Il sole brucia già alto ai nove tocchi di campana del Duomo di Albenga che, in viale Pontelungo, risuonano limpidi a chi, come me, sta osservando il pullman che sbuca da via Genova. Oggi, giovedì 15 giugno, ho deciso, con l’auto a riposo a Savona, di servirmi dei mezzi pubblici per compiere il mio lavoro.
Il pullman su cui salgo, fermata Borghetto, è multietnico ed a maggioranza senegalese, ma ben si difendono anche marocchini e peruviani (donne in maggioranza, molte badanti). I senegalesi, tutti in piedi, sono come preda timorosa di essere cacciata, ma con difese ormai collaudate riassunte da un cellulare dove, chi chiama, avverte chi è sul mezzo che a due fermate di distanze stanno per imbarcarsi un paio di controllori. Tutti, di corsa, ad obliterare un biglietto vergine da chissà quanto tempo e da quante corse. Oblitera, quasi ringraziando, anche un giovane italiano, per un attimo distratto dalla musica che entra nelle cuffie.
I controllori salgono e trovano tutti in ordine, forse a malincuore perchè comminare una multa o far scendere dal pullman qualcuno, soprattutto se straniero, è parte del loro lavoro. Tempo di far due consegne e risalgo sul pullman del ritorno, il caldo è afoso, l’aria condizionata inesistente. Alla seconda fermata di Ceriale due senegalesi, con i loro sacchi sulle spalle, attendono il passaggio del pullman. Fanno segno con la mano, il pullman rallenta e poi, con scatto, riparte. I due fanno cenni disperati, ma inutilmente. Nessuno fa segno al conducente, magari qualcuno trova già esagerata la presenza di tante persone di colore sul pullman e se due non vengono caricate problemi loro, soltanto loro.
Il pullman accosta premurosamente nella fermata di Pontelungo: due ragazze, una bellissima sulla quale è impossibile non posare gli occhi sulle lunghe gambe, salgono e si mettono a dialogare con un bullo in bermuda che, senza vergogna di farsi ascoltare, dice che se salirà qualche controllore dovrà vedersela con lui, che ha appena preso “la bomba”, quella, dice sempre lui, che distribuisce ad amici nelle tristi notti in discoteca, dove pochi ormai vanno per ballare (e rimorchiare).
Scendo, boccata d’aria pura fino alle 15 quando devo compiere il secondo giro, questa volta Ceriale, tappa ancor più breve. Il pullman non transita e la gente in attesa aumenta, quasi tutti ad osservare un ragazzo, sui vent’anni, che sgomma in piena piazza del Popolo, senza che nessun vigile sia presente. <Gli orari scritti– mi dice un pendolare-.sono una pura formalità. Spesso si salta una corsa, con la scusa che c’è traffico, in ore, caso strano, dove la circolazione è ridotta>. Il pullman passa in netto ritardo, due anziani restano piedi nell’indifferenza di tanti giovani seduti e concentrati sui loro smartphone….
Meno male che, per chiudere la giornata da pendolare, da Loano a Savona userò il treno, quello che va in direzione Torino delle 16.40. Convoglio pieno, con due lavoratori torinesi che hanno preso una giornata di ferie: <Soltanto per poter tuffarci e toglierci la calura dalla pelle ma non l’odore della fabbrica dove i padroni risparmiano sull’aria condizionata perchè potrebbe nuocere ai profitti>: due dei nuovi schiavi, dei senza diritto, degli ultimi, e chissà dove saranno finiti quei leader sindacali che si piegavano soltanto per allacciarsi le scarpe…
A Pietra Ligure sale un ragazzo, educato, che avverte la controllora (carina, peccato quel pircing sul labbro) che pagherà il biglietto sul treno perchè non era possibile farlo in stazione. Lei, stizzita, afferma che a Pietra c’è la biglietteria, ignara che questa è ormai chiusa da tempo e che le macchinette automatiche non accettano contanti, ma soltanto carte di credito.
A Finale Ligure è il turno di una scolaresca, maestre piemontesi, e bambini educatissimi che cercano di trovar posto: si tengono la mano, per non cadere, un bambino italiano, uno di colore ed un orientale, insieme, uniti proprio nel preciso istante dove nelle notizie dal telefonino arrivano le immagini della rissa inscenata dalla Lega Nord per ostruire lo Ius Soli. Che contrasto tra quel Senato, ormai un Piccolo Mondo Antico, e quei bambini che si stringono la mano con la speranza di crescere in un mondo dove non sarai giudicato per la tua confessione religiosa, per il tuo orientamento sessuale o per il colore della tua pelle.
Guglielmo Olivero