883. Non è il nome di un gruppo musicale italiano di qualche rinomanza negli anni ’90; è la sigla di un disegno di legge presentato dal senatore PD Roberto Ruta nel lontano luglio del 2013 e di cui, a distanza di tre anni e mezzo, non è ancora neppure iniziato l’esame.
È un peccato, perché la reintroduzione dell’insegnamento del diritto e dell’economia politica, a suo tempo quasi interamente cancellate dalle scuole italiane da Maria Stella Gelmini, avrebbe permesso agli under 25 di casa nostra di poter decidere con qualche cognizione di causa sul referendum che hanno votato il 4 dicembre. Sapere, ad esempio, qual è l’effettivo meccanismo di elezione del Senato, che già oggi conduce a risultati molto diversi da quello della Camera; conoscere almeno i rudimenti dell’ “Italicum” e il suo legame con la riforma costituzionale; decodificare la misteriosa “clausola di salvaguardia” tra lo Stato e le regioni: tutto ciò avrebbe permesso ai nostri giovani di districarsi con qualche strumento critico nella babele di informazioni interessate e faziose e di interventi da Bar Sport che hanno affollato radio, tv e Internet negli ultimi tre mesi e che continuano a confondere gli italiani ancora oggi.
Davvero non è possibile andare a votare perché manca la legge elettorale per il Senato? Che cosa c’entra la Corte Costituzionale con la vita del nuovo governo e cosa accadrà se il 24 gennaio i giudici costituzionali dichiareranno incostituzionale una parte dell’Italicum? Quali sono le reali conseguenze dell’intervento della Corte su una legge elettorale? Possibile che una decisione, per quanto autorevole, di un organo non eletto dai cittadini possa portare alla sospensione della democrazia? Tante domande, la cui risposta permetterebbe agli studenti di apprendere il primo valore che ogni scuola dovrebbe trasmettere: una cittadinanza consapevole.
Il recupero dell’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche come materia autonoma, al posto di quella barzelletta triste che continua ad essere “Cittadinanza e Costituzione” (inserita nel programma di Storia e completamente ignorata nella scuola italiana) permetterebbe anche di cancellare la vergogna degli “insegnanti di potenziamento” (tra le cui fila i docenti di diritto ed economia sono massicciamente rappresentati), previsti dalla legge 107 del 2015 per occuparsi di non meglio qualificati “progetti” e, di fatto, oggi destinati a sostituire il professore di chimica o di latino in caso di assenza del titolare (quando va bene) o a guardare il muro negli altri casi. Uno spreco di risorse materiali, culturali e umane (di cui, beninteso, le singole scuole sono le prime vittime) che, davvero non ha spiegazione e che contraddice in modo lampante la pretesa di efficienza tanto vantata dal governo Renzi.
Vorrà la neoministra Valeria Fedeli cancellare almeno le storture più evidenti di una legge talmente maldestra da suscitare la protesta unanime del mondo della scuola, e vorrà il nostro Parlamento rimediare ad una dimenticanza che tanti guai ha portato nella vita politica italiana e iniziare urgentemente a discutere il disegno di legge del senatore Roberto Ruta, avvocato?
Massimo Macciò