Nel gennaio 2016 i mass media titolavano: ‘Acqui Terme, diocesi in rosso, rivolta di 38 parroci sui 93 tra Liguria e Piemonte, imbarazza il vescovo Micchiardi’. Il malessere raccontato in una lettera inviata al cardinale Bagnasco, ai vescovi Bernardini e Nosiglia. Sulla scena operazioni immobiliari opache e fonte di debiti, un clima intimidatorio verso sacerdoti e laici impegnati in attività ecclesiali. “Il nostro vescovo amministra personalmente tutto, circondato da alcuni collaboratori e consiglieri che non godono della stima e della fiducia del clero”. Ora un nuovo risvolto clamoroso da coup de théâtre: tre affermati professionisti che si sentono chiamati in causa, si sono rivolti ad un legale che ha inviato ai firmatari una “diffida al risarcimento dei danni’ per grave asserito discredito.
Andiamo per ordine. La lettera del ‘casus belli’ ha la data del 17 dicembre 2015: destinatari il cardinale di Genova Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana; monsignor Adriano Bernardini, Nunzio Apostolico in Italia; monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino; per conoscenza a mons. Pier Giorgio Micchiardi, vescovo di Acqui, il cui confini varcano il Piemonte e raggiungono la Val Bormida savonese, il genovese.
I 38 sacerdoti sottoscrittori pongono al centro della loro protesta la ‘questione finanziaria‘. “La diocesi è ormai gravata da un debito di svariati milioni di euro “a causa di operazioni immobiliari realizzate in questi anni, decise in riunioni con una clima non sereno e a volte intimidatorio, senza che sia stato tenuto conto dei pareri negativi manifestati da numerosissimi sacerdoti e da molti laici impegnati nelle attività ecclesiali. Una situazione non più sostenibile – rimarcano – avendo la Diocesi come unica fonte di introito i proventi dell’8 per mille, che già in questi anni sono stati destinati, in gran parte, al pagamento delle rate di detti debiti. Inoltre si prospettano nuove soluzioni finanziarie che condizioneranno gravemente la vita della diocesi per i prossimi 30 anni”.
Quali le presunte colpe attribuite al vescovo Micchiardi ? “Ha revocato l’incarico dell’Economo diocesano e dell’aiuto economo, del direttore della Casa del Clero, del legale rappresentante del Seminario vescovile, avocando a se la gestione diretta di tutti questi enti. Il vescovo amministra personalmente tutto ciò, continua ad essere circondato da alcuni collaboratori e consiglieri che non godono della stima e della fiducia del clero e tuttavia hanno una grande influenza sulle decisioni. Questo ha contribuito a un sempre più marcato scollamento nei rapporti tra il clero e il Vescovo, tra il clero e gli uffici della Curia, nei confronti dei quali vige un clima di sospetto e di sfiducia, per cui la cui è disertata.”
Come non bastasse il j’accuse cita “la nomina del nuovo presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero è caduta su un laico esterno alla Diocesi, totalmente sconosciuto a tutti e legato ad un noto istituto bancario con il quale il vescovo sta trattando l’ennesimo mutuo. Inoltre il vescovo nella nomina degli altri consiglieri dell’Istituto, ha disatteso la consuetudine di nominare un numero congruo di sacerdoti diocesani contribuendo così ad esasperare ancora di più il clima di malcontento nel clero diocesano”. Nella conclusione rilevano che “questo nostro intervento è motivato dal timore fondato che il vescovo non sia libero nell’esercizio delle sue scelte e decisioni. Per questo motivo senza dubitare dell’onestà delle intenzioni del nostro vescovo e preoccupati anche per la sua salute, chiediamo con urgenza l’intervento dell’Autorità Superiore”.
