La decisione annunciata dal ministro dei Beni Culturali di accorpare le Soprintendenze ora divise per ambiti disciplinari, trova l’ambiente della cultura fortemente diviso, tanto da indurre una considerazione generale chiarificatrice della situazione.
Il rilevante problema della tutela del più grande patrimonio culturale mondiale, oltre che dalle ingenti risorse necessarie, dipende dalla qualità dell’azione delle Soprintendenze e si basa sulla adeguata formazione degli addetti, e sulla loro organizzazione coordinata, dalla quale deriva l’efficienza operativa del servizio.
E’ doveroso ricordare che la qualità culturale dei Soprintendenti, consegue alla formazione universitaria e alle capacità gestionali, ambiti che non sono toccati dal provvedimento in discussione, mentre l’operatività delle Soprintendenze, attualmente è basata su una struttura suddivisa per discipline e metodologie, nelle tre parti architettonica, storico-artistica e archeologica.
Praticamente il provvedimento, secondo il governo, da un lato mira alla semplificazione e allo snellimento burocratico delle procedure, mentre dall’altro di conseguenza, le soprintendenze non sarebbero più concepite come un potere assoluto e insindacabile, ma svolgerebbero il loro compito istituzionale di tutela, insieme con le comunità pubbliche e private, come un servizio che apporterebbe benefici sociali ed economici.
Mentre i due obiettivi sono fortemente auspicabili, è opinabile che l’accorpamento e la conseguente nascita della figura del Super Soprintendente, sia l’intervento ottimale.
La concentrazione del potere decisionale in una sola persona, innegabilmente evita i conflitti che attualmente talvolta sorgono, quando i tre Soprintendenti hanno valutazioni divergenti su una pratica che implichi contemporaneamente gli aspetti archeologico, artistico e architettonico.
Per contro è ampiamente inevitabile lo scadimento del livello disciplinare nei diversi settori, dato che le indispensabili specialità complesse e diversificate di ciascuno di essi, sono difficilmente cumulabili in una sola persona.
In concreto il Super Soprintendente dovrebbe complessivamente essere, architetto, archeologo, e esperto d’arte, l’equivalente di tre corsi di laurea completi, senza dimenticare l’ulteriore formazione manageriale indispensabile.
Dunque quanto meno si dovrebbe organizzare uno specifico percorso formativo universitario ora inesistente, di durata ultraquinquennale, comprensivo di quattro specializzazioni.Quindi una cosa futuribile, che al contrario pare necessaria subito data l’imminente riforma.
Nel qual caso la riforma dovrebbe prevedere l’indispensabile contemporaneo potenziamento qualitativo e quantitativo degli organici tecnici settoriali, di cui non si fa cenno alcuno, che dovranno espletare le pratiche al meglio affinchè il Soprintendente Unico possa decidere adeguatamente.
A questo punto, volendo formulare un giudizio complessivo e ragionevole, lo si può articolare nei suoi principali aspettti seguenti.
I tempi tecnici di attuazione delle pratiche sono equivalenti nei due sistemi, cosi come i costi complessivi del servizio.
I tempi decisionali più lunghi delle Soprintendenze separate attuali, dipendono dal mancato coordinamento funzionale, che si potrebbe ottenere con un protocollo che imponga modalità e tempi
vincolanti. Quindi occorrerebbe una riforma seria, più realistica e possibile immediatamente, di tipo burocratico e amministrativo, mentre nel frattempo si potrebbe formare il futuro Super Soprintendente veramente all’altezza.
Ma in realtà si tratta di una riforma politica e non qualitativa, basata sull’accorpamento che risponde ad una logica decisionista, sostanzialmente funzionale ad una gestione più verticistica e centralizzata, piuttosto che democraticamente partecipata del patrimonio culturale.
Su tali presupposti ma soprattutto senza precise disposizioni mirate alla partecipazione, appare meno probabile realizzare l’auspicata azione di tutela del patrimonio, più aperta e in collaborazione con le componenti pubbliche , private e le associazioni disponibili sul territorio.
Questo secondo fondamentale obiettivo, meriterebbe una specifica inizativa capace anche di raccogliere e finalizzare le ingenti risorse di vario genere, che molti cittadini consapevoli sono disposti a offrire.
Giovanni Maina