Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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E’ tempo di carciofi? 2/Da Albenga qualità ‘extra’ a 2.50€ e cat. 1 a 2€. La concorrenza della Sardegna? Metà prezzo. Sorpresa a Savona


Si avvicina la Pasqua e con essa il rito della preparazione della “torta Pasqualina”, una delle eccellenze della cucina ligure, nella cui ricetta tradizionale il carciofo con può mancare (vedi Trucioli Anno XII numero 33 del 28 marzo 2024).

di Tiziano Franzi

Cerchiamo allora di conoscere meglio questo ortaggio. Il carciofo (Cynara cardunculus scolymus) è coltivato in Italia e in altri Paesi per uso alimentare e, secondariamente, medicinale.

La forma – Ha breve e grosso rizoma; fusto alto fino a 1 m e mezzo, solcato longitudinalmente, semplice o ramoso; foglie oblunghe, di solito pennatopartite, a segmenti lanceolati o lineari, bianco-tomentose di sotto, con picciolo e costola grossi e carnosi, inermi o con spine marginali rade e brevi; fiori azzurri o lilla, raccolti in un capolino ovato-globoso, grosso fino a 10 cm, con involucro di molte brattee ovate, carnose alla base, coriacee nel resto, inermi o con breve spina apicale. Si conoscono molte razze di carciofo, distinte per la forma del capolino, rotondo o ovato-allungato, per le squame, spinose all’apice o inermi, verdi o violette, per la precocità ecc.

Il carciofo e le sue caratteristiche

Il nome- La parola italiana”carciofo”, insieme alle altre varianti dialettali e non, è una derivazione della diffusione nel Mediterraneo dell’arabo خرشوف‎ (ḵuršūf).Nelle lingue e nei dialetti del Nord Italia solitamente viene chiamato “articiocco” o “articioc”, termine simile ad altre lingue europee: in francese è artichaut, in inglese artichoke, in tedesco Artischocke, in spagnolo alcachofa, in portoghese alcachofra, in albanese angjinarja, in greco αγκινάρα (ankinára), in croato artičoka, in corso carciofa, in rumeno anghinare.

Nel meridione d’Italia le varianti conosciute si diffondono invece a partire dall’arcaismo siciliano che ci dà oggi “carciòffula/carcòcciula/cacòcciula“. Nelle Marche e in Abruzzo viene chiamato “scarcioful“, in Campania “carciòffola“, in Calabria “scarciòppulu” (plurale in -a), “cacciòffulu“, “canciòffulu“; in sardo campidanese si usa il termine “cancioffa” e in sardo logudorese “cartzoffa“. I termini utilizzati in spagnolo e portoghese, relativamente “alcachofa” e “alcachofra“, sono derivazione diretta dall’arabo الخَرْشُوف‎ (al-ḵuršūf). In Liguria “articiocca” con varianti locali.

 

La varietà spinosa diffusa in Liguria. I più pregiati, quanto a bontà e teneri, sono coltivati in terreni più ‘sabbiosi’, tra le frazioni di San Fedele e Lusignano di Albenga ma solo i contadini lo sanno

La coltivazione-Il carciofo è coltivato in quasi tutta l’Europa meridionale  e in America, richiede terreni profondi e soffici, non umidi, e clima mite; si moltiplica piantando in autunno i germogli basali, che vengono staccati dalla pianta vecchia, lasciando a ciascuno un pezzo del rizoma e 4-5 foglie. In certi paesi la coltura si rinnova ogni anno, in altri si continua per 3-5 anni, raramente di più. I capolini si raccolgono molto prima della fioritura e in più tempi: dapprima i capolini terminali, che sono i primi a svilupparsi (mamme o cimaroli), quindi quelli laterali e infine quelli che si sviluppano alla base della pianta.

Un po’ di storia- Il carciofo ha una storia affascinante che risale a secoli fa. Originario della regione del Mediterraneo, è stato coltivato fin dall’antichità. Gli antichi greci e romani lo consideravano un alimento prelibato e lo utilizzavano anche per le sue proprietà medicinali.

