Da diverse e plurime fonti interne mi sono giunte molte informazioni dirette di quanto è successo al CP
(= Consiglio Presbiterale) del (se non ricordo male) 13 febbraio 2025, dove ho avuto l’onore e il privilegio
di essere stato citato.
di Paolo Farinella, prete
Qualcuno, non ricordo chi, ha chiesto chiarimenti sulle notizie da me diffuse sulla complessa questione delle Torri della Cattedrale e del Museo Diocesano. Un altro, pare, che abbia fatto cenno al «tono polemico» e al rispetto da tenersi tra preti. Come dire che non importa se ciò che si dice sia «vero o falso»: essenziale è il rispetto del Galateo di mons. Giovanni Della Casa (Il galateo overo de’costumi; 1558). A costui non interessa il comportamento illegale di vescovo e vicari che arrivano a manipolare leggi e persone, pur di arrivare ai loro scopi illeciti, ma… il rispetto del galateo. Strano modo di vedere il rapporto tra i preti. Teologia del «dito e della luna». Precisazione che spero sia definitiva. Molti confondono il «pòlemos» con la «polemica», senza capire la distinzione tra l’ètimo e lo sviluppo di
significato (senso) lungo i secoli. Se si studiasse la patristica e letto Marciano, Giustino, Ireneo, Ippolito (di
questi si usa la II preghiera eucaristica), Tertulliano, Origene, Cipriano, Eusebio, Cirillo, Atanasio, ecc. ecc.,
si saprebbe che il Cristianesimo primitivo (fino al sec. V) fu intriso di pòlemos, pure molto aggressivo; chi
ha letto il vangelo di Gv, o almeno un commento che tenga conto del Giudaismo, si accorgerebbe che non è
quel vangelo spirituale che si vuole far credere, ma il vangelo antigiudaico più polemico di sempre tra i
quattro.
Se poi si fosse fatto qualche passo avanti, si sarebbe incontrato Agostino che, in quanto a polemiche,
non fu mai secondo a nessuno. Chi parla di galateo ha mai letto le invettive di Sant’Antonio da Padova a
cardinali, vescovi, abati e preti non in Newsletter, ma nelle prediche delle Messe festive? Francesco di Assisi
lo chiamava il «mio teologo»? Disse cose che stroncavano un bisonte, del tipo: «Che cosa dirò degli effeminati prelati del nostro tempo, che si agghindano come donne destinate alle nozze, si rivestono di pelli varie, e le cui intemperanze si consumano in lettighe variopinte, in bardature e sproni di cavalli, che rosseggiano del sangue di
Cristo?»(Posso farne un elenco, lungo come la Treccani grande).

Amore non corrisposto- Prima di parlare, occorre studiare, pensare, riflettere e interiorizzare. Personalmente, non ho nulla contro il vescovo Marco Tasca, che mi è pure simpatico, o i vicari: a loro riconosco l’autorità giuridica, non quella morale; al contrario, ogni mio scritto è una lettera tenerissima di amore e passione amorosa che prova che io
e il vescovo formiamo «una coppia di fatto».
Molti signori preti del CP, invece, «educatamente» stanno zitti sempre, tranne lamentarsi in conventicole, o scrivere lettere anonime da fogna, e, se parlate, molti di voi gli dite quello che voi pensate egli voglia sentirsi dire, cioè lo ingannate perché lo temete. Chi ama e rispetta di più il vescovo: voi o io? Sono responsabile della salvezza eterna del vescovo e dei vicari che sono a rischio, ma la mia passione di tenerezza non è corrisposta: non ho mai avuto il piacere di «due righe» dal vescovo, né una telefonata, né una visita, né un rimbrotto né un premio Oscar come protagonista esclusivo, sebbene fallito (io lo so). Per me, Marco Tasca e i vicari suoi non sono insignificanti; se così fosse, ascolterei Virgilio: «non ti curar di lor, ma guarda e passa».
Al contrario, li amo alla follia. La prova? In diocesi, sono «l’unico – unus/unicus/solus» che, «pro
quota», sente la responsabilità del vescovo e dei suoi contubernali fino al punto di esporsi, pagando di persona
la permalosità del vescovo e svelando, semmai, che è lui e i suoi contornali che sono «polemici» nei miei
confronti, non rispondendo mai alle mie lettere, nemmeno a quelle personali. I card. Siri, Canestri e Tettamanzi,
rispondevano in giornata.
