Quel giornalista ha il fiuto buono, anzi ottimo si direbbe. Daniele La Corte non festeggia, ma è come avesse vinto un terno al lotto (professionale) dopo il servizio sul ‘Grande Fratello’ pubblicata su Rivisto del mese di luglio. Mercoledì si è diffusa la notizia che le ‘telecamere’ a protezione della sontuosa villa dell’ ex potente ministro dei governi Berlusconi, dopo essere finite del mirino della magistratura, vengono sanzionate dal Comune di Imperia. Motivo: assenza di autorizzazione in zona ambientale (vincolata). Ma il difensore del personaggio, avvocato Marco Mangia, grida verso chi ‘raschia il fondo del barile‘. Claudio Scajola vittima e perseguitato. Il legale indirizza anche una freccia avvelenata all’indirizzo della Polizia Postale di Imperia. Mentre da Bologna trapela che i giudici hanno interrogato il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, già ministro Welfare e Interno. Ha confermato, nell’inchiesta bis sul delitto (ucciso sotto casa) del giuslavorista Marco Biagi, di aver “parlato personalmente all’allora ministro dell’Interno Scajola”. Ma lui nega, si proclama estraneo, all’oscuro. Perseguito, appunto.
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“Esiste una norma statale che per questioni di sicurezza nazionale prevede che si possa agire in deroga alla normativa, quando si tratta di tutelare una personalità. Ma una volta venuto meno il ruolo, cessano anche le ragioni di sicurezza”.
Dunque, secondo quanto appreso dal Comune di Imperia, Claudio Scajola, nei cui confronti è stato aperto un procedimento sanzionatorio, avrebbe dovuto dismettere le due telecamere, una volta cessata la sua carica di ministro dell’Interno.
E se da una parte, come confermato dal suo avvocato, Marco Mangia, il Viminale ha subito tolto le telecamere, una volta venuta meno la carica di ministro, dall’altra lo stesso Scajola ne ha installate altre due, questa volta non per la sicurezza dello Stato, ma per quella personale e della sua famiglia.
All’origine del procedimento sanzionatorio, che scaturisce da una attività di controllo effettuata il 15-16 gennaio del 2013, c’è la violazione della normativa paesaggistica.
E’ vero che le due telecamere sono state installate su lampioni che insistono sulla proprietà privata dell’ex ministro, ma Scajola, secondo quanto riportato nell’avviso di accertamento, avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione, perché zona sottoposta a vincolo. Nell’avviso non viene indicato l’importo della sanzione, che non è stato ancora stabilito. Il suo legale ha già annunciato che chiederà al più presto un incontro con il dirigente del Comune per discutere la pratica.
Il sindaco di Imperia, Carlo Capacci, interpellato per telefono, a Roma, dove è in corso un vertice dell’Agnesi ha dichiarato di non essere a conoscenza della pratica. Il dirigente del Settore Urbanistica, Alessandro Croce ha, invece, affermato: “Si tratta di un atto dovuto, di fronte ai verbali che ci sono stati recapitati nell’ambito del procedimento. Avrà cura la parte interessata, assieme ai suoi legali, a chiarire la posizione. Per il momento non è stato ipotizzato alcun ammontare della sanzione”.
di Fabrizio Tenerelli
Siamo ormai giunti al paradosso tragicomico. La famiglia Scajola riceve dal comune di Imperia un avviso di procedimento sanzionatorio nei propri confronti a causa dell’installazione di telecamere poste sulla strada sui pali della luce ben tredici anni fa dal Ministero dell’Interno. Sarebbe meglio sorvolare sul fatto che il Comune lamenta la ‘mancanza di richiesta di autorizzazione all’installazione’ che fu realizzata, appunto, dal Ministero dell’Interno, ma soprattutto è paradossale che – proseguendo nell’accanimento ai danni dell’onorevole Scajola e dei suoi cari – siamo ormai giunti, come si suol dire, a grattare il fondo del barile”. È quanto viene scritto in una nota dell’avvocato Marco Mangia, legale dell’ex ministro Claudio Scajola.
“É curioso – prosegue Mangia – per di più il fatto che i suddetti lampioni stradali insistano all’interno della proprietà dell’onorevole Scajola che a suo tempo ne permise il posizionamento e addirittura concesse il passaggio del cavidotto comunale all’interno della proprietà cosicché il comune evitasse di spaccare nuovamente l’asfalto. Di questo passo – prosegue l’avvocato Mangia – manca solo un procedimento della Forestale per un’altezza sospetta dell’erba del giardino! Dal verbale del comune – sottolinea il legale – si legge che la segnalazione giunge, guarda caso, dalla polizia postale. Ovvero dal segmento della polizia di Stato che ha ormai l’esclusiva negli accertamenti a carico dell’onorevole Scajola. Un’attenzione, questa della Postale nei confronti di Scajola, che non solo deborda dai suoi compiti precipui ma che, con tutto ciò che accade davvero, di serio, a Imperia, dovrebbe far riflettere le istituzioni e i vertici delle forze dell’ordine”.
“Resta poi l’assurdità di uno Stato – conclude Mangia – che con una mano realizza un intervento e con l’altra chiede al cittadino conto ed emana sanzioni per quello stesso intervento”.