La scomparsa chiesa di San Domenico a Savona (1306 – 1544), distrutta dai Genovesi. I ruderi ai piedi del Priamar, con il racconto di un antico libro di storia.
di Ezio Marinoni
Per ritrovare qualche traccia di questa chiesa bisogna scendere alla base del Priamar, la fortezza e simbolo di Savona, all’interno dell’Area Archeologica di San Domenico, con i resti della omonima chiesa medievale, edificata nel 1288 e demolita nel 1544.
A Savona, la Contrada di San Domenico, su ordine della Repubblica di Genova, viene distrutta nel corso del XVI secolo, per far spazio alla costruzione dei terrapieni esterni della nuova fortezza. Intorno alla chiesa e al convento di San Domenico sorgeva un vero e proprio quartiere, con case, strade medievali lastricate, concerie, officine, laboratori, botteghe artigiane, di cui sono ancora visibili alcuni resti.
Le testimonianze archeologiche sono state riscoperte, studiate e valorizzate, durante gli ultimi decenni, dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri, dal Comune di Savona, dall’Università degli Studi di Genova e dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria. Gli scavi, che hanno portato alla nascita dell’attuale area archeologica, sono stati portati avanti, a partire dalla metà degli Anni Cinquanta, dal professor Nino Lamboglia, padre dell’archeologia ligure.
La chiesa di S. Domenico è un complesso domenicano che viene compreso nello scempio genovese ai danni di Savona: una grande e importante chiesa, come la cattedrale e come la chiesa di San Giacomo, nello stile che i domenicani imprimono ai loro luoghi di culto.
Nel 1221 Domenico di Guzman si stabilisce definitivamente a Bologna e, poco prima di morirvi, presiede personalmente i primi Capitoli destinati a precisare gli elementi fondamentali dell’Ordine nascente. Nasce la loro chiesa bolognese, i cui lavori di costruzione terminano nel 1240. L’edificio si presenta con una una sobria facciata romanica e un grande pontile a metà tempio. Fin da subito, questa chiesa diventa il prototipo delle chiese domenicane nel mondo e in Italia. Sulla sua falsariga prende l’avvio il progetto della chiesa di S. Domenico di Savona, uno dei principali monumenti della città medievale, con l’annesso convento: essa comprendeva, secondo le fonti storiche dell’epoca, il capitolo, due chiostri, i dormitori, la biblioteca, l’orto e le celle dei monaci.
La sua fondazione risale al 1288, la conclusione dei lavori e l’inaugurazione datano al 1306.
Il complesso domenicano sorge al centro del quartiere omonimo; verrà demolito, come le case circostanti, in quanto adiacente alla fortezza del Priamàr. Sono passati poco più di due secoli e la sua storia già si conclude, il 20 aprile del 1544.
Ci guida alla sua scoperta un antico testo ristampato in anni recenti: Cronache savonesi dal 1500 al 1570, di Giovanni Agostino Abate, Marco Sabatelli Editore, 1989; il resoconto di questa distruzione si può leggere alla pagina 101. La nuova versione linguistica, elaborata da Guido Mazzitelli, ce ne permette la lettura in lingua corrente.
”L’illustrissima Signorìa di Genova aveva fatto costruire a Savona una fortezza inespugnabile ed il convento di San Dominico era venuto a trovarsi di sotto e molto vicino. Allora quei signori, temendo che tale convento con la sua chiesa potesse nuocere alla fortezza, ordinarono di abbatterlo“.
I Genovesi procedono al suo abbattimento con meticolosa cura, lasciandone soltanto poche tracce, ma non abbiamo, fra esse, un disegno o una veduta d’insieme del complesso. Si tratta di una “damnatio memoriae”, si può ritenere che la documentazione in precedenza esistente sia stata accuratamente distrutta per volontà dei demolitori.
Oggi ne rimangono i ruderi, fra la passerella che conduce agli ascensori della Fortezza del Priamàr e corso Mazzini: qua e là spezzoni di grandi muri in pietra, colonne in cotto a settori circolari, due capitelli in pietra, tracce di gradini e altari, murature e sostegni, senza più un senso e una riconoscibilità.