Il Tasca ha messo in bellissima mostra la paternità paterna («Ostende nobis Patrem»),
ma l’ha messo fuori del portone dell’episcopio, dove per altro non abita (questo i preti e molti laici non
gliel’hanno mai perdonato). Vicario generale, vicario del clero, scrivono per dritto e rovescio «fraternità
sacerdotale», senza mai fare prima i gargarismi con l’acqua benedetta: lo sanno o si sono fatti?
Sono stato malato a lungo, di recente ho subito un intervento d’urgenza, delicato, ma vescovo e vicario
del clero (sic!) sono stati lontani come la peste: potevo anche morire senza sacramenti, pur vivendo in mezzo
ai preti. Amo il vescovo e riconosco la sua autorità, ma lui non può manipolare a suo uso e consumo, le nomine,
non può fare scelte e intrallazzi immorali e il CP (Consiglio Presbiterale) «deve» saperlo, per intervenire, come pure «deve» sapere che il vicario generale, il Rasputin della curia di Genova (insegna pure Morale [sic!!!]), manipola persone e abusa del suo potere e voi rimante chiusi nel vostro isolamento, ripiegato sul vostro ombelico, all’ombra del vostro campaniluccio, paghi di pianete tridentine. Voi avete scelto la variante evangelica di una tradizione anonima, ma non tanto: «Disse Gesù: Amatevi come fratelli… tanto io son figlio “unico”».

Il Consiglio Presbiterale- Lo stesso CP è inadeguato perché non conosce nemmeno i propri doveri a cui il CJC lo obbliga; non collabora, non è libero, ma tutti lì dentro fanno «gli assistenti al soglio»: chi tiene famiglia, chi tiene amante, chi tiene figli, chi tiene carriera, chi tiene di… farsi i fatti propri, nel rispetto, però, del galateo. Nessuno di voi
ha chiesto a vescovo e vicari perché «ha rimosso mons. Carlo Sobrero» dal suo incarico in economato prima,
e, pure, dopo, anche da Prefetto della Cattedrale, senza ottemperare alle condizioni prescritte dal CJC; nessuno
di voi ha chiesto, «nello spirito della fraternità sacerdotale» perché, fatta la frittata, non lo ha reintegrato nella
dignità offesa e dilaniata sua e della sua famiglia.
Eppure, molti di voi gli hanno dimostrato solidarietà «privata e di nascosto», fino a eleggerlo plebiscitariamente, smentendo platealmente il vescovo, il quale ha accusato il colpo e ha cercato di ripararsi nel pagliaio, disattendendo deliberatamente il Codice che prescrive: «procedano allo scrutinio dei voti stessi e facciano a tutti sapere quanti voti abbia riportato ciascuno» (CJC, can 173 §2): Sobrero ha riporta N. 27 preferenze, con un distacco di 6 punti dal secondo, un altro tartassato, che pure ha riportato 24 voti.
Il sottoscritto, dopo avere informato i Dicasteri romani, ho pubblicato i risultati, mentre il vescovo e i suoi complici hanno pubblicato un elenco algido e anonimo con i nomi in stretto ordine alfabetico per non mettere Sobrero al 1° posto e certificare che il clero ha votato non solo Sobrero che stima, ma ha smentito il vescovo e i suoi scherani. Nessuno si è dimesso. Nessuno. Per favore, cancellate l’espressione peccaminosa «fraternità sacerdotale» dai vostri scritti e dai vostri discorsi perché se lo fate siete «sacrileghi». Nessuno di voi ha detto una parola, una sola sillaba pubblicamente, ma la mattina o la sera, parati con sombreri del sec. XVI, salite l’altare e come se niente fosse dell’amore di Dio, dell’amore perfetto (nel centro storico di Genova, vicino alle Vigne vi è «vico dell’Amor prefetto»).
Tutti sapete che nell’elezione del CP, vescovo e soci non hanno osservato un solo canone di quelli prescritti dal Diritto canonico; ne consegue che le procedure e quindi le elezioni sono nulle e voi, eletti, siete illegittimi, eppure continuate a pontificare, in silenzio: peccato che non siamo ai tempi di papa Paolo IV. Il giorno in cui i nodi verranno al pettine (perché verranno, sia dal punto di vista delle leggi civili, sia da quelle canoniche), tutte le scelte fatte in questi anni dovranno essere annullate per illeceità e abuso di potere.