La circostanziata presa di posizione era sfociata in un provvedimento inibitorio di Micchiardi all’esercizio di responsabilità amministrative con la nomina del visitatore apostolico, l’arcivescovo metropolita di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, 60 anni, nato a Milano, padre brianzolo, mamma bellunese, laurea in diritto canonico. Dal 1991 membro dell’organismo per la composizione di eventuali controversie. Dal 1993 avvocato generale, dal 1994 membro del consiglio di amministrazione della Veneranda fabbrica del Duomo di Milano, dal 1995 membro del consiglio di amministrazione dell’opera diocesana, dal 1998 responsabile dell’osservatorio giuridico regionale lombardo e dal 2000 membro del consiglio presbiterale. Il 27 settembre 2010 è nominato presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Conferenza Episcopale Italiana.
Si susseguono incalzanti, come testimonia il memoriale di don Rovera, il parroco – intellettuale messo alla berlina più di ogni altro confratello della diocesi nella popolare trasmissione televisiva della Iene e vittima di uno strano incidente stradale -, da parte del vescovo Micchiardi, decreti di nomina, revoca, conferma, dei componenti dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero, del Consiglio di amministrazione e del Collegio Revisori dei conti. Da ultimo il decreto “confermo il nuovo Consiglio presbiterale nelle persone del sacerdote Barletta don Claudio, Cirio don Paolo, Poggio dottor Oldrado. Nel Collegio dei revisori designato dal Consiglio presbiterale il signor Giacchero diacono Giambattista. Nomina membri in aggiunta, Leonoce dottor Ferrando, Piana geom. Gian Marco, Sassi dottor Vincenzo, Simonelli dottor avvocato Claudio. Nomino nel Collegio dei revisori in aggiunta: Berzano dottor Renato, Vicarioli dottor Carlo. Nomino il signor Sassi dottor Vincenzo presidente del Consiglio di amministrazione dell’I.D.S.C., Barletta don Claudio vice presidente, Berzano dottor Renato presidente del collegio dei revisori con decorrenza dal primo gennaio 2016′.
A gennaio gli organi di informazione rivelano che tra i firmatari compare don Claudio Barletta che è stato presidente dell’ufficio Sostentamento del Clero e a capo della Norimberga Srl, società immobiliare della diocesi che gestisce i beni e che vale milioni di euro. Fanno il nome di mons Carlo Ceretti, ex rettore del Seminario che avrebbe venduto un alloggio ad una parente di don Rovera. Si è poi appurato che non si trattava di una svendita e tanto meno di favoritismi in famiglia. Merita di essere approfondita in ogni suo aspetto la vicenda di Villa Paradiso a Varazze, di proprietà della diocesi e che, come abbiamo riportato in precedenti servizi, è stata al centro di una minuziosa inchiesta giudiziaria. Nel mirino erano finiti don Rovera e Renato Bonora (gestore ed affittuario ora sfrattato), senza che siano stati ravvisati reati di malversazione, truffa, appropriazione indebita; entrambi additati all’opinione pubblica alle stregua di malfattori con una martellante campagna stampa. Le infamanti accuse sono state archiviate nonostante l’opposizione del legale del vescovo Micchiardi. Neppure l’indagine certosina della Guardia di Finanza che ha spulciato in cinque anni di contabilità, conti correnti (9 intestati a don Rovera) aveva portato elementi probatori tali da sfociare quantomeno nel rinvio a giudizio. Un responso inequivocabile, richiesto dallo stesso pubblico ministero di Alessandria.
In un contesto di guerra guerreggiata, di disagio e turbamento, di ferite sanguinanti, c’è chi si aspetta un passo indietro del vescovo Micchiardi. Prima che possa accadere – seppure con altri scenari, qui non si parla di scandali sessuali ed omosessualità – quanto si è verificato nella diocesi di Albenga – Imperia. Anni tristissimi per una della maggiori diocesi d’Italia e con la stragrande maggioranza di preti che non meritavano di finire nel tritatutto. Con un vescovo, Mario Olivieri, che ha cercato di resistere oltre ogni limite diciamo del buon senso. Fino ad essere ‘esautorato’ e costretto a ritirarsi in pensione su decisione di papa Francesco.
