La damnatio memoriae di Cristoforo Colombo. Negli ultimi tempi, con la diffusione nel mondo del politically correct e di molte delle aberrazioni connesse, anche le statue di Cristoforo Colombo sono state prese di mira, ricoperte di vernice, decapitate, persino rimosse.
di Tiziano Franzi
Le statue di Colombo sono state abbattute a Richmond in Virginia e a Minneapolis in Minnesota, mentre altre a Boston e a Miami sono state vandalizzate. A Buenos Aires l’allora Presidente approfittò del restauro della gigantesca statua di Colombo situata nella centrale piazza Colòn, per sostituirla con l’effige della leader della guerra antispagnola.
Lo stesso vale per il Columbus day , istituito ufficialmente dal presidente degli USA Benjamin Harrison (1833-1901) e nel 1937 riconosciuto come festività federale dal presidente Roosvelt. Contro la festività le critiche si sono acuite negli ultimi anni, tanto che dal 2016 alcuni Stati, come il Vermont e città come Denver, Phoenix, Seattle, San Francisco e Los Angeles l’hanno abolita.
Molteplici sono le cause di questo atteggiamento anti-colombiano e non è certamente questa la sede per approfondirle. Sta di fatto che la critica storiografica ha mutato atteggiamento negli anni verso la figura di Cristoforo Colombo.
Da scopritore a colonizzatore- Il problema cominciò ad essere posto molto presto, già a seguito del secondo viaggio di Colombo nel settembre 1493. Partendo per la Spagna , di ritorno dalla prima spedizione, l’ammiraglio aveva lasciato sull’isola 39 persone dell’equipaggio, dopo avere fatto costruire per loro il fortino Nadividad in parte con i relitti del naufragio della Santa Maria, sull’isola Hispaniola, con lo scopo di ispezionare l’isola di San Salvador e quelle vicine (con una lancia che essi stessi avevano costruito), in attesa del ritorno della flotta della nuova spedizione. Ma quando approdò, nel 1493, Colombo trovò il fortino totalmente distrutto e tutti marinai uccisi, alcuni dei quali barbaramente.
Peraltro, già sulle due caravelle di ritorno dal primo viaggio Colombo aveva costretto ad imbarcarsi alcuni indigeni, donne e bambini, affichè in Spagna potessero imparare la lingua e fungere così da interpreti ed essere convertiti al cristianesimo. In una lettera indirizzata ai re di Spagna scrive: «Credo che facilmente possono farsi cristiani, perché mi è parso che non avessero alcuna religione. Piacendo a Nostro Signore, al momento della partenza ne porterò con me sei alle Vostre Altezze, perché apprendano a parlare”.
Ma la violenza con cui gli indigeni avevano distrutto il primo fortino e ucciso i suoi abitanti, mutilandone alcune parti, fu la causa dei primi sospetti di cannibalismo rivolti agli stessi. Nel secondo viaggio, seguendo nuove rotte fra le isole , la flotta raggiunse anche Martinica e Guadalupa, dove furono trovati i resti di alcuni pasti, che furono ritenuti consumati dai caribi, identificati con una tribù di antropofagi.
Le accuse di cannibalismo e la deportazione dei primi schiavi- L’atteggiamento di Colombo verso i tainos cambiò: da esploratore e scopritore egli ( e il suo equipaggio) divennero colonizzatori. Inizialmente i rapporti con le popolazioni locali furono pacifici, ma dopo la fondazione della città di Isabela in onore della regina di Spagna) sulla costa settentrionale di Hispaniola, alcuni indigeni ribelli iniziarono a nascondersi nei boschi e a non accettare la presenza degli stranieri.
Dopo una ricognizione in compagnia di una parte dell’equipaggio che lo portò a Cuba (che egli non riconobbe come isola, data la vastità, ma come propaggine della terraferma) , di ritorno a Hispaniola Colombo si trovò di fronte una situazione disastrosa: le malattie (soprattutto il vaiolo) dilagavano tra gli indigeni che, per natura, non avevano anticorpi per combattere quella e altre malattie importate dagli europei, inoltre diversi membri della spedizione si erano dispersi alla ricerca dell’oro, iniziando a maltrattare i nativi in ogni modo, anche con torture , stupri e altro.
A questo punto Colombo fu costretto – perdurando anche la ribellione degli indigeni, a operare una duplice azione di repressione: i marinai giudicati colpevoli verso gli indigeni furono condannati a subire mutilazioni (soprattutto al naso e alle orecchie perché fossero visibili) , mentre molti degli indigeni ribelli, dapprima fatti prigionieri, furono inviati in Spagna come schiavi, suscitando a corte una certa indignazione, soprattutto da parte della regina Isabella, che si sarebbe operata per la loro liberazione.
In una comunicazione ai reali scritta durante il ritorno dal secondo viaggio, Colombo traccia un programma di sfruttamento delle terre da lui scoperte, ponendo sullo stesso piano spezie, prodotti della terra, oro e uomini, a condizione che si tratti di idolatri ,così da risultare quanto meno coerente e salvare la coscienza. Scrive: « Le Loro Altezze potranno vedere come io procaccerò tutto l’oro di cui avranno bisogno[] e spezierie e cotone quanto le Loro Altezze comanderanno[…][ e schiavi quanti vorranno che ne imbarchi, questi saranno scelti fra gli idolatri.»