Una delle storie più affascinanti legate all’origine del carciofo proviene dalla mitologia greca. Secondo il mito, il carciofo era originariamente una giovane donna chiamata Cynara. Cynara attirò l’attenzione di Zeus, il re degli dèi, che la portò sull’Olimpo. Tuttavia, Cynara iniziò a sentirsi a disagio nel mondo degli dèi e decise di tornare sulla Terra. In risposta, Zeus la trasformò in un carciofo. Quindi, il nome scientifico del carciofo, “Cynara scolymus,” è un omaggio a questa leggenda.
Nel corso dei secoli, il carciofo si è diffuso in tutta Europa. Durante il Medioevo, è diventato particolarmente popolare in Italia, dove è stato selezionato e migliorato per ottenere varietà più grandi e saporite. Gli olandesi introdussero i carciofi in Inghilterra, dove li coltivarono nel giardino di Enrico VIII a Newhall nel 1530. A partire dalla metà del XVII secolo i carciofi erano di moda nelle corti europee. I cuori erano considerati ingredienti di lusso nella nuova cucina di corte e si sosteneva che avessero proprietà afrodisiach
e. La sua coltivazione si è poi estesa in altre parti del mondo, tra cui gli Stati Uniti, dove è stato introdotto nel XIX secolo: in Louisiana dagli immigrati francesi e in California dagli immigrati spagnoli
Oggi, il carciofo è apprezzato non solo per il suo sapore unico, ma anche per i suoi benefici nutrizionali. È ricco di antiossidanti, vitamine e minerali, rendendolo un alimento salutare e versatile in cucina. In molte culture, il carciofo è un ingrediente chiave in piatti tradizionali e viene consumato in vari modi, da crudo a cotto.

Carciofi e zucchine di Albenga, Siamo nel 2018: a 2 euro, cadauno mentre se provenienti dalla Sardegna, più precoci a 1€.

La produzione –La produzione mondiale del carciofo, secondo la FAO nel 2011 è stata superiore a 1,5 milioni di tonnellate, di cui oltre il 60% nell’area mediterranea.

Di fatto i carciofi si coltivano soprattutto in Italia, Egitto e Spagna. Negli Stati Uniti d’America la maggior produzione di carciofi si ha nello Stato della California, e all’interno della California la contea di Monterey concentra più dell’80% del totale. L’Italia detiene il primato mondiale nella produzione di questo ortaggio (pari a circa il 30%). Le zone di maggiore produzione sono la Sicilia (Piana di Gela e Piana di Catania), la Sardegna (Ittiri, Samatzai, Villasor, Nuraminis e Serramanna), la Puglia.

In Liguria è molto apprezzato quello che si coltiva nella piana di Albenga. Il carciofo spinoso di Albenga è una varietà di Cynara scolymus coltivato e condizionato ad Albenga ed in alcuni comuni della piana di Albenga. È conosciuto anche con il nome di violetto di Albenga, violetto spinoso di Albenga, violetto spinoso della Liguria o zuccherino di Genova, spinoso violetto grosso di Albenga o in lingua ligure articiocche.

Una variante è il carciofo violetto di Perinaldo. Si tratta del “violet” francese introdotto, secondo la leggenda, dallo stesso Napoleone Bonaparte. Pare che durante la Campagna d’Italia del 1796, dopo una sosta presso una nobile famiglia di Perinaldo, appreso che in zona non si conoscevano gli ottimi carciofi violetti coltivati nella vicina Provenza, Napoleone abbia fatto dono successivamente di alcuni piantine ai Perinaldesi. Da quel momento in poi gli abitanti del piccolo comune lo diffusero negli orti locali. Il carciofo di Perinaldo, che è coltivato solo qui e in Provenza, tra i 400 e i 600 metri sul livello del mare, è senza spine, tenero e non ha barbe all’interno.

Gli usi- I carciofi di grandi dimensioni vengono spesso preparati eliminando tutto lo stelo tranne 5–10 mm. Per rimuovere le spine, che potrebbero interferire con l’alimentazione, si può tagliare circa un quarto di ogni squama. Per cucinare il carciofo, si lascia sobbollire per 15-30 minuti, oppure si cuoce a vapore per 30-40 minuti (meno per quelli piccoli). Un carciofo cotto e non condito ha un sapore delicato.

