E’ notizia dei giorni scorsi. Secondo un’indagine realizzata da Skuola.net per Eco, Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti, il 60 per cento dei giovani tra i 15 ed i 35 anni non pensano di acquistare, almeno per il momento, un’auto propria, ma preferiscono spostarsi con altri mezzi.
di Massimo Ferrari
Il 33% opta per il servizio pubblico, il 19% si muove a piedi, il 13% con biciclette o monopattini, mentre altri preferiscono ricorrere allo sharing. Risulta, perciò, confermato anche in Italia un certo disincanto verso il possesso dell’auto, che per alcune generazioni era stato l’obiettivo più desiderato al compimento della maggiore età. Ci sarebbero dunque anche da noi i presupposti per una parziale “demotorizzazione”, almeno nei centri maggiori, che negli anni passati ha interessato grandi metropoli, come Londra, Parigi e New York. Fenomeno che sarebbe presumibilmente più accentuato se le nostre città potessero vantare reti di trasporto pubblico efficienti, affidabili e funzionanti a tutte le ore del giorno e della notte.
Sta per finire, dunque, quell’irresistibile innamoramento per le quattro ruote che, partito dagli Stati Uniti un secolo fa, ha poi contagiato l’Europa Occidentale a partire dal dopoguerra? Che ha regalato indubbiamente spazi di libertà prima sconosciuti ai più, ma che in cambio ha snaturato le nostre città, rendendole più inquinate, pericolose e cementate e vedendo poi ridursi il vantaggio di disporre di un veicolo proprio, man mano che il successo della motorizzazione avrebbe comportato la crescente congestione viaria e la nevrosi indotta dalla sempre più difficile caccia al parcheggio.
Non è però che l’automobile sia un male in sé, essendo ben evidenti i vantaggi che inducono i più a preferirla. Il problema sta nell’abuso che si tende a farne, anche per spostamenti che potrebbero essere più efficacemente soddisfatti in maniera diversa. E soprattutto i giovani sembrano averlo capito. I loro padri accendevano il motore anche per raggiungere l’edicola dietro l’angolo (oggi, per la verità, troppi hanno rinunciato addirittura a comprare il giornale e le edicole si sono rarefatte).
Le nuove generazioni ricorrono quasi sempre all’aereo per le località europee più gettonate. Per spostarsi verso le maggiori città italiane scelgono il Frecciarossa o Italo. L’auto, semmai, la noleggiano a destinazione, ma spesso si servono di metropolitane e tram, quando sono affidabili. Le migrazioni bibliche verso il sud durante le vacanze estive sono un ricordo degli anni Settanta, mentre persino l’abitudine di utilizzare i traghetti per sbarcare con la propria vettura nelle grandi isole, come la Sardegna, sembra in fase calante.
Ciò non toglie che il nostro territorio continua ad essere soffocato dal traffico. Non tanto nel centro delle grandi città – dove ZTL, pedonalizzazioni e sosta a pagamento hanno fatto terra bruciata anche per i devoti delle quattro ruote – quanto nelle smisurate cinture suburbane, cresciute caoticamente e prive di adeguati servizi alternativi. Per molti, dunque, lo spostarsi in auto da tempo ha finito di essere un piacere ed è diventata una necessità cui è molto difficile sottrarsi. Vittime spesso delle proprie scelte, rivelatesi col tempo errate: vado ad abitare in periferia, dove c’è più verde (ma dove?) e sottovaluto il tempo e lo stress necessario per recarsi ogni giorno al lavoro. E vittime anche della propria pigrizia mentale.
Servirsi dell’auto può ancora essere un grande piacere, ma fuori dagli itinerari battuti, lungo quelli che ben pochi percorrono. Perché incapaci di uscire dalle autostrade senza perdersi (come dimostrano i quiz televisivi, le conoscenze, anche elementari, di geografia sono ai minimi storici). Perché ormai schiavi del navigatore, che indica invariabilmente il percorso (teoricamente) più veloce. Perché assillati dall’imperativo di arrivare a destinazione il prima possibile (quando poi a destinazione non c’è proprio nulla da fare). Anche per questo motivo decadono le antiche strade nazionali, spesso declassate a provinciali, che attraversano terre bellissime – specie quelle appenniniche ed alpine – ma sempre più spopolate. Quanti hanno provato, almeno una volta, a raggiungere la Riviera di Ponente, partendo da Milano o da Torino, attraverso valichi suggestivi come il Col di Nava o il Sassello? Oppure ad andare da Parma a Chiavari col Passo del Bocco o verso Sestri Levante con il Cento Croci?