Ad Acqui altre lacerazioni e qualcosa di più, si intravvedono dopo l’iniziativa dell’avvocato Pietro De Filippo del foro di Torino che ha inviato, ai primi di novembre, una raccomandata, con ricevuta di ritorno, ai 38 sacerdoti firmatari dell’appello al loro vescovo. Il professionista scrive di aver ricevuto mandato da Pier Domenico Garrone, Vincenzo Sassi e Renato Berzano, “di agire nelle competenti sedi giudiziarie per il riconoscimento dei danni tutti dagli stessi patiti e patiendi in ragione delle improvvide dichiarazioni contenute nelle lettera del 17 dicembre 2015”. Un fendente che potrebbe dare il colpo di grazia alla traballante sede episcopale.
Il legale ritiene che nello scritto sussista “un evidente quanto ingiustificato fine di gettare discredito su ‘alcuni collaboratori e consiglieri’ chiamati dal mons. Micchiardi a coadiuvarlo attivamente nelle gestione e direzione degli enti affidati alla sua cura, giugendo persino ad affermare ‘il fondato timore che il vescovo non sia libero nell’esercizio delle sue scelte e decisioni’.
La diffida prosegue: “Seppur non direttamente menzionati, i miei assistiti costituivano in tutta evidenza l’oggetto dei predetti ‘timori’, peraltro manifestati all’indomani della loro nomina alle cariche direttive. Ma ancor più grave è che tali addebiti siano pervenuti proprio da quella parte del clero acquese che, pur a conoscenza dello stato in cui versano le finanze della Diocesi, ha sempre rifiutato qualsiasi dialogo coi professionisti incaricati dal vescovo di provvedere al suo risanamento…“.
“ Ai miei rappresentati – conclude la lettera diffida – pare particolarmente esecrabile che nonostante l’insediamento del Visitatore Apostolico il 3 febbraio 2016 nessuno dei sottoscrittori abbia ancora preso le debite distanze dalle gravi considerazioni espresse. Il che non solo ritiene comprovi la precisa volontà di recare nocumento alla credibilità di stimati professionisti, danneggiandone l’onore ed il decoro, ma testimoni la fondatezza della presente costituzione in mora e preannuncio di azione giudiziaria nei confronti dei sottoscrittori….con maggiori danni, spese, anche legali, a vostro esclusivo carico e formale atto interruttivo di ogni precisione“.
Non sarebbe stato opportuno un incontro chiarificatore prima di dare fuoco ad altre polveri ? A chi giova ? Don Rovera affidando le sue memorie al cronista cita il poeta greco Costantino Kavafis: Itaca: “Se il pensiero resta alto e un sentimento fermo guida il tuo spirito…”. i Lestrigoni e i Ciclopi non temere “se non li porti dentro”, i mostri vengono sempre dal cuore umano.”
Sic transit gloria mundi. Servum pecus.
(L.Cor.)
MA IL VESCOVO MICCHIARDI LO E’ O LO FA?
sesta memoria di don Giacomo Rovera
“Dopo aver letto e riletto attentamente i documenti che, in parte, ho reso pubblici nella mia quinta memoria, il dubbio continua ad avere il suo peso e la sua consistenza nel comprendere se il vescovo Micchiardi è una povera vittima (a Le Iene ha ammesso “sono un cattivo vescovo”) o un avveduto capocordata? Per quanto si può sapere da fuori del palazzo, mai stato così sacralmente ermetico, il primo collaboratore, che è mons. Paolino Siri, vicario generale, ordinario diocesano, con titolo e firma, sorride rassicurante, invitando gli altri, anche me, a dire la verità al vescovo, che tanto la attende. Lui è ancora in piena carica istituzionale, quasi più del vescovo Micchiardi che, dal febbraio 2016, dopo la venuta ad Acqui del visitatore apostolico l’arcivescovo Redaelli, è inibito nelle responsabilità amministrative. L’altro collaboratore è (era) l’economo della Diocesi, don Eugenio Caviglia, che sta perdendo i colpi, con impennate estemporanee.