Se si vogliono far bollire i carciofi, è possibile aggiungere sale all’acqua. I carciofi, in particolare quelli tagliati, possono scurirsi a causa dell’imbrunimento enzimatico e dell’ossidazione della clorofilla. Per evitare ciò si può immergerli in acqua leggermente acidificata con aceto o succo di limone.

Spesso le foglie vengono rimosse una alla volta e la base carnosa viene mangiata con vinaigrette, salsa olandese, aceto, burro, maionese, aioli, succo di limone o altre salse. Solitamente la parte superiore fibrosa di ogni foglia viene scartata. Il cuore si mangia quando la parte interna non commestibile è stata staccata dalla base e scartata. Anche le sottili foglie che ricoprono la pianta sono commestibili e, per gli animali, costituiscono un buon foraggio.

In Italia, i cuori di carciofo sott’olio sono l’ortaggio abituale della sezione “primavera” della pizza alle quattro stagioni (insieme alle olive per l’estate, ai funghi per l’autunno e al prosciutto per l’inverno).

Specialità della cucina romana sono il carciofo alla romana (stufato in olio d’oliva, acqua, prezzemolo, aglio e mentuccia), il carciofo alla giudia, (intero e fritto in olio di oliva), il fritto di carciofi in pastella e l’insalata di carciofi (crudi a lamelle).

La cucina della Liguria valorizza molto questo ingrediente, che, per il fatto di maturare in primavera, diventa in tale periodo il componente di una variante della locale torta pasqualina, specialità tradizionalmente a base di bietole.

Il carciofo e le sue proprietà medicinali

Anche nella cucina siciliana, da dove – specialmente nella piana di Gela e nella vicina Niscemi – proviene una larga parte della produzione nazionale, il carciofo ricopre un ruolo di rilievo, venendo utilizzato in molte pietanze e anche consumato in occasione di festività locali e religiose.

I carciofi possono anche essere trasformati in una tisana. L’infuso è consumato soprattutto tra i vietnamiti. In Romania si produce una tisana a base di carciofo chiamata Ceai de Anghinare. In Messico la parte floreale viene messa in acqua e consumata come una tisana. Ha un sapore leggermente amarognolo e legnoso.

Il carciofo è l’ingrediente botanico primario dell’aperitivo italiano Cynar, con il 16,5% di alcol in volume, prodotto dal Gruppo Campari. Può essere servito con ghiaccio come aperitivo oppure come cocktail mescolato con succo d’arancia, particolarmente apprezzato in Svizzera. Viene anche utilizzato per preparare il ‘Cin Cyn’, una versione leggermente meno amara del cocktail Negroni, sostituendo il Campari con il Cynar.

La cinarina contenuta nel carciofo favorisce il controllo del colesterolo, ha proprietà digestive e diuretiche .



Stufato al verde Alla Giudia Sott’olio.

Tiziano Franzi

AL MERCATO SETTIMANALE DI SAVONA NEL 2020

Savona mercato settimanale nel 2020. 10 carciofi di Albenga a 10 €. 15 carciofi della Sardegna a 10 €
Loano gennaio 2020 carciofi di Albenga 8 a 10€. Carciofi Sardegna 10 a 10€

GENNAIO 2025, CENTRO STORICO DI ALBENGA. I PREZZI VARIANO A SECONDA DEI GIORNI DA 2 A 2,50 EURO CADAUNO. La vera concorrenza, taciuta ai cittadini, è che il 90 per cento dei carciofi venduti sulle bancarelle dei mercati settimanali, sui banchi del supermercati e nei negozi (esclusa qualche eccezione), è costituita dai prodotti provenienti dalla Sardegna che spesso costano la metà.


TRUCIOLI.IT – Lungo la Riviera, da ponente a levante, abbiamo potuto fotografare un solo negozio in via Paleocapa a Savona che vendeva carciofi nostrani di Albenga certificati dell’Azienda Agricola Losno, come documenta la foto scattata il 3 marzo 2025.


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T.Franzi

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