L’area archeologica, antistante la fortezza del Priamàr, è stata individuata e scoperta durante i lavori di costruzione dei bastioni esterni della fortezza nel 1683 (139 anni dopo la demolizione), ma i primi lavori di scavo iniziano soltanto nel 1961. Negli anni successivi le ricerche proseguono, organizzate, come detto, dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri in collaborazione con l’Università degli Studi di Genova e la Soprintendenza Archeologica della Liguria. Vengono alla luce alcuni dati sulla forma e le parti decorative della chiesa, e sulla circostante Contrada Sancti Dominici con reperti di età bizantina e medievale: tutti risultati abbastanza scarsi per saperne di più.
Quanto qui viene descritto si basa sulla planimetria del complesso domenicano, redatta dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri alla conclusione delle campagne archeologiche, sulla relazione tenuta nel 1977 sull’argomento e sui disegni dell’architetto Ricchebono all’adunanza scientifica in memoria del Prof. Nino Lamboglia, sulla consulenza del professor Carlo Varaldo e dell’ingegner Rinaldo Massucco, (ai quali va il merito per i dati rilevati e le ipotesi conclusive).
Segnaliamo che
è Presidente della associazione savonese “A Campanassa”, che nel 2024 festeggia il primo secolo di vita, ed è stato Presidente della Società di Storia Patria Savonese, fino allo scorso 18 ottobre 2024.
In merito S. Domenico, è tempo di domandarsi come si costruiva una chiesa domenicana a quei tempi. Ad aiutarci interviene qualche testo sull’argomento, che ci introduce ai modelli costruttivi e ai relativi principi ispiratori. Le prime regole sull’architettura domenicana sono contenute negli statuti promulgati dai monaci predicatori a Bologna nel 1220: “mediocres domos et humiles habeant fratres nostri”. Tra il 1228 ed il 1241, oltre a ribadire la povertà delle costruzioni, si precisa: “murus domorum sine solario non excedat in altitudine mensuram duodecim pedum et cum solario viginti, ecclesia triginta”. La chiesa, inoltre, deve essere ad aula unica, il coro a terminazione rettilinea con una cappella per parte ed essere coperta a volta soltanto sul coro e sulla sacrestia.
Humbert de Romans (1254 – 63), Maestro Generale dell’Ordine, conferma tutte le regole. Dopo la sua morte vengono introdotte norme che limitano nei conventi “curiositates et superfluitates notabiles” in sculture, pitture, pavimenti ed altre simili cose che “paupertatem nostram deformant”.
In un successivo Capitolo Generale domenicano del 1300 si conferma l’obbligo della povertà e le norme su sculture e pitture, abolendo le restrizioni riguardanti le altezze e le volte; dobbiamo dedurre che la chiesa savonese, concepita nel 1288, avesse stile romanico – gotico italiano, con utilizzo dell’arco a sesto acuto.
Dopo più di settecento anni, che cosa ne rimane? Qualcuno ha ricostruito una pianta di San Domenico il Vecchio, a partire dai pochi ruderi rimasti. La parte absidale, con struttura rettilinea, è formata dalla cappella maggiore affiancata da due minori, il corpo longitudinale a navata unica, anche se sorretta da due file di colonne, un pontile a dividere le due zone. Al presbiterio si accede tramite due gradini, l’area antistante l’altare accoglie una serie di sepolture con lapidi marmoree decorate. La pavimentazione è in ardesia con zone a mattoni, in cui si aprono numerosi loculi, appartenenti alle nobili famiglie savonesi degli Opicio, dei De Cassina e dei Mallio.
Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento vengono costruite, sul lato destro, cinque cappelle, di cui alcune affrescate, appartenenti alle famiglie Riario, Vegerio, Rocchetta e Spinola; in quest’ultima vi era il mausoleo in marmo del Cardinale Agostino Spinola (Savona, 1480 circa – Roma, 18 settembre 1537), poi smembrato e oggi conservato in sedi diverse.
Quando i Genovesi distruggono la chiesa, i muri esterni vengono abbattuti verso l’interno, motivo per il quale saranno ritrovati negli scavi alcuni affreschi, oggi collocati in altre sedi.
A Savona, una seconda chiesa verrà costruita e intitolata a San Domenico: San Giovanni Battista in San Domenico, la cui prima pietra è posata il 12 febbraio 1567.
Ezio Marinoni