Altro servizio di consulenza e sostegno è stato affidato, per ‘vecchia amicizia’, dal cardinale Domenico Calcagno al compagno Micchiardi, per aiutarlo nel Nuovo Ricre e tanto altro ancora: si tratta (si trattava) di Pier Domenico Garrone noto acquese. Il suo curricula bonorum, controllabile su internet, segna nei decenni scorsi apporti di consulenza nella presidenza delle Terme di Acqui, nell‘Enoteca di Acqui, nell’Enoteca Nazionale, in aiuto al Presidente Regione Piemonte Enzo Chigo (dirigente del gruppo Pubblitalia-Fininvest, dal 1993 in Forza Italia, deputato nel ’94, nel 2015 eletto presidente della Lega del Ciclismo Professionistico ndr), del Presidente Aeroporti Roma Fabrizio Pallenzona, infine a Micchiardi. La sua creazione de Il Comunicatore Italiano lo porta a volte a comparsate in tv, con uso dei mass media pro e contro qualcuno.Il terzo collaboratore è (era) l’aiuto economo, don Franco Ottonello, il realizzatore della Casa del bene, che nel gestire l’opera diocesana, in pieno accordo con mons. Micchiardi, ha accumulato debiti da incrinare le fondamenta economiche della Diocesi, per cui lo stesso visitatore Redaelli scrive, nella sua lettera del 6 dicembre scorso ai preti, di “inadeguata considerazione del valore e del senso dei beni economici ecclesiali; di non sufficiente prudenza nel valutare progetti e collaborazioni, non sempre disinteressate…”.
Per la diocesi di Acqui, i dodici mesi 2015, sono stati una serie costante, monotona e sorprendente di trovate per pagare rate pesanti con creditori e soprattutto banche: i viaggi a Roma di personaggi vari. La trovata migliore, l’ha avuta il vescovo Micchiardi, a dicembre 2015 al termine del quinquennio del consiglio di amministrazione dell’Istituto diocesano sostentamento clero. Il presidente e il Cda non sono stati sensibili alle richieste di aiuto da parte del vescovo Micchiardi. Nel mese di novembre viene convocato il consiglio presbiterale (il parlamentino del clero diocesano) per l’elezione dei preti per il nuovo consiglio dell’Idsc. Il 16 dicembre 2015, con decreto il vescovo Micchiardi nomina il nuovo consiglio quinquennale del Cda dell’Idsc.
Alcuni preti della diocesi si rendono subito conto del momento drammatico: la banca della diocesi, il patrimonio su cui vivono un centinaio di preti, va in mano a persone non conosciute e non votate; la reazione è durissima nei confronti di Micchiardi. La lettera, sottoscritta da 38 parroci in pochissime ore, è inviata a quattro Sua Eccellenza: Bernardini, Bagnasco, Nosiglia, Micchiardi. Si scrive di persone che circondano il vescovo, “che non godono della stima e della fiducia del clero...”. Micchiardi è immediatamente convocato a Roma e torna, per pubblicare un nuovo decreto: con due parole: REVOCO, PROROGO, con decorrenza immediata.
Il 31 ottobre 2016, i preti firmatari della lettera di protesta ricevono la raccomandata di un avvocato di Torino, da parte di alcuni professionisti, che si ritengono offesi e danneggiati dalle “improvvide dichiarazioni contenute nella lettera datata 17.12.2015, sottoscritta” e per questo diffidano e chiedono risarcimento di danni, perché detto scritto dei preti “comprova la precisa volontà di recare nocumento alla credibilità di stimati professionisti, danneggiandone l’onore ed il decoro”.
Don Giacomo Rovera