattica”, Israele lascia entrare alcuni aiuti. Israele consente corridoi umanitari e lanci aerei alcune ore al giorno. Bombe e spari sulla folla, ieri altri 62 uccisi. Tel Aviv sequestra la nave della Freedom Flotilla, uno dei due italiani accetta l’espulsione. Netanyahu respinge le accuse di carestia: “A Gaza non c’è fame”. Ma i bambini continuano a morire senza latte. Secondo il leader israeliano, Israele “ha consentito gli aiuti umanitari per tutta la durata della guerra”. Ma i dati dei decessi smentiscono le sue parole.
Mentre l’assedio imposto dal governo israeliano affama la popolazione della Striscia di Gaza, anche le operatrici e gli operatori umanitari si trovano costretti a mettersi in fila per il cibo, rischiando di essere colpiti pur di sfamare le loro stesse famiglie. Con le scorte ormai completamente esaurite, le organizzazioni umanitarie vedono le proprie squadre e collaboratori deperire giorno dopo giorno.
Esattamente due mesi dopo l’inizio delle operazioni della Gaza Humanitarian Foundation, un meccanismo sotto il controllo del governo israeliano, 109 organizzazioni*hanno lanciato l’allarme e chiesto ai governi di agire: aprire tutti i valichi di frontiera via terra; ripristinare il flusso completo di cibo, acqua potabile, forniture mediche, materiali per ripararsi e carburante attraverso un sistema fondato sui principi umanitari e guidato dalle Nazioni Unite; porre fine all’assedio e raggiungere subito un cessate il fuoco.
“Ogni mattina, nella Striscia di Gaza, si ripete la stessa domanda: oggi mangerò?”, ha detto un rappresentante di un’organizzazione umanitaria.
I massacri nei punti di distribuzione alimentare avvengono quasi quotidianamente. Al 13 luglio, le Nazioni Unite avevano confermato che 875 persone palestinesi erano state uccise (oggi 28 luglio sono oltre mille) mentre cercavano cibo: 201 persone lungo i percorsi degli aiuti e le restanti nei punti di distribuzione. Migliaia sono le persone ferite. Nel frattempo, le forze israeliane hanno costretto quasi due milioni di palestinesi esausti allo sfollamento, con l’ultima ordinanza di massa emessa il 20 luglio, che li confina in meno del 12 per cento del territorio della Striscia di Gaza. Il Programma alimentare mondiale (World Food Programme – Wfp) avverte che le attuali condizioni rendono impossibile operare. L’uso della fame nei confronti della popolazione civile come arma costituisce un crimine di guerra.
Appena fuori dalla Striscia di Gaza, e persino all’interno, tonnellate di cibo, acqua potabile, forniture mediche, materiali per ripararsi e carburante restano inutilizzate, mentre alle organizzazioni umanitarie viene impedito l’accesso e la distribuzione. Le restrizioni, i ritardi e la frammentazione imposti dal governo israeliano attraverso l’assedio totale hanno prodotto caos, fame e morte. Un’operatrice che fornisce sostegno psicosociale ha descritto l’impatto devastante sui bambini: “I bambini dicono ai genitori che vogliono andare in paradiso, perché almeno lì c’è il cibo”.
Il personale medico riferisce livelli senza precedenti di malnutrizione acuta, in particolare tra bambine, bambini e persone anziane. Si stanno diffondendo malattie come la diarrea acuta, i mercati sono vuoti, i rifiuti si accumulano e le persone adulte crollano in strada per la fame e la disidratazione. Le distribuzioni nella Striscia di Gaza si aggirano in media intorno ai 28 camion al giorno: una quantità del tutto insufficiente per oltre due milioni di persone, molte delle quali non ricevono assistenza da settimane.
Il sistema umanitario guidato dalle Nazioni Unite non ha fallito: è stato messo nella condizione di non funzionare.
Le organizzazioni umanitarie dispongono delle risorse e della capacità per intervenire su larga scala. Ma vedendoci negato l’accesso, non possiamo raggiungere le persone che necessitano di aiuto – comprese le nostre stesse squadre, stremate e affamate. Il 10 luglio, l’Unione europea e Israele hanno annunciato misure per incrementare gli aiuti. Ma queste promesse di “progressi” suonano vuote quando nessun cambiamento concreto si realizza sul terreno. Ogni giorno senza un flusso sostenuto di aiuti significa nuove morti per malattie prevenibili. Bambine e bambini muoiono di fame nell’attesa di promesse che non si concretizzano mai.
Le persone palestinesi sono intrappolate in un ciclo di speranza e disperazione: attendono assistenza e il cessate il fuoco, solo per risvegliarsi in condizioni sempre peggiori. Non è solo una sofferenza fisica, ma anche psicologica. La sopravvivenza viene prospettata come un miraggio. Il sistema umanitario non può funzionare sulla base di false promesse. Il lavoro umanitario non può reggersi su scadenze indefinite o su impegni politici che non garantiscono un reale accesso.