Il vescovo è anche presidente della Fondazione Magistrato di Misericordia per garantirne l’eticità e invece lui
garantisce la montagna di conflitti d’interessi su cui ha sommerso sia questa Fondazione sia quella di San
Lorenzo Impresa sociale che ha fatto fondare dal Magistrato di Misericordia, riservandosi il diritto di nominare CdA, organi di controllo fino al ludibrio di nominare Presidente di San Lorenzo Impresario sociale, il
rappresentante del Comune di Genova, proprietario dei muri del Museo diocesano, cioè un ente pubblico di
Questo punto è una costante «ostinata» di papa Francesco, che ne ha fatto l’asse portante del suo pontificato. La questione del «potere» e del suo abuso (v., in diocesi il trasferimento di preti in massa, come se si fosse trattato di una transumanza di pecore, senza alcuna consultazione degli interessati, del CP o dei Consultori). Ciò ha segnato il governo di Marco Tasca e dei suoi complici con effetti drammatici spiritualmente per i parroci e disastrosi per la diocesi (che ne sapete voi di cosa vivono, di cosa soffrono e patiscono? Vescovo e vicari hanno trasferito, con metodo indegno preti disorientati in forza del loro potere autoritario immorale. In molti casi hanno «dovuto» fare, «ignominiosamente» marcia indietro, nel silenzio totale del clero, come se fossero cose di «cosa
loro». W la «fraternità sacerdotale». Ho visto omertà dappertutto. Solo una voce si è levata, la mia, voce di un reprobo, esiliato e trattato come «clericus vitandus». Se non me, ascoltate papa Francesco, se lo ritenete ancora papa e non lo sopportate come intruso, se non eretico: «Il clericalismo è una vera perversione nella Chiesa. Il pastore ha la capacità di andare davanti al gregge per indicare la via, stare in mezzo al gregge per vedere cosa succede al suo interno, e anche stare dietro al gregge per assicurarsi che nessuno sia lasciato indietro. Il clericalismo invece pretende che il pastore stia sempre davanti, sempre davanti, stabilisca una rotta, e punisca con la scomunica chi si allontana dal gregge. Insomma: è proprio l’opposto di quello che ha fatto Gesù. Il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio… Il clericalismo non tiene conto del popolo di Dio… Il clericalismo confonde il “servizio” presbiterale con la “potenza” presbiterale. Il clericalismo è ascesa e dominio. In italiano si chiama “arrampicamento”…Il clericalismo ha coforma del pianeta Saturno in testa? Ecco, dietro a tutto il rigido clericalismo ci sono seri problemi… Una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento. Una volta un gesuita … mi disse di stare attento nel dare l’assoluzione, perché i peccati più gravi sono quelli che hanno una maggiore “angelicità”: orgoglio, arroganza, dominio… E i meno gravi sono quelli che hanno minore angelicità, quali la gola e la lussuria… Ci si concentra sul sesso e poi e poi non si dà peso
all’ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne. La Chiesa oggi ha bisogno di una profonda conversione su questo punto» (ANTONIO SPADARO, S.I., a cura di, «“La sovranità del Popolo di Dio”, I dialoghi di papa Francesco con i gesuiti di Monzambico e Madagascar», in La Civiltà Cattolica n. 4063 (5/19 ottobre 2019), 3-12, spec. 8-10, et passim). (Sul tema del «clericalismo, vera perversione della Chiesa», cf anche PAPA FRANCESCO, Discorso di apertura della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi su «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» (5-10-2018) in Il Regno, Documenti, N. 19 (2018), 585-588, qui 587; cf PAOLO FARINELLA, Cristo non abita più qui, il Saggiatore, Milano 2013, 180-225 et passim.
Valenza costituzionale che tocca anche i Patti lateranensi e i rapporti tra Stati. Possibile che nessuno abbia un
consulente giuridico «vero», non un pacioccone che si occupa solo di matrimoni, divorzi e cornificazioni a yoyo? Voi che siete «come il senato del vescovo» (CJC, can. 495 §1) dove siete? cosa fate? Discutete di «padrini e testimoni di nozze»? Il mondo sta bruciando, le guerre stanno consumando il mondo intero e voi vi preoccupate di allineare i quadretti nel corridoio che non c’è più?
