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Cosa cambia a Milano con la nuova metropolitana blu? Mobilità. Caso unico in Italia. C’è da essere invidiosi


Sabato 12 ottobre 2024 è stata inaugurata a Milano la linea metropolitana blu nella sua interezza. Già era in funzione la tratta dall’aeroporto di Linate al centro, in piazza San Babila. Ora si può proseguire sotto terra fino a San Cristoforo, all’estremità sud ovest della città.

di Massimo Ferrari°

Ufficialmente questa è la quarta linea (MM4) meneghina, ma in realtà si tratta della quinta, visto che la MM5 (metrò lilla) funziona già da oltre dieci anni. Ambedue sono automatiche, ossia prive di conducente a bordo. La circolazione è gestita da remoto. Lungi dal creare problemi di sicurezza, queste sotterranee sono meno soggette ad incidenti, non fosse altro perché, essendo dotate di porte di banchina, impediscono cadute accidentali sui binari ed i purtroppo frequenti suicidi che perturbano l’esercizio.

Il capoluogo lombardo dispone ormai di una rete di 112 chilometri. Poco rispetto alle metropolitane storiche di Londra, New York e Parigi, per non parlare delle più recenti sotterranee esplose in pochi anni a Shanghai e Pechino. Molto, se consideriamo che l’estensione del comune di Milano è piuttosto modesta, solo un settimo rispetto a Roma, e che la popolazione residente entro i confini municipali si attesta ad un milione e 371 mila abitanti.

Quindi, con oltre 134 stazioni operative (di cui solo 19 extraurbane), la città lombarda vanta adesso una delle più alte densità di metropolitana per abitante e per chilometro quadrato al Mondo. Soltanto a Manhattan, nella Parigi “intra muros” o nel cuore di alcune megalopoli asiatiche si può incontrare qualcosa di simile. Per di più, sarebbero da aggiungere alcune tratte di ferrovie urbane che, per frequenza dei passaggi, costituiscono di fatto servizi metropolitani, in particolare il Passante (Lancetti – Porta Garibaldi – Repubblica – Porta Venezia – Dateo – Porta Vittoria) e la penetrazione urbana delle Nord (Bovisa – Domodossola – Cadorna). Cui si aggiungerà tra non molto la cintura sud, dove, dopo la prevista chiusura della stazione di Porta Genova, verranno presumibilmente istradati i treni suburbani da Mortara ed Albairate, riducendo i passaggi delle corse dall’attuale mezz’ora a 15 minuti.

E non basta, perché Milano conserva in (relativa) efficienza una delle più vaste reti tranviarie del Mondo (precisamente la quinta per estensione con 182 km). Fino agli anni Novanta si realizzavano metropolitane anche per smantellare i binari in superficie, risparmiare i costi di esercizio e favorire  la circolazione delle auto. Ma già con l’inaugurazione della linea gialla (MM3) nella parte nord e poi con le due automatiche lilla e blu si è capito che, se si vuole ridurre il traffico veicolare, bisogna semmai sottrarre spazio ai veicoli privati.

E, infatti, negli ultimi vent’anni, molte vie sono state pedonalizzate, sono proliferate le piste ciclabili, talvolta si sono anche allargati i marciapiedi e la sosta a pagamento è sempre più diffusa (anche se blandamente controllata). Ma per supportare tale strategia non bastava disporre di una vasta rete di metropolitana: occorreva anche preservare un sistema capillare di trasporto in superficie, possibilmente in sede protetta (molti viali tranviari servono ancora egregiamente alla bisogna) e non inquinante.

Oltre a 18 linee su rotaia, ovviamente a trazione elettrica, ci sono anche 4 linee filoviarie circolari o semi circolari discretamente frequenti ed affidabili. Negli ultimi trent’anni il tram è tornato in chiave moderna in oltre cento città nel Mondo che lo avevano eliminato da generazioni. Ma, in genere, si tratta di alcune linee di forza che integrano la metropolitana o ne svolgono le funzioni lungo le direttrici più frequentate. Una vasta rete tranviaria (e filoviaria), in aggiunta ad una densa rete di metropolitana, è un vanto che poche grandi città possono permettersi. Milano è tra queste.

Tutto bene, dunque? Beh, non proprio, perché la vera area urbanizzata che gravità sulla Madonnina si estende ben oltre i confini comunali ed ingloba circa 4 milioni di residenti. E, proiettato su questa scala, il discorso cambia. La metropolitana milanese si estende solo a pochi comuni contermini (Pero, Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Assago e lungo l’asta della Martesana).

