Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Costituzione: una riforma per il futuro o regressiva? (Parte prima)


Il diritto-dovere di partecipare al voto del Referendum confermativo sulla Riforma Costituzionale, impone ai cittadini di adempiere a questo importante impegno civile con il massimo di informazione e consapevolezza, date le notevoli conseguenze sul futuro del Paese.

Si tratta di scegliere correttamente, districandosi tra scontri ideologici, dichiarazioni propagandistiche, falsi obiettivi dichiarati, malcelate conseguenze, tutele e interessi perseguiti.

Senza parlare degli espedienti furbeschi della comunicazione.

Il governo con la riforma mira dichiaratamente a diminuire i costi della politica e i tempi della burocrazia, cambiando le norme che regolano i rapporti i con gli enti territoriali e gli equilibri tra i poteri.

Si tratta di un insieme di proposte e modifiche ritenute indispensabili dal Premier, per realizzare la svolta decisiva e far “ripartire il Paese”, ma che necessita di una approfondita analisi di merito, oltre l’enunciato semplicistico e un po’ forviante, del quesito referendario della scheda elettorale.

Tuttavia è fondamentale valutare quanto questa riforma risponda, mediante soluzioni concrete, alle esigenze e agli obiettivi che il futuro sta proponendo al nostro Paese e al più ampio contesto globale.

Durante gli ultimi 70 anni, il mondo è molto cambiato e anche la Costituzione che ha orientato la nazione alla ricostruzione sociale, fisica ed economica dopo le tragedie del conflitto mondiale, necessita certamente di adeguamenti opportuni.

D’altra parte, oltre a quello della pace tra i popoli, incombe sul mondo il nuovo ineludibile Paradigma dell’Ecologia e dell’Economia etica e sobria, oltre che equa e sostenibile entro i limiti delle risorse planetarie,

Di conseguenza una Riforma Costituzionale per salvare il pianeta, deve rifarsi agli accordi sul clima Cop 21 di Parigi ora ratificati, che tutti i governi del mondo sono tenuti ad applicare con urgenza.

Occorrono quindi norme ed iniziative, per impedire la catastrofe idrogeologica e contemporaneamente la carenza sia d’acqua dolce che per l’agricoltura, insieme al rialzo del livello dei mari, tutte cause di instabilità dei popoli coinvolti e delle conseguenti migrazioni intercontinentali destabilizzanti.

Non è catastrofismo poiché nei prossimi 50 anni è in gioco la vivibilità del pianeta che bisogna tutelare dallo scioglimento dei poli e dei ghiacciai, dalla desertificazione e dalla deforestazione, limitando il consumo del suolo agricolo e urbano.

Occorrono urgenti norme inequivocabili per uscire dalla contraddizione, anche del nostro paese che con una mano firma gli accordi per apparire verde, mentre con l’altra continua a consumare tutte le principali risorse non rinnovabili del pianeta, con incoscienza e cieca determinazione, secondo il modello insostenibile della crescita illimitata.

Non è più rinviabile l’attuazione del modello dell’economia verde che dovrà portare il paese, entro il secolo, all’inquinameto zero, nell’energia, nei trasporti, nel riscaldamento, nei rifiuti, oltre che a minimizzare il consumo di tutte le risorse del pianeta.

Tutto ciò con l’intento e la consapevolezza che si tratti di un modello nuovo e virtuoso in grado di soddisfare i diritti, le esigenze e gli interessi di tutta la società, in modo democratico e in un ambiente in equilibrio ecologico.

Una riforma costituzionale adeguata, non può prescindere da questi principi tradotti in norme puntuali e articolate,per guidare il paese alla conquista delle condizioni di vivibilità planetarie per le future generazioni, rispettando le leggi fondamentali della fisica e della biologia indicate dalla scienza.

Invece la riforma di Renzi va nella direzione opposta, secondo il modello economico consumistico e non sostenibile, in totale incoerenza rispetto alle esigenze future.

Infatti consolida definitivamente, elevandole a sistema costituzionale, le norme approvate dalla Sblocca Italia, che favorisce la ricerca petrolifera, le grandi opere, i mega impianti energivori e inquinanti, dagli inceneritori al ponte di Messina.

Sostanzialmente la combinazione sinergica di queste due leggi, persevera nel rafforzamento del modello economico e dei gruppi di potere relativi, proprio quelli che hanno condotto alle attuali criticità globali, favorendo decisamente gli interessi della ristretta parte più ricca della società, a discapito della maggior parte più debole.

Da rilevare che la strategia delle grandi opere, ritenuta dal governo decisiva per il rilancio dell’economia, di fatto è incostituzionale poiché mentre da un lato contrasta con l’articolo 9 che tutela il paesaggio e l’ambiente, dall’altro viola gli articoli 4 e 5 poiché procura posti di lavoro sistematicamente riservati, alle poche e solite grandi imprese, escludendo quelli delle moltissime piccole ditte. Mentre la scelta della loro realizzazione avverrebbe, per consuetudine costituzionalizzata, senza la partecipazione o addirittura contro la volontà degli Enti locali che rappresentano la volontà dei cittadini.

In altre parole non sono distribuiti equamente gli investimenti, che per giunta spesso non creano ricadute postive diffuse e impattamo pesantemente sull’ambiente.

A maggior ragione risulta grave l’assenza totale di un portato normativo orientato ad un Ampio Piano Nazionale coerente con gli impegni di Cop 21 che dovrebbe comprendere ad esempio almeno :

  • Un piano energetico basato su fonti rinnovabili, solare, eolico, geotermico escludendo il nucleare di fissione e i termovalorizzatori dei rifiuti urbani.
  • Un programma di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, verso l’obiettivo dell”autonomia energetica a bilancio zero.
  • Una pianificata transizione, a partire dalla mobilità generale urbana, pubblica e privata, verso il modello a zero emissioni, con mezzi elettrici e a idrogeno.

    Un grande programma di investimenti corrispondenti agli interssi generali della nazione e non a quelli particolari dei gruppi di potere.

    Un investimento strategico virtuoso non mirato al profitto ma al benessere sociale, capace di far crescere l’economia con benefici diffusi e diminuire i morti e i danni da inquinamento, mentre promuove il riequilibrio ambientale.

    Infine si alza forte l’accusa che si tratti di una riforma autoritaria e centralista, verso una democrazia del tipo un uomo solo al comando.

    L’elemento più eclatante è l’avocazione da parte del governo dell’esclusiva competenza nei settori, energia, ambiente, grandi opere e impianti strategici, che con la modifica dell’articolo 117, insieme depotenziano completamente il decentramento amministrativo escludendo gli Enti sul territorio, regioni e comuni, escludendoli dalla filiera decisionale.

    Inoltre a escludere qualunque dubbio sulla fondatezza dell’accusa, sta la predisposta Clausola di Preminenza, che rende impossibile qualunque forma legale di opposizione contro le decisioni del Governo.

    Infine un rilievo formale che diventa sostanza, riguarda il fatto che il Presidente del Consiglio scende in campo facendo propoganda faziosa, mentre correttezza istituzionale vorrebbe un atteggiamento super partes.

    In definitiva, constatate le prevalenti caratteristiche antistoriche e le conseguenze regressive prospettate, insieme con la eliminazione di fatto della demoscrazia partecipata, questa Riforma Costituzionale inadeguata rispetto al futuro incombente, merita il più ponderato e consapevole NO.

     

    Giovanni Maina


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G.Maina

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