Di fronte a fatti e scelte del vescovo illegittimi, illeciti e dannosi per la diocesi, io ho parlato, perché voi, pur avendone l’obbligo di legge, siete rimasti, colpevolmente, muti, per convenienza o ignoranza (ancora più grave). Se voi, almeno i 18 che sono stati eletti dalla base, non per rappresentare il vescovo, ma solo ed esclusivamente il clero, voi non compite il vostro dovere, a cui il Codice vi inchioda. Voi dovete chiedere ragione degli «atti di governo» e delle scelte di vescovo e vicari: «rappresentando il presbiterio, sia [il CP] come il senato del vescovo; spetta al consiglio presbiterale coadiuvare il vescovo nel governo della diocesi, a norma del diritto» (CJC, can. 495, §1). Non avete scuse né attenuanti. O siete seri e coerenti o vi dimettete con motivazione scritta a futura memoria.
Io, Paolo prete, da voi aborrito, dico e grido che siete complici e poiché non siete «né caldi né freddi, il Signore vi ha vomitati dalla sua bocca» (il passo dell’Ap trovatelo da voi), altro che pizzi e merletti traforati e stare nel CP come le belle statuine del presepe della favola clericale, parlando e discutendo del sesso avariato degli angeli o dei padrini del battesimo e dei funerali, come se questi fossero i problemi della Chiesa. Fate pure, a tempo perso, gli «impiegati di Dio» (E. Drewermann), stando attenti a coltivare la vostra (ir)responsabilità «per non avere problemi», ma sappiate che, anche per voi, viene il «redde rationem».
Le Torri della Cattedrale- Quanto alla questione del Museo e delle Torri, sappiate che le informazioni che vi scodellano o non sono vere o sono parziali e incomplete o sono addomesticate o, volutamente, manipolate. La questione è gravissima. Tasca ha voluto mortificare il Capitolo (lo posso dimostrare anche con foto) e mettere le mani sulle Torri della Cattedrale col fine primario di togliere di mezzo uno dei pochi «giusti» che, in nome della legalità, ha mantenuto fede al suo giuramento «di difendere gli interessi del Capitolo… toccando questi Santi Vangeli»
e si opponeva a questo scempio.
Si tratta del can. Carlo Sobrero: per farlo fuori anche da Prefetto, come da me previsto, in tempi non sospetti, vescovo e vicario generale, con l’assuefatta complicità vicariale, hanno macchinato per cambiare la maggioranza del Capitolo e avere via libera. La maggior parte del nuovo Capitolo è «spergiura e il loro delitto rientra tra quelli contro la religione», equiparata all’apostasia. Non vorrei mai essere nei loro panni. Per realizzare il loro piano, hanno fatto dimettere mons. Luigi Borzone, il cui mandato era a vita (proprio così!). Il vicario generale o ha la coscienza seppellita sotto i peli di 2000 cammelli, o è blasfemo, magari tutti e due. In 11 mesi, Tasca Marco e Marco suo, Doldi, hanno nominato N. 5 nuovi canonici a fronte di N. 1 ogni 3 anni di tutti i vescovi precedenti messi insieme, in 37 anni (Siri, Canestri, Tettamanzi, Bertone, Bagnasco).
Oggi c’è un Capitolo addomesticato, morfinizzato, di sicuro subornato subdolamente, o forse, adulato con promesse. La Mafia non saprebbe fare di meglio. Resta il fatto che hanno scelto i nuovi, «esclusivamente», per cambiare la maggioranza e fare quello che vogliono, contro ogni etica, legge e statuti. Anche quelli che prima votavano «secondo coscienza», con piena stima per Carlo Sobrero e Luca Giuliano, ora col nuovo corso, hanno cambiato atteggiamento e voto, allineandosi ai diktat episcopal-vicariali, come un qualsiasi Putin e Trump in combinato disposto. Il fatto terribile è che lo stesso Cancelliere, che fa da segretario del CP, come se non ci fosse uno nel CP capace di fare un verbale. Il cancelliere, custode per antonomasia della legalità diocesana, si è venduta l’anima al diavolo e fa passare ogni sozzura e ogni indecenza, senza mai dire «non si può-non licet». Il Vicario generale, che è anche Preside del Capitolo, non ha mai capito la differenza tra «rappresentanza legale» e «amministrazione» (si vede che a quella pagina del diritto non c’è mai arrivato).