I vecchi ne hanno un vago ricordo dei lontani tempi pre autostradali. I giovani non sanno neppure di cosa si stia parlando.
Fanno parzialmente eccezione i motociclisti, che incontri a stormi nei fine settimana, sulla Cisa (non l’autostrada in perenne ristrutturazione, ma la vecchia nazionale che comincia a salire a Fornovo dai tornati di Piantonia), assieme a qualche ardimentoso ciclista e, da qualche tempo, anche ai viandanti che cercano di riscoprire la via Francigena, magari fermandosi per una sana colazione a base di prodotti tipici in qualcuna delle locande sopravvissute. Di automobilisti ben pochi. Quelli stanno pigiati in autogrill a disputarsi i soliti snack, uguali dal Trentino alla Sicilia.
La musica non cambia molto se ci avventuriamo sulle Alpi. Certo, la presenza di prestigiose località sciistiche induce anche i più pigri a percorrere gli ultimi chilometri affrontando qualche tornante per arrivare a Gressoney o a Cortina d’Ampezzo, chiedendosi magari come mai lì non sia ancora arrivata una autostrada (che speriamo vivamente non venga mai costruita!). Perché le moderne costruzioni viarie avranno sì abbreviato i tempi di percorrenza ed evitato un po’ di nausea a quelli deboli di stomaco, ma in cambio hanno deturpato i migliori panorami delle nostre montagne.
Gli svizzeri, più saggiamente, hanno evitato certi scempi. A Sankt Moritz si arriva preferibilmente in treno, con i convogli rossi delle Ferrovie Retiche, che sotto le gallerie dell’Albula o del Vereina trasportano anche le auto. Chi ci arriva da Milano deve inerpicarsi sui tornanti del Maloja prima di godersi la grandiosa maestosità dell’altopiano engadinese.
I francesi hanno valorizzato la Route des Grandes Alpes: un formidabile percorso accidentato che da Nizza si addentra fino a Chamonix ed al lago Lemano, impegnando alcuni dei passi che fecero la storia del Tour de France, dal Vars, all’Izoard, all’Iseran. Si incontra anche il Col de la Bonette, il più alto passo carrozzabile d’Europa, l’unico che oltrepassa i 2.800 metri, una spanna in più del nostro arditissimo Stelvio. Con le marmotte che attraversano continuamente la carreggiata. Ci si può arrivare dal versante italiano anche col ripido colle della Lombarda che sale da Cuneo. Già, ma quanti italiani lo conoscono?
Eppure proprio percorrendo strade come queste si potrebbe riscoprire il vero gusto di viaggiare in auto. Lontano dai fumi di scarico, dai parcheggi in doppia fila, dalle file chilometriche. Dove l’auto permette davvero di riscoprire il senso della libertà. E diventa un mezzo insostituibile (visto che, a differenza degli svizzeri e degli austriaci che hanno saputo ammodernarli e valorizzarli, noi abbiamo abbandonato e distrutto bellissime ferrovie alpine, come quella del Cadore, della val di Fiemme o di Oropa).
E allora, non sarebbe meglio lasciare a casa l’auto in città, dove, spostandosi a piedi, in bici o in metropolitana, spesso si arriva prima e certamente più rilassati. Scegliere l’Alta Velocità o il volo low cost per raggiungere Napoli o Bari, invece di incolonnarsi su autostrade, per altro perennemente intasate dai Tir. E, invece, riscoprire il piacere della guida sulle strade minori che irradiano la Penisola, prima che la mancanza di soldi e l’incuria nella manutenzione le rendano impercorribili? Provate a seguire la vecchia Appia – un tempo la “Regina viarum” – tra Potenza e Matera per vedere in che stato è ormai ridotta.
In fondo siamo un popolo di pensionati (se si procede di questo passo, il numero di anziani supererà i giovani in età lavorativa), ancora relativamente benestanti (fino a quando le nazioni emergenti non surclasseranno definitivamente la nostra economia). Cosa aspettiamo a goderci le bellezze del nostro Paese, sfruttando con intelligenza tutti i mezzi a nostra disposizione. I treni (dove funzionano), bus e tram nelle città, a piedi e in bici, almeno sulle brevi distanze. Ed anche l’auto, ma dove davvero costituisce una valida opportunità?
Massimo Ferrari