Anche i tram scavalcano i confini appena verso Cinisello Balsamo e Rozzano, mentre si attende con infinita pazienza la ricostruzione delle linee della Brianza verso Desio/Seregno e Limbiate. Del prolungamento fondamentale della MM5 fino a Monza si parla da decenni, ma in concreto i lavori di scavo non sono neppure iniziati. Altrimenti, per raccogliere la potenziale utenza proveniente da decine di grossi centri dell’hinterland, bisogna affidarsi ai servizi ferroviari di Trenord, teoricamente abbastanza capillari (specie a settentrione) e frequenti (le linee “S”), ma molto spesso afflitti da sovraffollamento, cancellazioni e ritardi. E ciò comporta un continuo afflusso di auto verso Milano che non sempre vengono intercettate dai (rari) parcheggi di corrispondenza e finiscono, quindi, per gravare sulla rete viaria del capoluogo, complice anche lo scarso controllo della sosta a pagamento.

Cinquant’anni fa si parlava a Milano – come, del resto, nelle altre grandi città italiane – di traffico caotico tale da peggiorare la qualità di vita dei residenti, tra congestione permanente ed inquinamento montante. Ciò spinse molti residenti, complice anche (anzi, direi, soprattutto) l’alto prezzo degli immobili, a spostarsi verso i comuni di cintura. Oggi la situazione sembra quasi ribaltata. Se ci si avvicina al centro urbano spesso la circolazione si fluidifica, grazie anche ai divieti dell’area B, del pedaggio dell’area C e della sosta a pagamento (cui nelle vie storiche difficilmente si sfugge).

Viceversa, appena si varcano i confini municipali, la congestione veicolare diventa la norma a tutte le ore della giornata – vedasi la situazione comatosa delle tangenziali – in carenza di valide alternative di trasporto pubblico, specie se ci si sposta da un comune all’altro. Perciò, a Milano (soprattutto nei quartieri all’interno della circonvallazione filoviaria) si può benissimo vivere senz’auto, spostarsi in metrò, tram, bus ed anche utilizzare la bici (gli itinerari quasi protetti si sono moltiplicati) o spostarsi a piedi (altrove i marciapiedi sono ridotti e talvolta assenti).

Ma, se si esce dai confini del capoluogo tutto ciò diventa più arduo, talvolta francamente impossibile. Col risultato che inquinamento, congestione e stress si sono progressivamente spostati fuori, rendendo la vita più difficile (e costosa: visto che bisogna mantenere più veicoli per famiglia) a coloro che si erano migrati nell’illusione di godere di condizioni di vita più tranquille e salubri. Mentre persino il verde fruibile è spesso più abbondante nel capoluogo, dove negozi di prossimità, scuole, biblioteche e palestre sono più facilmente accessibili e, sembra paradossale, fuori dalle ormai ridotte ore di punta, è persino più facile muoversi in auto rispetto al passato.

Ma un’isola relativamente felice fatica a sopravvivere in un mare ostile. Come altrove in Italia, gli investimenti in nuove infrastrutture latitano a causa delle scarse risorse finanziarie, cui si somma una burocrazia opprimente che dilata ogni programma di spesa, suscitando sempre più spesso le resistenze dei cittadini che temono i cantieri infiniti. Così, sotto la spinta dell’opinione pubblica la linea blu è stata inaugurata senza che fosse completato il riassetto delle vie in superficie, mentre persino i punti di interscambio col resto della rete non sono ancora stati completati (per esempio, a Sant’Ambrogio), senza parlare dell’infelice soluzione adottata tra Policlinico e Missori.

Con tutto ciò, la metropolitana milanese è ormai divenuta l’asse fondamentale della mobilità con circa 1.250 mila utenti giornalieri, relegando la rete di superficie, un tempo famosa per la sua efficienza e capillarità, ad una funzione di supporto e, caso unico in Italia (gli altri sono collegamenti ferroviari), serve direttamente l’aeroporto di Linate. Napoli Capodichino e Catania Fontanarossa seguiranno successivamente. Finora sulla blu non si rilevano conflitti tra utenti urbani e viaggiatori aeroportuali. Con la crescita del traffico si vedrà se la soluzione scelta è stata ottimale.

Certamente le altre grandi città italiane hanno un motivo in più per invidiare il capoluogo lombardo. Non solo la disastrata capitale, cronicamente carente di servizi efficienti, ma anche Napoli, che pure di infrastrutture ne vanta molte, talvolta d’eccellenza (architettonica), come la metropolitana collinare ed ora anche la linea 6. Per non parlare di Torino, di Genova o di Palermo, città in cui il  trasporto pubblico fatica a costituire un’alternativa credibile alla mobilità individuale. Ma anche il Comune di Milano non ha troppi motivi per gioire. Gli introiti tariffari coprono meno del 40 per cento delle spese di esercizio, il governo lesina sul Fondo Nazionale dei Trasporti ed il deficit a carico delle casse di Palazzo Marino è cresciuto a 300 milioni annui. Si pensa di aumentare la tassa di soggiorno per contenere il buco nel bilancio municipale. Ma solo se Roma darà il via libera.

°Massimo Ferrari – Presidente UTP/Assoutenti


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M. Ferrari

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