Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Caso don Gerini: Peagna tace e gli ‘Amici di Peagna’ sono in letargo


Non c’erano dubbi, semmai certezze. Peagna tace, i ‘Guardiani di Peagna‘ da anni promozionati sui giornali, televisioni, web, pare non abbiano nulla da dire. Solo il sindaco Ennio Fazio, interpretando il malessere della piccola comunità, ha espresso rammarico e stupore. Don Fiorenzo Gerini, dal 27 aprile – dopo 60 anni – non è più il parroco. L’ha demansionato, a 83 anni, nonostante l’attivismo, dedizione, impegno, il suo vescovo che alla stregua di un ‘imperatore’ romano aveva fiutato la resa. Sapeva di non dover rendere conto ai fedeli praticanti, né di confrontarsi con una comunità che da decenni osserva fedeltà alla chiesa, alle sue gerarchie. Il vescovo ha scommesso che non verranno meno  i servigi del sacerdote originario di Vessalico. Don Gerini da sempre uomo dell’obbedienza e degli affari per conto dell’amministrazione ecclesiastica. Non meritava il pubblico affronto, non era un ‘divo’ combattente come don Gallo che ha conquistato la libertà di essere libero, autentico. Don Gerini, un moderato ricco di esperienza, che ha saputo convivere contro il degrado imperante della società e il trasformismo- decadenza della stessa struttura portante diocesana. Con sacerdoti estranei al ‘cerchio magico’ del vescovado sempre più isolati, desolati, emarginati, silenziati, impotenti.

Don Fiorenzo Gerini al termine della funzione pasquale con i chierichetti davanti all’altare maggiore

Neppure l”aristocratica’ cerchia degli ‘Amici di Peagna’, nomea di cultura e perbenismo, ha ritenuto di far sentire la sua voce senza ipocrisia, senza odio, senza violenza, semmai di vicinanza all’esiliato ‘in casa’, agli abitanti di Peagna che il giorno di Pasqua abbiamo visto piangere; né  finzione, né esibizionismo. Non assistevano ad un funerale, ad un matrimonio, era il segno tangibile dell”impotenza contro l’ingiustizia, della prevaricazione di cui è stato vittima il loro anziano parroco. Commozione e disorientamento nei volti innocenti, negli sguardi smarriti, dei chierichetti. Gli interrogativi senza risposta. Perché tanta prepotenza contro gli enermi?

Peagna con la popolazione indigena ridotta al lumicino, con un’apparente senso di ‘fratellanza’, di fatto orfana di coesione,  non ha saputo gridare la sua rabbia. Nessuno tifava per proteste plateali che quasi sempre lasciano il tempo che trovano. Nessuno, però, poteva immaginare che la ‘confraternita’ del libro e della rassegna di Peagna, considerata una prima della classe, ammainasse la bandiera senza colpo ferire. Non interessa sapere se i suoi rappresentanti abbiano espresso, in privato, solidarietà al loro tesoriere (don Gerini) ed artefice delle manifestazioni, di iniziative a risonanza mediatica regionale e nazionale. E’ mancato il buon esempio, la vicinanza vera alla popolazione.  Così sorge il sospetto sulle ragioni del ‘cupo silenzio’ ?  Il prezzo, più o meno servile,  pagato dall’associazione  ‘ Amici di Peagna’ al fatto che la loro sede e quella della biblioteca si trovino nei locali di proprietà della parrocchia-diocesi. Paura di essere messi alla porta? Non possiamo crederci anche se lo pensa così più di un peagnolo. Locali, ricordano,  che sono stati liberati e sistemati dagli abitanti, lavorando un intero inverno da volontari, senza il suono di trombe.