Egli sta facendo un cumulo di sciocchezze inaudite e quasi tutti firmati da lui, tranne l’OdG, sono nulli. Cumulo di conflitti di interessi Il vicario generale lui e i due vicari episcopali canonici, sono in pieno ed eclatante conflitto d’interessi perché egli è vicario generale e difende gli interessi dell’Ente diocesi, ma è anche Preside del Capitolo, di cui «deve» difendere gli interessi, essendo vincolato all’obbligo stringente, impostogli dal giuramento sacro, nel «nome di Dio, toccando questi santi Evangeli». Chi disattende il giuramento può incorrere nella pena di «scomunica».
Nel frangente delle Torri, lui e gli altri due vicari (Giovanni Grondona e Pietro Pigollo) in Capitolo difendono
sempre e solo gli interessi della diocesi contro quelli del Capitolo della Cattedrale, che è la sede della cattedra
episcopale, ma di cui, è proprietario unico e indivisibile, per diritto «ab antiquo et immemorabili» e «ex lege»,
il Capitolo. Non mi risulta che tutte le volte che nel Capitolo si è votato su una questione che intercetta interessi
legittimamente distinti, coinvolgenti diocesi e Capitolo, come è la gestione delle Torri, i tre canonici e vicario
generale ed episcopali siano usciti dalla sala capitolare per «incompatibilità» giuridica. Essi, infatti, non
dovrebbero (non possono) partecipare al voto. Restando, invece nella sala capitolare e votando rendono nulle
tutte le decisioni e commettono «sacrilegio», come ho scritto a tutti i canonici, singolarmente con lettera
personale del 08-12-2023.
Il vicario generale, rimosso il can. Sobrero che non poteva manipolare, come primo atto, ha esautorato,
di fatto e del tutto, il nuovo Prefetto della Cattedrale (can. Pierluigi Ganabano), che pure ha voluto e scelto di
persona per quell’incarico «elettivo». Ora ne abbiamo la ragione: lo considera innocuo esecutore o passa carte,
di cui lui può disporre a suo piacere, nonostante gli Statuti assicurino funzioni distinte al Preside e al Prefetto.
Il vicario firma gli atti ufficiali, mentre lascia al Prefetto le incombenze fastidiose, così che gli possano scaricare
addosso colpe e responsabilità, in caso di malaparata. È accaduto con il licenziamento del Dott. Raoul Bollani
e della sua Festigium srl, il cui contratto con il Capitolo scade il 31 marzo 2025: il Vicario/Preside si è tenuto
le contrattazioni e le decisioni, mentre al Prefetto ha lasciato il compito di correre avanti e indietro a portare
convenzioni e proposte economiche (tra l’altro manipolate), senza mai farlo entrare nel merito, pur essendo di
sua esclusiva competenza.
Doldi sarà il primo a scappare, quando naufragherà la nave con tutti i topi a galla,
mentre al povero can. Gianluigi Ganabano spetterà il compito di leccarsi le ferite e rendere conto di un
fallimento generale di cui non ha colpa, ma che per Statuti ne risponde lui. Personalmente, riposo in pace in
coscienza, perché adempio il mio dovere come sta scritto (cf Ez 3 16-19), in forza del principio battesimale che,
«pro parte mea», mi obbliga alla responsabilità di vescovo e chiesa.
La Santa Sede (questo non ve l’hanno detto?) è già intervenuta (due anni fa) sulle Torri, imponendo alla
diocesi il «rispetto delle proprietà degli Enti», mentre vescovo e vicario generale e gli altri «servi volontari»
(Étienne De La Boétie) perseguono i loro fini, nell’illegalità, immoralità e nel disprezzo del diritto che a Genova è solo un accessorio superfluo. Sfido chiunque, in qualsiasi sede, ufficiale o riservata, legge canonica e legge
civile alla mano, per un confronto senza limiti e a tutto tondo. Se il CP mi invitasse come testimone «informato
sui fatti e sul Diritto», io verrei, presente il vescovo e tutta la curia e magari la banda. Uno solo versus tutti.