Scrive a questo proposito lo storico Antonio Musarra: “L’ottica, dunque, è quella colonizzatrice. Raggiungere le Indie ha senso qualora vi siano dei vantaggi. Questo sono individuati nell’apertura di nuovi fronti commerciali, oltre che nella ricerca del metallo prezioso. Ben presto, però, l’Ammiraglio si renderà conto della relativa povertà delle terre incontrate. L’oro scarseggia. Bisogna guardare altrove. In effetti, nell’arco di pochi anni, la voce di guadagno più importante diventerà la schiavitù, attorno alla quale inizierà a svilupparsi un ampio commercio. […] Colombo è convinto della liceità della cattura dei non battezzati. E, a maggior ragione, di coloro che gli sono ostili. La loro conversione-magari al termine di un lungo percorso di servizio-non può che essere gradita a Dio.” [Antonio Musarra, 4.10.1492- La scoperta dell’America, RCS Mediagruoup, 2023]
Inoltre il sospetto di cannibalismo diventa certezza, anche per giustificarne la deportazione. Così negli scritti i canibali diventano camballi, che devono essere piegati con la forza. La riduzione in schiavitù degli idolatri rappresenta, dunque, la giusta punizione per il peccato di cannibalismo . E ancora Musarra: “L’Ammiraglio adotta il pugno di ferro, dando il via a una serie di cacce all’uomo che prevedono anche l’utilizzo di mastini feroci; catturando circa millecinquecento persone, fra uomini, donne e bambini, parte delle quali inviate in Spagna. La «scoperta» ha, ormai, cambiato segno.”
Nella lettera inviata ai sovrani nell’ottobre 1498, durante il suo terzo viaggio, Colombo afferma: «Dal momento che tra le altre isole quelle dei cannibali sono molte, grandi e assai decisamente popolate, sembra qui che prendere un po’ di costoro e mandarli in Castiglia non sia se non una buona COSA,, perché abbandoneranno alfine l’abitudine crudele che hanno di mangiare carne umana [… L’obiettivo è quello di ridurre gli Indios all’obbedienza ] in guisa che tutti li si potrà governare quali vassalli delle Loro Altezze.»
Anche nella loro terra i nativi saranno costretti ai lavori forzati, spesso in condizioni disumane. Ma questo avverrà soprattutto alla fine degli anni Novanta, quando anche fama e la fortuna di Colombo cominceranno a venir meno , tanto che egli sarà destituito dal comendador Francisco Bobadilla, inviato dai sovrani per verificare le voci sulla difficile situazione nelle colonie.
Gli ultimi anni di Colombo- Nel 1500 l’ammiraglio è portato in catene in Spagna con il fratello Bartolomeo, per rispondere davanti a un tribunale di pesanti accuse, quali soprusi verso i nativi e verso i coloni spagnoli. Pur scaglionato, perderà progressivamente non solo la fiducia dei sovrani, ma la fama e il successo popolari legati alla sua impresa e, ancor più grave, gli verranno ritrattati i diritti sulla conquista ricevuti direttamente dai sovrani, come la percentuale di guadagno su ogni commercio con le isole (ormai colonie) da lui scoperte. Durante il quarto e ultimo viaggio sarà perfino abbandonato per alcuni mesi, come un naufrago, in Giamaica, prima di fare ritorno a Valladolid, dove morirà due anni dopo , a soli 55 anni, sempre convinto di avere scoperto un nuovo passaggio per le Indie.
Conclusioni- Il rapporto con la scoperta di nuove terre e i suoi abitanti, seguono una parabola ascendente (o discendente secondo il giudizio di ciascuno). Inizialmente Colombo su esploratore e scopritore. Il suo intento fu quello di sfruttare economicamente le risorse di quelle nuove terre, inviandone le risorse ( che si rivelarono meno cospicue di quanto da lui sperato) ai reali di Spagna, come stabilito- diremmo oggi- nel suo contratto di ingaggio.
La svolta nel suo comportamento si ebbe a partire dal secondo viaggio, dopo avere trovato distrutto il fortino e barbaramente uccisi i compagni che aveva lasciato sull’isola. Se prima egli guardava ai tainos con occhio benevolo, giudicandoli miti e facilmente assoggettabili, in seguito a quell’evento ai suoi occhi essi divennero caribi , cannibali antropofagi e quindi giustamente punibili con ogni mezzo, riducendoli ai lavori forzati . Così da scopritore Colombo divenne colonialista.
Il passaggio successivo fu quello di considerare quei nativi idolatri, in quanto non avevano ricevuto il battesimo, come merce umana che poteva essere resa schiava e in tali condizioni essere “spedita” in Spagna per entrare a far parte di quel mercato di schiavi che proprio in quegli anni cominciava da diffondersi in Europa e a dimostrarsi redditizio. Da colonialista Colombo divenne così schiavista.
Ma anche questo va letto nel contesto socio-economico dell’epoca.
Lo schiavismo divenne sempre più frequente in Europa e quando non erano sufficienti gli Indios, si prendevano schiavi dall’Africa, in particolare dal Gambia. Anche a Genova gli schiavi erano numerosi, soprattutto donne e ragazzi, di cui gli esponenti dei ceti più abbienti si servivano come personale di servizio.
Scopritore, colonizzatore, schiavista: sì. Ma non si può incolpare Colombo di quel vero e proprio genocidio che iniziò con l’invio di truppe armate che, con la scusa di portare la civiltà e la vera fede (con gli uomini di Chiesa che facevano parte della spedizione), operarono una vera distruzione di massa, che portò allo sterminio di intere popolazioni. I cosiddetti conquistadores, guidati da Hernán Cortés e Francisco Pizarro cancellarono l’Impero azteco in Messico e quello Inca in Perú. Entrambi erano a capo di un numero piuttosto esiguo di truppe, eppure riuscirono intelligentemente a manipolare le gelosie e le rivalità degli eserciti indigeni e ad aumentare le proprie forze mediante numerose alleanze.
Ma tali atrocità incominciarono nel 1519, quando Cristoforo Colombo era morto già da tredici anni.
Tiziano Franzi