Mio padre non amava il mare, l’aveva visto per la prima volta a vent’anni e non sapeva nuotare. Più che visto l’aveva intravisto, l’aveva indovinato lontano dalle montagne del Tenda, era artigliere alpino.
di Massimo Germano
Io riuscivo a camuffarmi da mezzo nolese: visto di fianco, tra gli amici, si poteva equivocare. Lui no, al mare lui aveva sempre quella faccia, per dirla con Paolo Conte, “un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi mentre guardiamo Genova“.
Per mia fortuna il lavoro l’assorbiva molto, e restava a Noli per pochi giorni, a Ferragosto. Veniva in spiaggia di malavoglia, lo ricordo seduto sulla sdraio bene all’ombra, vestito di tutto punto, la cravatta appena allentata, slacciati appena i legacci delle scarpe. Durante la sua permanenza i miei movimenti erano molto limitati, non si fa il bagno dopo mangiato, non si oltrepassa la boa e soprattutto niente trampolino. Gli volevo molto bene, ma confesso che riaccompagnarlo alla stazione era per me un grosso sollievo.
Lavoro Vittorio Germano che ha percorso tutta la carriera nell’azienda Ulrich da apprendista a direttore commerciale. Ha vissuto 34 anni in mezzo alle erbe aromatiche e medicinali, incontrandosi con i raccoglitori che percorrono le vallate alla ricerca di piantine rare, che crescono spontaneamente tra le rocce, sulle sponde dei torrenti, nel folto delle brughiere. Dal suo ufficio partono dispacci diretti ai coltivatori di piante medicinali di tutto il mondo. Per il signor Germano è un fatto normale chiedere a un colono del Mato Grosso una partita di ipecacuana, a un agricoltore della Virginia qualche chilo di radici di poligala o di cascara sagrada, a uno speziale dell’Estremo Oriente cortecce di china o estratto di rabarbaro……”
Il suo amore per Noli si sviluppò lentamente col tempo. Non con la Noli marinara, ma con l’altra Noli, quella contadina. Appassionato di botanica aveva scoperto che Capo Noli ha una sua flora particolare, di confine, e ne esaminava i vari aspetti. Amava i fiori selvatici, ricordo la passione con cui osservava delle comunissime piantine di timo durante una passeggiata al Semaforo.
Mentre scrivo ho davanti a me un suo disegno di allora, che conservo con amore. Aveva un olfatto formidabile. Senti, mi diceva, l’odore particolare che ha questo timo, è un po’ più canforato del nostro, (quello piemontese), ma ha delle tonalità stupende. Io annuivo, e pensavo al mio trampolino.
Massimo Germano