Così potreste avere gli elementi per potere «coadiuvare il vescovo nel governo della diocesi» con consapevole
conoscenza di fatti e comportamenti. Sappiate che osservo scrupolosamente Mt 18, 15-17: prima scrivo in
privato, poi coinvolgo testimoni (don Fully, don Ganabano, don Pedemonte, ecc. possono testimoniare); infine,
mi rivolgo all’assemblea con la Newsletter, che arriva anche in Vaticano. Io non ho moglie né figli né amante
da mantenere o posto da difendere o carriera da sognare: sono nato libero per essere prete e resto prete fino a
tre giorni dopo la mia morte. A San Torpete, dove mi ha esiliato il card. Bertone Tarcisio, retrocedendomi da
parroco ad amministratore, come ho detto al vescovo Tasca, nel colloquio di 3 ore e un quarto che abbiamo
avuto proprio a San Torpete nel mese di febbraio del 2021: «in San Torpete sono parroco, vescovo e papa»
perché lì la grazia di stato è solo mia.
La tanto sospirata Fondazione San Lorenzo è indebitata ancor prima di cominciare: la Diocesi, infatti,
dopo aver licenziato Festigium dalla gestione del Museo e del Tesoro (e il risparmio di € 60.000,00 all’anno) è
stata costretta ad attinge di nuovo all’8xmille (€ 20.000,00 al bimestre, se non erro, (v., resoconto diocesano
2024 dell’8xmille) per mantenerla in piedi perché chi l’ha pensata non sapeva nulla di imprenditoria,
programmazione economica e del personale.

Il presidente di San Lorenzo imprenditore e rappresentante del
Sindaco, ha detto chiaro al vescovo: con i fichi non si fa matrimonio: o mi dà i fondi o chiudiamo. Per questo
«devono», a ogni costo, anche falsificando i dieci comandamenti, devono arraffarsi le Torri e la loro cassa. Dico
io, chi è il sapientone che ha avuto questa idea, senza una minima base economica da cui partire? Non solo,
quando Festigium e Raoul Bollani intenderà causa alla diocesi, voglio vedere chi pagherà il conto salato, per
tutti gli investimenti migliorativi che ha fatto a beneficio delle Torri e del Museo diocesano.
Non hanno calcolato nemmeno questo, ma sono andati alla rinfusa, consigliati da «malconsigliori». Povera diocesi!
Vescovo e vicario e vicari (la diocesi ha più vicari che preti in pastorale) hanno visto che il can. Carlo
Sobrero aveva messo su un eccellentissimo sistema «veramente pastorale», l’unico possibile (attenzione alle
famiglie con entrata gratuita per bambini e ragazzi e € 5,00 gli adulti) in sinergia con «Festigium» srl del Dott.
Bollani, che, oltre alla competenza, anche organizzativa, aveva una forte motivazione religiosa e, ciliegina sulla
torta, chiudeva i bilanci sempre in attivo sia per Festigium, sia per il Capitolo, sia per il Museo e il Tesoro. I
nuovi lanzichenecchi della Fondazione e i loro mandanti, invece, vi hanno visto l’Eldorado, ma tu puoi avere
anche il tesoro del pirata Barbanera, ma se non sai gestire l’economia, vai in fallimento lo stesso e anche in
fretta. Nella Quaresima del 2024, il vescovo Tasca disse ai suoi vicari che voleva la Cattedrale e il Capitolo
(cioè il prefetto Sibrero) doveva smetterla di mettergli i bastoni fra le ruote (all’incirca questo è il senso). Per
affermare questo principio e la sua autorità sulla Cattedrale ha aggiunto: nella prossima Quaresima andrò tutti
i giorni a celebrare in cattedrale con i vicari e così vedremo di chi è la Cattedrale! Venne la Quaresima e il
vescovo, attorniato da quattro vicari «disse Messa» (non celebrò) a due o tre presenti che non capivano, tra i
quali c’ero anch’io, come testimone. Poi venne una seconda volta poi qualche volta… poi non venne più né lui
né i vicari. Non hanno nemmeno esitato a «usare» l’Eucaristia (nevvero, vescovo Tasca?) per affermare il
proprio potere di dominio sulla Cattedrale e conseguenti Torri al fine di prenderne possesso «manu militari».
