Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Noli e il mio Kon-Tiki! Ma papà non amava il mare. Adorava la montagna


Noli, qualcuno si ricorda ancora del Kon-Tiki? Era un canotto della Pirelli, un paiolato alto sorretto da due tubi, andava come un treno, non lo batteva nessuno.

di Massimo Germano

Appartiene ad un passato ormai lontano, dimenticato, niente foto su Internet. Per averne una ho dovuto bussare alla Fondazione Pirelli, la devo alla gentilezza ed alla competenza della Dottoressa Mila Forlani che l’ha trovata in un vecchio catalogo dell’epoca. Era quello che ci voleva per le competizioni tra canotti. Allora, parlo degli anni cinquanta e sessanta dello scorso secolo, gare e battaglie tra canotti erano all’ordine del giorno.

A Noli ne circolavano di ogni tipo, ne ricordo uno nero, impressionante, doveva essere un residuato bellico, faceva paura vederlo. Ho già detto più volte che mio padre non amava il mare. Non fosse stato per i nonni che abitavano lì le mie vacanze si sarebbero tutte svolte tra le sue
amate montagne. Lui al mare veniva poco, e le mie richieste di un canotto, anche piccolo, restavano inascoltate. Aveva le sue fisse, in particolare ne criticava il fondo, sempre pieno d’acqua, avanzava improbabili critiche di ordine igienico: ”Stare seduti nell’acqua di mare irrita la pelle del ….” Avevi un bel dirgli che a bordo del canotto si remava più in ginocchio che seduti, era
irremovibile, finché un giorno avvenne il miracolo, ricevemmo un avviso di consegna dal Corriere dei Fiori, aveva il recapito presso l’edicola dei giornali.
Era un’enorme pacco, era il Kon-Tiki! Montarlo sulla spiaggia fu un’avventura, fu l’avvenimento della stagione.
Naturalmente non mancarono le critiche degli invidiosi, il canotto tradizionale era pi`u comodo, ma si arresero di fronte alle sue eccezionali prestazioni. Era facile da manovrare, si prestava ad abbordaggi corsari e riuscivi persino a prender terra davanti alla Villa Pisapia, lì allora il fondo marino era piatto e disseminato di ricci, sconsigliabile l’approdo per un normale canotto. Quante
avventure con quella piccola imbarcazione!
Ne combinavamo di tutti i colori. Allora i padroni della spiaggia erano i ragazzini e le ragazzine. Giocavamo a guardie e ladri tra ombrelloni e cabine, ci nascondevamo tra le barche, eravamo la disperazione dei bagnini.
Ricordo le discussioni relative al posizionamento della boa, erano trattative lunghe ed animate, noi la volevamo il pi`u lontano possibile da riva, Giglio non vedeva la cosa di buon occhio. Ne combinavamo di tutti i colori, ma ci volevamo bene. Il battesimo del fuoco era il tuffo di testa dal trampolino, ci aiutavamo tra di noi, c’era uno che chiamavamo il Professore: un amico ti teneva fermi i piedi e lui ti dava la spinta, il tocco finale. Per i più bravi c’era la prova della boa: dovevi calarti lungo la catena, tutto pulito, senza maschera, pinne o stringinaso, solo il costume. Tornavi su con il pugno pieno di sabbia del fondo e la lanciavi trionfante sugli spettatori e le spettatrici che
si dondolavano al sole, come un pescatore di perle. Alle volte il sole ci dava alla testa, sfidavamo Giglio dalla boa, tentavamo di ribaltarla, si esagerava.
Lui partiva a razzo col moscone, aveva una incredibile potenza di remata, era meglio tagliare la corda. Ne combinavamo di tutti i colori, ma c’era un grandissimo rispetto e un forte senso di responsabilità, non ci saremmo mai sognati di lamentarci di alcunché  con i nostri genitori. Ci sentivamo protetti e amati. Le vacanze estive e il mare erano una scuola di vita.

Massimo Germano


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