Sono ormai immagini da album storico, con personaggi d’altri tempi. All’Expo di Pieve di Teco esponeva l’ultimo ‘artigiano’ dei rastrelli in legno. Un antico e povero mestiere di cui si sono perse quasi le tracce. Ma Sergio Bonanato, 76 anni, non ha nulla da vendere, la sua è solo una passione da esibire alle nuove generazioni. Per non dimenticare
Il rastrello è uno strumento indispensabile nel lavoro rurale, e lo era ancora di più in passato in assenza di mezzi meccanizzati, inoltre utilizzato pressoché in tutto il mondo. La sua diffusione è iniziata sicuramente con gli albori della vita rurale. Per raccogliere il fieno, la paglia, le foglie. Ora modificato: manico e pettine in metallo, plastica. I vecchi rastrelli per la fienagione fanno bella mostra nei musei della civiltà contadina. O da esibire alla stregua di un arredamento. Sergio Bonanato. dimorante un frazione Moano, rivela una piccola curiosità. Resiste ancora un piccolo mercato di acquirenti. Oltre il confine, i ‘cugini’ francesi. ” Loro li cercano ancora per lavoro….”
Il suo mestiere era un altro: muratore di ‘muretti a secco’. In gioventù ha fatto anche l’autista, addetto ai trasporti da e per i mercati di Savona, Genova, Torino, Milano. Si guadagnava 60 mila lire al mese. Non si contavano le ore, tanto meno riposi, festivi. E’ stato dipendente comunale. L’ hobby dei rastrelli resta un passatempo da pensionato nel paese che gli ha dato i natali e dove il logorio delle vita moderna lascia ancora spazio a mestieri del fai da te. Sergio, persona semplice, ricca di humor e ricordi, descrive con orgoglio la provenienza della ‘materia prima’ della sua maestria. Noce e castagno della Valle Arroscia.
A Pieve di Teco ha vissuto Luigi Brunengo, ‘maestro’ artigiano conosciuto ed apprezzato in tutta la valle. Si dedicava esclusivamente a realizzare rastrelli, tini e tinozze in legno, falci, forche e ‘berriun’ utilizzati per i fardelli del fieno. La tradizione contadina. La stalla, il fienile, il prato, il boschi.
Oggi è tornato d’attualità far rivivere la grandeur dell’antico, la semplicità, promuovere il territorio risparmiato dalla devastazione, ma impoverito dallo spopolamento, dall’abbandono e alla ricerca di un ritorno alle origini, di uno sviluppo sostenibile.
All’Expo di Pieve di Teco hanno fatto pure la loro comparsa, creando una nota di colore, due ‘ ospiti’ particolari, gli asinelli. Festeggiati dai ‘bimbi’, ammirati dagli adulti. Almeno i somari non sono in estinzione. Hanno ripreso il posto che meritano. Abbandonato il carro, il lavoro dei campi, sono utilizzati per il Trekking. Un modo di viaggiare con “lentezza”, scoprendo le bellezze paesaggistiche, i sentieri di montagna. Un turismo “ecologico” importato dalla Francia e dalla Svizzera dove operano molte strutture che affittano i somari addestrati per questo tipo di trekking.
Solo dopo gli anni ’60, con l’avvento della meccanizzazione nelle nostre campagne, si è avuto un costante declino del suo impiego in agricoltura. Pochi forse sanno che l’Asino è un’animale assai indipendente e lavora per compiacere il suo padrone. A conquistare l’affetto delle persone è pure la loro docilità e l’intelligenza, a detta di molti, superiore a quella dei “cugini” Cavalli. Nel trekking dopo una prima fase di conoscenza della persona che lo guida sui sentieri di montagna, come in campagna, l’Asino fa del suo “conduttore” il suo punto di riferimento, e lo seguirà fedelmente alla pari del cane.