Che cosa non si fa per la pagnotta turrita. Sperpero di denaro (8xmille)
Il Dott. Bollani con Festigium, fin dal primo giorno, consapevole delle proprie capacità imprenditoriali,
rinunciò volontariamente a € 60 mila all’anno (in totale € 600 mila in sei anni). La Curia, e forse la stessa
Fondazione, si sono rese conto di non essere in grado né di avere le competenze imprenditoriali né di avere
capacità organizzative (non sanno da dove si comincia) e per questo hanno scaricato ogni costo sulla Fondazione
Magistrato di Misericordia, di cui – si noti!!! – il Presidente e Garante etico (sic!) è il vescovo «pro tempore»
di Genova. Il «Magistrato di Misericordia», per «statuto di fondazione», ha esclusivamente «fini di culto e
beneficenza», per cui averla costretta a farne il fondatore della nuova Fondazione (per altro con il Notaio che è
andato direttamente in curia (!!!!), si configura come reato e non mi meraviglierei se la Finanza facesse un
repulisti generale, mettendone sotto lente d’ingrandimento la gestione, almeno, degli ultimi 10 anni. Il
Magistrato di Misericordia non c’entra niente con la gestione di Musei e monumenti, per quanto importanti, né
tanto meno si può occupare di pastorale «marmorea», ma solo di «culto e beneficenza». Nient’altro! Le due
Fondazioni devono rispettare le leggi italiane che con nuovo «codice del Terzo settore, aggiornato ancora nel
2024, creerà un altro problema. Il «redde rationem» arriva per tutti, nel frattempo, finché non torna la legalità
e «il diritto non scorra come un fiume», nessuno dei coinvolti può celebrare o partecipare a Messe e sacramenti
perché agirebbero sacrilegamente. Voi del CP cosa ne pensate? Ne eravate a conoscenza? Come vi sentite? La
Morale che predicate è coerente con tutto questo? O è carta straccia? Dai frutti giudicate l’albero e questo albero
ha già la scure alla radice.
Ricordo che il CJC protegge in forma primaria il CP come «soggetto esplicito di diritto», a differenza
dei vicariati rionali che non hanno alcuna rilevanza giuridica, ma solo organizzativa di comodità e obbliga gli
eletti non a essere succubi del vescovo, perché quando siete lì, voi cambiate natura e diventate «collaboratori
obbligati» del vescovo. Egli vi «deve» consultare negli atti di governo, ma può, sotto la sua responsabilità
motivata, non tenere conto dei vostri pareri e suggerimenti perché l’Istituto CP è «consultivo», tranne che in
alcuni casi, dove, invece, è obbligatorio (CJC, can. 500 §2). Voi, pertanto, avete, non solo il diritto personale e
di «coetus» di intervenire e chiedere delucidazioni o spiegazioni e dare suggerimenti, ma avete «il dovere»
d’intervento, diversamente non adempite il compito per cui siete stati votati. Privatamente, potete fare quello
che volete (potete anche strisciare ai piedi della sacra pantofola vescovile). In quanto «coetus» giuridico, però,
voi rappresentate tutto il clero diocesano ed equiparati, per cui siete portatori di interessi e modi di vedere che
possono esser diversi da quelli della curia, del vescovo, dei vicari, e del vostro stesso pensiero personale, ecc.
Non siete stati votati per dire il «vostro parere», ma per rappresentare il parere, possibilmente informato, di chi
vi ha eletto, anche contro le vostre convinzioni personali. Non potete esimervi.
Non mi risulta che avete chiesto chiarimenti sul metodo di trasferimento «in massa» (deportazione la
chiamerebbe Tramp!). Che fine hanno fatto i preti che si son o ritirati, hanno sofferto o sono andati in
quarantena? Avete una sola possibilità, se non vi ritenete all’altezza: dimettetevi. Non mi risulta che qualcuno
di voi, p. es., una volta eletto, alla prima riunione, abbia chiesto al vescovo come mai ha impiegato tre anni per
convocare il CP, sebbene il CJC imponga che «entro un anno deve costituirlo» (can. 501 §3). Nessuno di voi,
una volta eletti – per altro illecitamente – ha chiesto ragione delle «modalità di elezioni» svolte in modo
completamente difforme dalle procedure stabilite «ex professo» dal CJC, visto che lo Statuto del CP, pur
prevedendo all’art. 3 «le modalità di elezione», le descrive in modo superficiale e incompleto, per cui si
dovevano integrare con le norme del CJC (cann. 164-179). Fare parte del CP non è una onorificenza, ma un
dovere di responsabilità e di coscienza, di cui dovete rispondere. Non ho mai visto prendere una iniziativa per
informare direttamente il clero del vostro lavoro nel CP. Si chiama «redditio» e coscienza del proprio compito
di rappresentanza. Spero ne siate consapevoli.
Genova, 19-03-2025
Paolo Farinella prete, «estraneo alla “fraternità sacerdotale” di rappresentanza (Cell. 3343533870)