I governi devono smettere di attendere un permesso per agire. Non possiamo più sperare che gli attuali accordi siano sufficienti. È il momento di agire con decisione: chiedere un cessate il fuoco immediato e permanente; rimuovere ogni restrizione burocratica e amministrativa; aprire tutti i valichi via terra; garantire l’accesso a tutte le persone in ogni zona della Striscia di Gaza; respingere i modelli di distribuzione controllati dalle autorità militari; ripristinare un intervento umanitario fondato sui principi umanitari e guidato dalle Nazioni Unite; continuare a finanziare le organizzazioni umanitarie imparziali e fondate su principi umanitari. Gli stati devono adottare misure concrete per porre fine all’assedio, come ad esempio interrompere il trasferimento di armi e munizioni.
Accordi frammentari e gesti simbolici, come i lanci aerei o accordi impraticabili sugli aiuti, servono solo a nascondere l’inazione. Non possono sostituire l’obbligo giuridico e morale degli stati di proteggere la popolazione civile palestinese e garantire un accesso significativo su larga scala agli aiuti. Gli stati possono e devono salvare vite umane, prima che non ne resti più alcuna da salvare.
*Le Ong firmatarie:
- American Friends Service Committee (AFSC)
- A.M. Qattan Foundation
- A New Policy
- ACT Alliance
- Action Against Hunger (ACF)
- Action for Humanity
- ActionAid International
- American Baptist Churches Palestine Justice Network
- Amnesty International
- Asamblea de Cooperación por la Paz
- Associazione Cooperazione e Solidarietà (ACS)
- Bystanders No More
- Campain
- CARE
- Caritas Germany
- Caritas Internationalis
- Caritas Jerusalem
- Catholic Agency for Overseas Development (CAFOD)
- Center for Mind-Body Medicine (CMBM)
- CESVI Fondazione
- Children Not Numbers
- Christian Aid
- Churches for Middle East Peace (CMEP)
- CIDSE- International Family of Catholic Social Justice Organisations
- Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS)
- Council for Arab‑British Understanding (CAABU)
- DanChurchAid (DCA)
- Danish Refugee Council (DRC)
- Doctors against Genocide
- Episcopal Peace Fellowship
- EuroMed Rights
- Friends Committee on National Legislation (FCNL)
- Forum Ziviler Friedensdienst e.V.
- Gender Action for Peace and Security
- Global Legal Action Network (GLAN)
- Global Witness
- Health Workers 4 Palestine
- HelpAge International
- Humanity & Inclusion (HI)
- Humanity First UK
- Indiana Center for Middle East Peace
- Insight Insecurity
- International Media Support
- International NGO Safety Organisation
- Islamic Relief
- Jahalin Solidarity
- Japan International Volunteer Center (JVC)
- Kenya Association of Muslim Medical Professionals (KAMMP)
- Kvinna till Kvinna Foundation
- MedGlobal
- Medico International
- Medico International Switzerland (medico international schweiz)
- Medical Aid for Palestinians (MAP)
- Mennonite Central Committee (MCC)
- Médecins Sans Frontières (MSF)
- Médecins du Monde France
- Médecins du Monde Spain
- Médecins du Monde Switzerland
- Mercy Corps
- Middle East Children’s Alliance (MECA)
- Movement for Peace (MPDL)
- Muslim Aid
- National Justice and Peace Network in England and Wales
- Nonviolence International
- Norwegian Aid Committee (NORWAC)
- Norwegian Church Aid (NCA)
- Norwegian People’s Aid (NPA)
- Norwegian Refugee Council (NRC)
- Oxfam International
- Pax Christi England and Wales
- Pax Christi International
- Pax Christi Merseyside
- Pax Christi USA
- Pal Law Commission
- Palestinian American Medical Association
- Palestinian Children’s Relief Fund (PCRF)
- Palestinian Medical Relief Society (PMRS)
- Peace Direct
- Peace Winds
- Pediatricians for Palestine
- People in Need
- Plan International
- Première Urgence Internationale (PUI)
- Progettomondo
- Project HOPE
- Quaker Palestine Israel Network
- Rebuilding Alliance
- Saferworld
- Sabeel‑Kairos UK
- Save the Children (SCI)
- Scottish Catholic International Aid Fund
- Solidarités International
- Støtteforeningen Det Danske Hus i Palæstina
- Swiss Church Aid (HEKS/EPER)
- Terre des Hommes Italia
- Terre des Hommes Lausanne
- Terre des Hommes Nederland
- The Borgen Project
- The Center for Mind-Body Medicine (CMBM)
- The Glia Project
- The Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P)
- The Institute for the Understanding of Anti‑Palestinian Racism
- Un Ponte Per (UPP)
- United Against Inhumanity (UAI)
- War Child Alliance
- War Child UK
- War on Want
- Weltfriedensdienst e.V.
- Welthungerhilfe (WHH)