C’è stato un tempo in cui la porta d’Italia verso il Mondo non era l’aeroporto di Fiumicino. E nemmeno quello di Malpensa.
di Massimo Ferrari
Fino agli anni Sessanta del secolo scorso dalla Stazione Marittima di Genova – e, in misura minore, anche da quella di Napoli – partivano i transatlantici alla volta delle Americhe, dell’Africa, dell’Estremo Oriente e dell’Australia. Viaggi di parecchi giorni, talvolta di intere settimane, che, tuttavia, potevano essere anche molto piacevoli, almeno se si poteva disporre dei mezzi per accedere alle migliori sistemazioni.
Ne ho un lontano ricordo personale, quando, ancora ai primi anni Settanta, mi capitava di vedere, attraccate ai moli della Stazione Marittima, le ultime due ammiraglie della Società Italiana di Navigazione, la Michelangelo e la Raffaello, varate fuori tempo massimo, quando la preferenza dei passeggeri era ormai incondizionatamente favorevole all’aereo, e finite ingloriosamente nei porti iraniani per ospitare gli ufficiali dello Scià.
La fine delle traversate transoceaniche di linea – avvenuta contemporaneamente anche oltralpe, con disarmo del France, ed oltre Manica, nonostante la tenace resistenza della Queen Elisabeth della Cunard – non significò, tuttavia la fine dei grandi viaggi per mare. Era già cominciata la stagione delle crociere, inizialmente affidata agli attempati piroscafi della Costa o della Lauro, come pure della spagnola Ybarra di Siviglia, adattati in qualche modo alla nuova clientela di vacanzieri, cui seguirono le più nuove navi sovietiche della Black Sea Company di Odessa, prive degli sfarzi capitalisti, ma assolutamente dignitose nell’assicurare il comfort essenziale alla clientela.
Proprio come ora sta accadendo per i treni turistici, quello che sembrava essere il canto del cigno di uno stile di viaggio appannaggio dei nostalgici del buon tempo andato, nel corso dei decenni, a cavallo tra la fine del Novecento e gli albori del nuovo Millennio, si è rivelato un formidabile business che attira crescenti masse di turisti. Basti pensare che, tra il 2012 ed il 2023, il numero di passeggeri delle navi da crociera nel porto di Genova è passato da 800 mila ad 1.700 mila all’anno. Su ciascuno dei 340 “accosti” (numero di attracchi annui) nello stesso periodo, il volume di passeggeri è cresciuto da 3.500 a quasi 5.000. E questo nonostante la concorrenza del vicino scalo di Savona, divenuto l’hub della società Costa.
Quindi navi sempre più imponenti, ultramoderne, dotate di tutti i servizi (ristoranti, casinò, teatri, parrucchieri alla moda, cabine con televisione satellitare, Wi-Fi e balconcini panoramici), ma a prezzi accessibili, grazie alle economie di scala rese possibili dai grandi numeri e da equipaggi reclutati a salari contenuti nei Caraibi o nelle Filippine.
Parallelamente, nell’ultimo mezzo secolo, si è sviluppato un altro importante mercato dei viaggi via mare, seppur a più corto raggio: quello dei traghetti verso le isole del Mediterraneo. Un ambito fortemente stagionale, ultimamente in leggero declino, visto che molti trovano più conveniente scegliere i voli low cost e noleggiare poi l’auto una volta sbarcati in Sicilia o in Sardegna, rinunciando così all’esperienza di una breve, ma spesso piacevole traversata.
A differenza di altri grandi porti come Marsiglia o Barcellona (e adesso anche Venezia, sotto la spinta delle proteste ambientaliste) che hanno confinato i giganti del mare in aree portuali decentrate, da cui è difficile se non impossibile muoversi a piedi per imbarcarsi o visitare la città, Genova ha preferito confermare l’attracco delle grandi navi da crociera nella storica Stazione Marittima, a due passi dai carrugi di via Pré e dal centro storico. I traghetti, invece, sono stati collocati nel nuovo Terminal, poche calate più a ponente.
Quella che poteva sembrare una posizione di retroguardia si sta invece traducendo in una scelta vincente, perché i passeggeri che si imbarcano o sbarcano all’ombra della Lanterna non sono obbligati a servirsi di un mezzo proprio, mentre quelli che fanno soltanto tappa a Genova (spesso le crociere hanno una rotta circolare, per cui si può iniziare e terminare il viaggio in porti diversi), volendo, possono rinunciare ad escursioni motorizzate e visitare la città comodamente a piedi.