Non importa al vescovo, ai confratelli del ‘cerchio magico‘ sapere se a Peagna serpeggia malumore attorno alla figura del neo pastore ? I parrocchiani non pretendevano, contrariamente a quanto accade in realtà di emarginazione e disuguaglianze crescenti, un prete alternativo, rivoluzionario, guerriero delle cause sociali, paladino degli ultimi, dei diseredati, degli emarginati. Non chiedevano una figura carismatica, o energica, dolce nello stesso tempo. Meritava  un uomo con un autentico  bagaglio pastorale alle spalle,  fatto di sapienza,  amore, accoglienza, solidarietà, dedizione.  Un sacerdote che abbia dimostrato di saper combattere a fianco di chi può smarrire la strada della vita. Le nuove generazioni, le nuove coppie, i giovani del terzo secolo hanno bisogno prima di tutto di riscattarsi da una società ammalata, priva di valori e punti di riferimento. Hanno bisogno di guarire prima che sia troppo tardi, rinascere affinchè non si dimentichi i valori fondanti dei nostri avi, dei nostri nonni, degli stenti e dei sacrifici che li hanno accompagnati per generazioni. A Peagna non si è mai tifato per il ‘prete di strada‘, ma per una presenza costante, incisiva, sapiente verso i bisogni materiali e spirituali dei ragazzi, come degli adulti. Don Gerini, con i suoi limiti umani, i suoi errori, è entrato nel cuore delle persone, ha conquistato meritato la limpida riconoscenza, la fiducia, l’interesse dei giovani prima di tutto.

Don Fiorenzo Gerini ha vissuto in prima linea, sempre a testa alta, con la schiena dritta, i piccoli e grandi scandali della diocesi di Albenga- Imperia; non si sentiva il dominus anche se nell’amministrazione finanziaria della Curia il vescovo Mario Oliveri si è tenuto sempre in disparte, non imponeva, delegava. Non ha accumulato fortune personali. Il parroco della piccola Peagna ha saputo rapportarsi, alla pari, con i poteri forti di questo ponente, terra privilegiata di una certa massoneria affaristica e da una corruttela diffusa, conseguente disgregazione sociale. Con le ‘eccellenze’ che non hanno disdegnato passerelle con la peggiore rappresentanza del potere politico ed istituzionale della nostra storia recente. Travolta da scandali, da corsa all’arricchimento facile, dall’umiliazione verso il mondo, sempre più ristretto, degli onesti. E a Ceriale i cattivi esempi sono persino eclatanti. E peggio di assuefazione. Cosa ne dicono il vescovo ed i parroci di fede scajolana, all’arresto del dr. Claudio Scajola, pio frequentatore, che le telecamere di Imperia Tv ci hanno vedere mentre si avvicina al sacramento della Comunione, mani giunte, in preghiera e penitenza, in occasione della consacrazione a vescovo di don Tonino Suetta ?  Lo sa il vescovo Oliveri che il ‘nostro’ in un pranzo a Roma, presente il cardinale Re, oltre a Scajola promotore dell’incontro e di un nostro caro, compianto amico, si è parlato di lui e di alcune notizie riservate e delicate ? La conosce la tesi che aveva sostenuto ‘un ministru’?  Quali furono le conclusioni ? Gli scenari ?

A Peagna tacciono pure i dipendenti civili che lavorano negli uffici amministrativi della Curia, persone perbene e riservate, fu proprio don Gerini a proporli. Se in molte parrocchie, dall’opulenza della fascia costiera al diseredato entroterra montano, è sparita la categoria dei chierichetti, nella frazione di Ceriale si è consolidata la tradizione. All’incontro diocesano dei chierichetti, tenutosi in seminario il primo maggio, si è verificato un mini flop forse in conseguenza del fatto che in passato si teneva il 25 aprile. Il gruppo di Peagna pare fosse il più numeroso ed ha ben figurato, osservano alcuni tra i presenti.  Un altro merito, una soddisfazione per il loro parroco presente la mattina ed il pomeriggio. Vedremo all’opera il neo arciprete, d’obbligo i migliori auguri e una rapida pacificazione. E’ stato ‘missionario’ con il balestrinese  vescovo Panizza; dopo il ritorno quasi ‘disoccupato’ in una diocesi che soffre la carenza di vocazioni, ma non sta peggio di altre. Qui il vescovo Oliveri ha spalancato le porte anche a sacerdoti extracomunitari ed accolto nel gregge pastori arrivati attraverso varie peripezie da diverse diocesi del Belpaese. Di questo aspetto ha scritto in lungo ed in largo, documentato, Il Secolo XIX in cronaca locale e nazionale.  Sparato  decine di locandine davanti a centinaia di edicole. Non ha certo rafforzato il prestigio del presule che rappresenta la Santa Romana Chiesa. Per fortuna e grazia di Dio è arrivato papa Francesco.