Certo, secondo un preciso censimento effettuato da Stazioni Marittime spa, l’auto continua ad essere il veicolo preferito dalla maggioranza dei croceristi (e dalla netta preponderanza di chi usa i traghetti): si stima che il 41 per cento di chi si imbarca a Genova ci arrivi col mezzo proprio. E questo crea non piccoli problemi di parcheggio dei veicoli che sostano mediamente una settimana al prezzo di circa 100 euro, tutto sommato contenuto per chi si sposta con la famiglia al seguito. Un altro 41 per cento di crocieristi raggiunge Genova con bus granturismo noleggiati dalle agenzie di viaggio, mentre il 10 per cento ci arriva in taxi (soprattutto dall’aeroporto) e solo l’8 per cento utilizza il treno.
L’autorità portuale pensa, tuttavia, di incrementare in misura significativa proprio quest’ultima percentuale. Raggiungere almeno il 15/20 per cento di spostamenti su rotaia alleggerirebbe notevolmente la pressione sugli spazi dedicati a parcheggio all’interno del porto, riducendoli mediamente di 250/300 veicoli a crociera. L’impresa non è impossibile. Piazza Principe dista non più di 800 metri dalla Stazione Marittima. Si tratta però di un percorso all’aperto, non sempre comodo per chi è gravato da bagagli, magari in condizioni meteorologiche avverse.
L’alternativa già esiste: si tratta del sottopassaggio che raggiunge i binari di Principe Sotterranea e della relativa stazione della metropolitana. Attrezzandolo con opportuni tapis roulant e dotandolo di una segnaletica dedicata, con una spesa molto contenuta, si potrebbe notevolmente agevolare il transito dal treno alla nave al coperto e in sicurezza. Il percorso richiederebbe solo quattro minuti.
Resta il problema dei controlli di sicurezza. A differenza di quanto avveniva in passato, oggi l’intera area portuale è accessibile esclusivamente ai passeggeri muniti di biglietto marittimo. Esiste un apposito varco destinato a chi accede a piedi alla stazione Marittima, che, comunque, potrebbe essere raggiunto in superficie tramite scale mobili. Il progetto sarebbe stato già sottoposto all’ex sindaco e attuale governatore Bucci, che lo avrebbe condiviso con entusiasmo. In un secondo tempo, grazie al raccordo aeroportuale previsto con la stazione di Erzelli, sarà possibile spostarsi direttamente dal Cristoforo Colombo alle navi da crociera senza neppure ricorrere al taxi. Ne beneficerebbero i molti turisti provenienti dalle città del nord Europa che si imbarcano nel capoluogo ligure.
Tutto ciò ci è stato illustrato – eravamo un gruppo di una dozzina di persone – nel corso di una visita guidata dal responsabile di Stazioni Marittime spa, ing. Alberto Minoia, già dirigente del gruppo Fs e, quindi, molto sensibile alle tematiche della mobilità ferroviaria. Grazie a lui è stato possibile accedere anche alla sala di prima classe, impreziosita da affreschi che richiamavano le maggiori attrazioni turistiche del nostro Paese ed i grandi alberghi in voga negli anni Trenta. Campeggiavano anche le fotografie dei passeggeri illustri che si imbarcavano sui transatlantici: dive come Maria Callas, attori come Anthony Quinn, oppure il grande direttore d’orchestra Arturo Toscanini. Un tuffo nei fasti del passato.
Nascosto dietro una porta un legno, c’è anche l’Ufficio dei Medici di Bordo, tuttora presenti sulle moderne navi da crociera. Infatti, se sfortunatamente capita di avere un malore durante la navigazione, si può contare sulla pronta assistenza di dottori e infermieri, spesso provvisti di una piccola sala operatoria per interventi d’urgenza. Il tutto senza sobbarcarsi le estenuanti attese cui siamo costretti quando ci capita di recarci ad un pronto soccorso ospedaliero. Non è un caso, dunque, se alcuni facoltosi clienti di una certa età preferiscono trascorrere intere stagioni a bordo delle navi da crociera. Una alternativa certamente preferibile – e neppure molto più onerosa – rispetto al malinconico soggiorno in una Rsa.
Massimo Ferrari