Vogliamo concludere  con il ricordo di un compagno di seminario, don Giancarlo Bonfante. Parroco nell’entroterra di Imperia, per 37 anni, tifoso della Sampdoria e della Fiorentina. Conserviamo le foto di gruppo, delle gite quando i seminaristi – allora oltre una cinquantina – si trasferivano a Nava per il soggiorno estivo. E’ rimasta negli anni la vicinanza, la confidenza, di riservatezza doverosa. Conoscevamo il pensiero di don Giancarlo sullo stato di ‘salute’ della diocesi, dei confratelli delle ultime generazioni ‘targate Oliveri‘. Avremmo dovuto festeggiare, a luglio, i suoi 50 anni di sacerdozio. Lui originario di Rezzo, io mendaighino. Era entrato ragazzino nel seminario dell’allora rettore don Contestabile (Ponsassio) e vice rettore don  Caviglia (Vessalico), padre spirituale don Damonte. Ordinato sacerdote nel 1964, Bonfante aveva, a sua volta, preso il posto di don Leandro Caviglia che l’ha ‘raggiunto’  nella parrocchia di Ceriale quale vice parroco.  Poi un’esperienza a Porto Maurizio, quindi a Lucinasco dove è rimasto per 37 anni.   Massimiliano Salvo nella rubrica settimanale di la Repubblica, edizione Liguria, ha scritto che don Bonfante  ha organizzato il museo d’arte sacra, ristrutturato la chiesa, ma soprattutto era diventato un punto di riferimento per la Valle Impero.

Come altri confratelli cresciuti tra quella generazione di seminaristi, era un sacerdote schivo e umile, amava la cultura senza esibizionismi. E’ stato insegnante di religione nelle scuole medie di Imperia e frequentato l’Università a Roma, arrivando ad un solo esame dalla laurea. Amava lo sport ed era tifoso. Nella squadra del seminario era tra i migliori in campo, da anziano bravo giocatore di bocce.  Era un appassionato del ciclismo. Lui se n’è andato il 18 aprile, il Venerdì Santo, due giorni prima che il suo ex insegnante don Gerini celebrasse l’ultima messa da parroco di Peagna. Il giorno prima, il 17 aprile, ci ha lasciato increduli e sconvolti la morte  del carissimo don Rinaldo Bertonasco, in memoria del quale abbiamo pubblicato un piccola album fotografico. Ci eravamo incontrati ed abbracciati, confidati, il giorno dei funerali dell’avvocato Carlo Nan, nella parrocchia di San Nicolò di Pietra Ligure. Don Rinaldo, sacerdote che affascinava i giovani. Era una figura che onorava la chiesa e l’apostolato. Una guida sicura, un amico, un uomo di fede vissuta. I fedeli lo ricordano come un prete innamorato di Gesù. Viveva per il Vangelo. Era determinato e sorridente, pensava solo a fare del bene, ma non era un esibizionista, non convocava i fotografi per farsi riprendere con gli arrampicatori del potere. Non a caso ai suoi funerali c’era una folla stimata in oltre due mila persone. Aveva 67 anni, eravamo quasi coetanei e la sua saggezza ci è stata di grande aiuto ogni volta che abbiamo chiesto consigli anche nel difficile lavoro di cronisti di strada e testimoni dei tempi.

 

L. Cor. 


L.Corrado

L.Corrado

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